«Bisogna ascoltare le esigenze dei territori e coinvolgere tutti, inclusi i privati e la Chiesa: è così che va affrontata l’emergenza sicurezza a Napoli e dintorni». Ne è convinto Claudio Palomba, appena nominato prefetto di Napoli dal Consiglio dei ministri. Origini partenopee, vasta esperienza accumulata in giro per l’Italia, Palomba è stato fino a pochi giorni fa rappresentante del Governo a Torino ed è pronto ad applicare anche a Napoli i metodi sperimentati nel capoluogo piemontese.

Eccellenza, mentre la sua nomina diventa ufficiale a Ercolano si piange la morte di due giovani e Napoli è troppo spesso teatro di agguati di camorra, sparatorie e risse. Come si risolve l’emergenza sicurezza?
«A Torino mi sono fatto promotore dei tavoli di osservazione delle circoscrizioni, cioè comitati composti da rappresentanti non solo delle stesse circoscrizioni ma anche delle associazioni e della Chiesa, che avevano il compito di segnalare le questioni più importanti da affrontare. Perché sicurezza non è solo più videosorveglianza e più forze dell’ordine, ma soprattutto ascolto del territorio. Così, nel 2019, siamo riusciti a sgomberare l’ex Moi (ex villaggio olimpico occupato da centinaia di migranti, nda) e della Cavallerizza reale (edificio d’epoca liberato per consentirne la messa in sicurezza, nda). Si è parlato di “sgombero dolce” a proposito di questa strategia che prevede l’ascolto del territorio e l’individuazione delle soluzioni».

Quindi non è solo questione di controllo e repressione…
«Prima ancora che di controllo, che è un concetto proprio delle forze dell’ordine, Napoli ha bisogno di un vero governo del territorio: un valore più ampio».

Basterà per risolvere anche altri problemi come le baby-gang o la movida violenta? Ne ha già parlato col sindaco Manfredi?
«Sì. Quanto alla movida, a Torino si è tentato di pedonalizzare alcune aree per consentire un maggiore controllo da parte delle forze di polizia ed è stata potenziata la videosorveglianza. Soprattutto, però, sono stati promossi tavoli permanenti con le associazioni di categoria perché è interesse anche degli operatori non far passare il messaggio per cui la movida compromette l’ordine pubblico. E poi, probabilmente, bisognerà rivedere gli orari di apertura e chiusura dei locali e quelli di somministrazione e asporto dei prodotti».

Questo significa più spazio ai privati?
«Anche i privati devono contribuire alla sicurezza. A suo tempo, a Torino, abbiamo sperimentato gli accordi di sicurezza integrata che prevedevano, oltre che maggiori controlli da parte delle forze dell’ordine, anche la possibilità per i privati di beneficiare di agevolazioni per estendere i propri sistemi di videosorveglianza e metterli in rete con quelli pubblici. Ecco, spero che si trovi presto un accordo in tal senso».

Ha parlato con i vertici della Regione Campania?
«Ho sentito il presidente Vincenzo De Luca e l’assessore Mario Morcone al quale sono legato da antica amicizia oltre che da comuni esperienze professionali. C’è la volontà di fare un grande lavoro di squadra per Napoli».

Intanto l’arcivescovo Domenico Battaglia ha bacchettato la politica accusandola di essersi abituata al sangue che scorre in città: che ne pensa?
«Ho letto il suo messaggio e lo condivido in toto. Bisogna lavorare tutti insieme e la Chiesa può rivestire un ruolo importante come a Torino, dove i rappresentanti della Diocesi facevano parte dei tavoli interistituzionali promossi dalla Prefettura. Parrocchie e sacerdoti sono ottimi “sensori” del territorio».

Il suo predecessore Marco Valentini ha sottolineato l’importanza dell’efficienza dei Comuni e della credibilità delle istituzioni. Lo ha fatto, peraltro, in un momento in cui magistratura e politica a tutti i livelli non se la passano troppo bene. Che cosa si può fare, su questo fronte, per Napoli?
«Servono innanzitutto Comuni disposti a intraprendere percorsi di legalità. E poi bisogna dare ascolto ai reali problemi del territorio e dare loro risposte concrete. Solo così si recupera la credibilità agli occhi dei cittadini».

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Classe 1987, giornalista professionista, ha cominciato a collaborare con diverse testate giornalistiche quando ancora era iscritto alla facoltà di Giurisprudenza dell'università Federico II di Napoli dove si è successivamente laureato. Per undici anni corrispondente del Mattino dalla penisola sorrentina, ha lavorato anche come addetto stampa e social media manager prima di cominciare, nel 2019, la sua esperienza al Riformista.