«Non nascondo che sono molto preoccupato per la situazione degli enti locali, soprattutto nell’area vesuviana e nell’area nord di Napoli, dove registriamo sia numerosi scioglimenti per pericoli di infiltrazioni della criminalità organizzata sia reiterati scioglimenti ordinari che manifestano un’incapacità di funzionalità dei Comuni». Dopo venti mesi da prefetto di Napoli, Marco Valentini traccia un bilancio.

Lo fa salutando la città: da oggi è in pensione e non è più prefetto di Napoli. Lascia in un momento particolare per la città che si appresta a votare il nuovo sindaco che sarà anche presidente della Città metropolitana. E, nel suo discorso di saluto alla città, si sofferma proprio sull’importanza di amministrazioni locali capaci ed efficienti. Di qui l’augurio: «Mi auguro che si generi una nuova classe dirigente di giovani, che prenda in mano con senso civico la realtà di territori che per troppo tempo hanno sofferto e da troppo tempo faticano anche quando ci sono sindaci ben motivati, e faticano perché tutta la realtà degli enti locali ha vissuto penalizzazioni nel corso degli anni».

Parla di credibilità, il prefetto Valentini, immaginando la classe dirigente del futuro. «Deve conquistare – spiega – la credibilità dell’istituzione locale: quando un sindaco, un assessore comunale, un consigliere parla, sappia essere credibile nei confronti dei cittadini. E poi l’orgoglio del servizio pubblico e l’onore come modalità di condotta di chi esercita una funzione pubblica». È un richiamo a valori solidi, che non sempre le amministrazioni locali hanno dimostrato di avere. Troppi scioglimenti, troppe elezioni anticipate. «Quello che abbiamo osservato nel corso delle varie elezioni, che si svolgono spesso a distanza ravvicinata perché non si giunge a conclusione ordinaria, è che c’è sempre una filiera di persone che, anche a distanza di venti anni, ritroviamo sempre presente nelle competizioni elettorali anche quando è parte dei consigli sciolti per mafia».

Già, la mafia. La più grande ipoteca su Napoli è quella camorrista: «È un’ipoteca devastante – osserva Valentini – perché svia l’azione amministrativa, perché diffonde la droga in una maniera disastrosa raggiungendo sempre più giovani e giovanissimi, perché i capitali della camorra entrano in tutti i più importanti cicli di produzione: appalti, rifiuti, sistema economico e produttivo». «Demolire questa ipoteca che porta povertà alla città, una povertà culturale ed economica, è una precondizione per la forza e lo sviluppo di Napoli negli anni futuri. Se le istituzioni non fossero in grado di demolire questa ipoteca si condannerà il territorio al sottosviluppo, all’ingiustizia, all’abuso. E questo – aggiunge Valentini – Napoli non lo merita e non se lo può permettere». In una lettera scritta giorni fa ai sindaci aveva espressamente sottolineato l’importanza della coesione istituzionale, ieri nel suo discorso di saluto alla città ribadisce la necessità di concretezza nelle azioni.

«Bisogna lavorare su più piani contemporaneamente – afferma – Non basta arrestare e condannare, serve che quel ragazzo che oggi ha dieci e tra qualche anno ne avrà sedici sia tirato fuori da un certo contesto attraverso il buon funzionamento di varie articolazioni della società. Un Comune che funziona bene, non dico che deve fare antimafia ma solo che funziona bene, è un tassello contro la camorra. Una scuola che funziona bene è un tassello contro la camorra. Una polizia locale che fa mantenere i caschi sulla testa, quella che noi chiamiamo la cultura della legalità, è lotta alla camorra». Basta guardarsi intorno, basta rileggere la cronaca degli accadimenti nei vari Comuni del Napoletano, basta osservare certe inerzie della politica per comprendere che su questo e altri aspetti la strada da fare è ancora lunga.

Durante i venti mesi da prefetto Valentini ha firmato 150 interdittive antimafia, fatto rimuovere 50 murales della camorra, potenziato il controllo sul territorio, realizzato un censimento dei beni confiscati che prima non c’era, avviato progetti come quelli che presto permetteranno di rendere Palazzo Fienga, l’ex fortino del clan Gallo, una grande struttura per gli uffici di polizia a Torre Annunziata, di restituire alla cittadinanza la villa di Bacoli, di realizzare una casa per donne vittime di violenza ad Afragola dove la precedente amministrazione comunale aveva rischiato di perdere i finanziamenti per un milione e mezzo di euro. Valentini non dimentica, inoltre, gli operai Whirpool («auspico che la tutela del lavoro diventi un nuovo modello economico e di sviluppo»), la Terra dei Fuochi, l’accoglienza degli immigrati. Non essere riuscito a completare il progetto per dare una sistemazione più dignitosa ai 2.500 che vivono nei campi rom è un suo rammarico: «Ho realizzato un protocollo finanziato con milioni di euro, ma non sarà io a firmarlo».

Per il resto, il suo bilancio è più che positivo. E la città gli riconosce il merito di essere stato un prefetto attivo, presente, che è sceso in strada per osservare i problemi e ha visitato personalmente – cosa inedita – gran parte dei Comuni dell’area metropolitana: «La pandemia mi ha impedito di visitarli tutti». E quando gli viene chiesto di ricordare il giorno più bello da prefetto, cede alla commozione: «Di certo non oggi», dice citando il suo ultimo giorno in Prefettura.

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Napoletana, laureata in Economia e con un master in Marketing e Comunicazione, è giornalista professionista dal 2007. Per Il Riformista si occupa di giustizia ed economia. Esperta di cronaca nera e giudiziaria ha lavorato nella redazione del quotidiano Cronache di Napoli per poi collaborare con testate nazionali (Il Mattino, Il Sole 24 Ore) e agenzie di stampa (TMNews, Askanews).