I criptotelefonini utilizzati dai narcotrafficanti in tutto il mondo consentono di aggirare intercettazioni e vanificare pedinamenti perché oggi “i più grandi broker delle mafie comprano cocaina stando comodamente a casa e operando sul web”. A denunciarlo, per l’ennesima volta, è il procuratore di Napoli Nicola Gratteri intervenuto nel corso della trasmissione “Presadiretta” andata in onda domenica 13 ottobre su Rai 3 con un focus bene preciso: “La mafia dei soldi”.

Gratteri e il dark-web: “Cocaina dal divano di casa senza andare nella foresta amazzonica”

Per il magistrato, sotto scorta da decenni, l’Italia è indietro sulle investigazioni nel cosiddetto dark-web che rappresenta “il futuro delle mafie perché con un telefono, un software dedicato, è possibile ordinare due chili di cocaina senza più andare nella foresta amazzonica”. “Noi – aggiunge Gratteri – non siamo preparati, abbiamo sottovalutato le mafie e chi ci ha governato nel corso degli ultimi anni non ha pensato a quello che sta accadendo oggi” perché “da un paio di mesi non si parla d’altro che della rete informatica italiana che è un colabrodo“. Da noi – attacca Gratteri – “si continua a discutere sulle intercettazioni dove si dice che si esagera e bisogna tornare ai pedinamenti” mentre “oggi qualsiasi cosa di illecito si può fare nel dark-web”.

Intercettazioni, Gratteri: “Tre euro al giorno per intercettare telefonino”

“Noi ancora stiamo a discutere se le intercettazioni costano troppo” sottolinea Gratteri che ricorda: “La procura di Napoli nel 2023 ha speso 5 milioni di euro e ne abbiamo sequestrati quasi 200 milioni, quindi lo Stato ci guadagna. E’ falso dire che le intercettazioni costano troppo perché intercettare un telefonino costa 3 euro al giorno. Poi io i pedinamenti, ammesso che servano, con chi li dovrei fare se mancano migliaia di uomini e di donne nelle forze dell’ordine? Con chi lo dovrei fare visto che dal 2010 ad oggi nessuno ha pensato di coprire i vuoti di organico”.

Gratteri: “Umiliante ricevere file dall’estero”

Per Gratteri “è umiliante” dipendere da quei paesi che 25-30 anni fa venivano in Italia per apprendere tecniche investigative e per conoscere le mafie, comprese Dea e Fbi. Oggi noi “abbiamo ricevuto da altri Paesi (Francia, Germania, Olanda) 20-30mila file audio e video” di intercettazioni di bande criminali a seguito di operazioni di intercettazione con metodi avanzati che hanno permesso di decriptare i telefonini dei malavitosi. “In Italia quello fatto in Francia non possiamo farlo perché dobbiamo spiegare in udienza come siamo riusciti ad entrare in quel dispositivo visto che non possiamo utilizzare tecnologia militare. Sul piano normativo dobbiamo modificare determinate norme, dobbiamo avere il coraggio e la volontà di creare un sistema giudiziario proporzionato a questa realtà criminale oppure continueremo a guardare e ad aspettare file da fuori”. “Molti addetti ai lavori -prosegue Gratteri – secondo me non sanno di cosa si sta parlando. C’è molta gente che ha potere decisionale, che sta in posti importanti, ma se gli chiedi cos’è il dark-web non sa rispondere”.

Divieto ordinanze, Gratteri: “Ordine giornalisti e sindacato hanno fatto poco”

Sulle nuove norme di pubblicazione delle ordinanze di custodia cautelare, Gratteri attacca anche gli ordini professionali e i sindacati: “Credo che nel prossimo anno scenderemo ancora di più nella graduatoria della libertà d’informazione. Devo dire che sotto questo punto di vista l’Ordine dei giornalisti e il sindacato hanno fatto poco, non sono manco andati in commissione giustizia a discuterne. E’ un problema anche dei proprietari di giornali ma su questo bisogna capire se davvero si ha interesse ad avere una stampa libera”. Per Gratteri, che da quando è diventato procuratore di Napoli ha iniziato nuovamente a convocare conferenze stampa (usanza interrotta dal suo predecessore Giovanni Melillo) “i cittadini hanno diritto di sapere cosa accade sul loro territorio”. Infine aggiunge: “Già con la riforma Orlando non c’era più pericolo che nel corpo del capo d’imputazione e nella richiesta del pm si riportassero stralci della vita privata dell’indagato. Pubblicare per sintesi un’ordinanza – conclude – è più pericoloso perché prima si riportava un testo scritto da un giudice”.

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Giornalista professionista, nato a Napoli il 28 luglio 1987, ho iniziato a scrivere di sport prima di passare, dal 2015, a occuparmi principalmente di cronaca. Laureato in Scienze della Comunicazione al Suor Orsola Benincasa, ho frequentato la scuola di giornalismo e, nel frattempo, collaborato con diverse testate. Dopo le esperienze a Sky Sport e Mediaset, sono passato a Retenews24 e poi a VocediNapoli.it. Dall'ottobre del 2019 collaboro con la redazione del Riformista.