Giuseppe Conte ha provato ancora ieri a far rinviare la seduta istitutiva del Comitato parlamentare di controllo sui servizi segreti. E, quindi, di far saltare nuovamente l’elezione del presidente e dell’ufficio di presidenza. Tutto per avere blindata la poltrona della presidenza della Commissione di vigilanza Rai che l’ex premier accarezza da settimane per il suo pupillo Ricciardi. I sei membri – il settimo è l’ex procuratore Scarpinato, quota 5 Stelle – hanno fatto presente che “di fronte ad un ulteriore rinvio avrebbero chiesto un incontro col Capo dello Stato”.

Ma ti pare, ragionavano ieri mattina alcuni deputati a margine delle votazioni alla Camera sul decreto di riordino delle funzioni dei ministeri, che “questo signore (Conte, ndr) tiene bloccato il paese pretendendo di eleggere insieme il Copasir e la Vigilanza Rai con relativa presidenza 5 Stelle?”. No, non pare a nessuno. Anche perché della Commissione di Vigilanza Rai c’è bisogno ma non con questa urgenza. Mentre del Copasir, con una guerra in corso e l’Italia impegnata a fianco della Nato per l’invio di armi in Ucraina, deve poter avere funzionanti tutti i livelli decisionali sul dossier Ucraina. Il Copasir – che nell’ultimo anno il governo ha sempre informato su ogni passo e decisione – è certamente uno di questi.

Alle 14 di ieri quindi il Comitato si è finalmente riunito al quinto piano di palazzo San Macuto ed è stata subito fumata bianca. L’ex ministro della Difesa Lorenzo Guerini è stato eletto all’unanimità con la sua astensione (9 voti su 10). Risolto il derby interno con l’altro Pd in Comitato, Enrico Borghi, della segreteria Letta e membro del Copasir uscente. Borghi ha votato Guerini e poi ha fatto un tweet, signorile assai: “Buon lavoro a Lorenzo Guerini. Per me è una medaglia sul petto avere avuto il veto alla presidenza di Giuseppe Conte e dei 5 Stelle”.
Guerini quindi alla fine ha messo tutti d’accordo. Come era normale che fosse: c’è una tradizione di ex ministri della Difesa che poi guidano il Copasir. È questione, soprattutto, di competenze e attitudine al riserbo necessarie per entrambi i ruoli.

È andata male, invece, a Licia Ronzulli a cui sarebbe toccato il posto di vicepresidente del Comitato. La capogruppo di Forza Italia al Senato ancora una volta ha dovuto invece arretrare davanti al niet di Giorgia Meloni e dei Fratelli d’Italia. C’è stato un momento, a margine della riunione, in cui la senatrice e Giovanni Donzelli (Fdi, l’altro candidato alla segreteria) hanno battibeccato in un angolo della stanza delle riunioni. Impossibile sapere su cosa. Il risultato è che Donzelli è diventato vicepresidente ed Ettore Rosato (Iv-Terzo Polo) segretario. “Con sette voti su dieci. Quindi anche con i voti della maggioranza e del Pd” fanno notare fonti di maggioranza.

Un punto interrogativo in più su quanto accadrà in Vigilanza di cui ancora non è nota la composizione. Conte ha messo un veto: alla presidenza deve andare un 5 Stelle e il suo nome deve essere Riccardo Ricciardi, fedelissimo del Capo nel partito di Conte. È però una mission quasi impossibile, motivo per cui la Vigilanza è ancora di là da venire. Nel Pd sono pronti a scommettere che i veti incrociati alla fine premieranno il Terzo Polo che, in quanto opposizione, è però tuttora a digiuno di ogni incarico che pure gli spetterebbe. Di sicuro se anche ci fosse un patto Pd-M5s, la nuova sinistra non avrebbe i voti per conquistare la presidenza.

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Giornalista originaria di Firenze laureata in letteratura italiana con 110 e lode. Vent'anni a Repubblica, nove a L'Unità.