“Le scrivo in merito alla modifica della corrente normativa per le agevolazioni fiscali per gli italiani residenti all’estero. Stavamo progettando un rientro in Italia nel 2024 e le agevolazioni fiscali per i residenti all’estero erano un grande incentivo per tale progetto. Ad oggi abbiamo due lavori di grande livello e sappiamo bene che, purtroppo, in Italia sarà impossibile ritrovare le stesse condizioni salariali, quindi i benefici fiscali sui 10 anni erano l’unica cosa che poteva sopperire alle mancanze del mercato italiano in ambito retributivo. Il governo promuove di sostenere le famiglie e la genitorialità ma le modifiche alla norma attuale mostrano il contrario. In particolare modificare sia la percentuale dell’agevolazione, rimuovendo ogni possibile incentivo verso il sud Italia, che la durata di altri 5 anni nel caso ci siano figli o l’acquisto di un immobile, sono punti che vanno contro ciò che il governo promuove. La mia famiglia non potrebbe permettersi di ritornare se questa riforma venisse approvata, il che ci costringerebbe a rinunciare per sempre all’idea di tornare in Italia per accudire i nostri genitori e crescere inostri 3 figli. L’Italia avrebbe davvero bisogno di persone come noi, che tornerebbero con competenze tecniche e di management di alto livello, una mentalità più aperta, un livello di Inglese nettamente sopra la media italiana, nonché con un capitale non indifferente da spendere e investire nel nostro Paese”.

È una delle tante lettere ricevute dalla petizione lanciata da Italia Viva contro la norma della finanziaria che taglia gli incentivi per far rientrare i cervelli in fuga. E che, espatriati per le migliori condizioni economiche che all’estero corrispondono al proprio talento, mai rientrerebbero in Italia se, al contrario, le condizioni che li avevano spinti ad emigrare non sono cambiate. La norma approvata dal governo Meloni prevede che lo sconto Irpef per il rientro di cervelli, a partire dal periodo d’imposta 2024, si fermi al 50% del reddito imponibile (e non più al 70%) e potrà valere fino a un tetto reddituale di 600mila euro. Ne potrà usufruire chi ha mantenuto per tre anni la residenza fiscale all’estero.

I benefici saranno erogati a fronte dell’impegno a mantenere la residenza fiscale in Italia per almeno 5 anni, altrimenti i lavoratori dovranno restituire le agevolazioni, pagando gli interessi. Praticamente equiparando la libertà di spostamento degli individui alle delocalizzazioni delle aziende, a cui appunto si chiede di restituire gli incentivi in caso di trasferimenti. Lo sgravio riguarda solo i lavoratori ad alta qualificazione o specializzazione che rientrino nei livelli 1 (legislatori, imprenditori e alta dirigenza), 2 (professioni intellettuali, scientifiche e di elevata specializzazione) e 3 (professioni tecniche) della classificazione Istat delle professioni Cp 2011, attestata dal Paese di provenienza e riconosciuta nel nostro.

Eppure i dati dell’emorragia di giovani talenti sono notevoli. Dal nuovo Libro Bianco sulle Scienze della Vita in Italia, presentato da The European House – Ambrosetti, dal 2013 al 2021 i laureati in uscita dal nostro Paese sono aumentati quasi del 42%. E nonostante i giovani ricercatori italiani siano al secondo posto tra i più premiati dal Consiglio europeo della ricerca (Erc), realizzano i loro progetti soprattutto all’estero, dove migrano in cerca di salari più alti e maggiore meritocrazia.

Dalla ricerca inoltre emerge che l’86% dei cervelli rimasti in Italia lamenta salari bassi e poco competitivi con l’estero, l’80% mancanza di meritocrazia. All’estero invece, gli ecosistemi internazionali risultano attrattivi soprattutto per la presenza di finanziamenti (84%) e per l’alta qualità della ricerca scientifica (72%), affiancata dalla facilità di accesso e progressione nella carriera accademica (56%). Da dati Istat nel 2021, dopo la pandemia, sono rimpatriati 75mila Italiani, un numero più alto del 10 per cento rispetto al periodo pre-pandemia. Questo proprio grazie agli incentivi del decreto “rimpatriati” del 2015. Dal 2017 al 2021 il numero dei rimpatri è aumentato di circa quattro volte. Per contro, 94mila cervelli hanno invece lasciato l’Italia per trasferirsi all’estero. Tra il 2012 e 2021 i giovani fra i 25 e i 34 anni espatriati sono circa 337mila, di cui oltre 120mila laureati.

“Dobbiamo rivolgerci a quelle professionalità che, per la loro eccezionalità, meritano di essere trattate diversamente dalle altre – ha detto Giorgetti – però l’esperienza concreta suggerisce anche di evitare forme di carattere elusivo e situazioni come quella dei calciatori che, francamente, non potevano continuare come prima. Richiamare i cervelli – secondo il ministro – è sicuramente una politica da perseguire e continueremo a farlo, tanto è vero che garantiamo il 50% fino a 600mila euro di sconto fiscale, non mi sembra una banalità ma nel momento in cui si chiede un sacrificio a tante famiglie, chi percepisce quel tipo di stipendi deve essere riportato a un minimo di normalità”. Ma come si può paragonare un cervello in fuga all’estero perché qui non vengono valorizzate le sue capacità, con un calciatore? Sicuramente è giusto tagliare la spesa e ridurre il debito (cosa che questa manovra non fa), ma è sbagliato tagliare sulle misure che invece aiutano la crescita. E infatti diverse ricerche hanno dimostrato che il rientro dei cervelli aumenta l’innovazione.

Vivo a NY e sono a capo della logistica in Nord America per un’azienda italiana. Ho da poco deciso il mio rientro in Italia con la mia futura moglie, con il desiderio di fare lì una famiglia. Inutile menzionare gli impatti positivi (a breve e lungo termine) della detassazione sul rientro dei cervelli. Io e la mia compagna torneremo in Italia a fine mese. Come molti altri, in quanto rientranti nella seconda parte del 2023, non potremo beneficiare degli sgravi, perdendo dei soldi sui quali avevamo fatto affidamento per fare delle scelte, ormai irreversibili, sulle nostre vite”.