Da «uno vale uno» a «ne rimarrà solo uno». La querelle tra Beppe Grillo e Giuseppe Conte sembra arrivata alle battute finali. Alla conclusione dello psicodramma che ha spaccato quel che rimane del Movimento. Conte, infatti, incontrando Bruno Vespa per una intervista che finirà nel prossimo libro del conduttore di Porta a Porta, ha letteralmente scaricato il Garante e fondatore del M5S. «Qualcosa si è incrinato in maniera irreversibile», ha detto Conte rispondendo a Vespa sul rapporto con Beppe Grillo. «Umanamente sono molto colpito da come si comporta – dice Conte a Vespa -. Già in passato ha avuto atteggiamenti velenosi nei miei confronti, ai quali non ho dato peso perché su tutto prevalevano gli interessi della comunità. Vedere oggi che contrasta in maniera così plateale un processo di partecipazione democratica che ci riporta agli ideali originali di Casaleggio mi ha rattristato moltissimo. Perché, al contrario di quel che scrivono i giornali, lo scontro non è personalistico (Grillo contro Conte), ma vede Grillo battersi contro la sua stessa comunità».

Casaleggio: “Conte parla di Grillo a Vespa e non a iscritti M5s”

Il Garante non la manda giù. Chi lo ha incontrato nei suoi ultimi viaggi romani, preconizza: «ci saranno reazioni, e quelle legali sono il minimo». L’atmosfera raccontata da chi è vicino al fondatore e lo sente costantemente, è di dispiacere e rabbia. «Un mondo alla rovescia – si sfoga qualcuno – quello in cui si licenzia Grillo e in cui molti scappati di casa appoggiano questa infamia. Torneranno nel nulla da cui sono venuti». Casaleggio: «Strano che Conte parli di Grillo a Vespa e non agli iscritti M5s». L’ex presidente di Rousseau si scaglia contro la Costituente e torna sulla questione che riguarda simbolo e nome del M5s: «il Movimento era basato sulla partecipazione e oggi non c’è più, è qualcosa di diverso e credo che debba avere anche un nome diverso».

Tra la cessazione del contratto e il divorzio ufficiale, però, c’è anche l’Assemblea costituente. Alla fine di questa settimana, i gruppi di lavoro definiranno i quesiti che saranno poi posti al voto finale dell’Assemblea prevista per il 23 e 24 novembre. Tra questi, anche il quesito che chiederebbe agli iscritti di pronunciarsi sulla cancellazione del ruolo del garante. Il dissidio, stando a quanto apprende Il Riformista, starebbe in ben altri termini. La consulenza da 300.000 euro che Grillo ha in corso con il Movimento, alla voce “comunicazione”, starebbe per essere tagliata. O meglio, non verrà rinnovata quando, alla prossima scadenza del 31 dicembre, sarà giunta al termine. Grillo naturalmente non ci sta e protesta: «Quel contratto è ancora in corso». Sì, appunto. Ma ancora per poco. Il cuore del problema risiede a monte. In quel succedersi di registrazioni legali del Movimento che hanno visto Grillo e Casaleggio insieme nel 2009, poi Grillo con Di Maio nel 2013 come legale rappresentante. Ma era ancora quel vezzoso “non statuto”, refrattario alle regole.

I due Movimenti: quello del 2009 di Grillo e quello del 2017 di Conte

Poi c’è lo statuto del 2017. In questo secondo caso lo Statuto del MoVimento 5 Stelle, registrato così, con quella V alta in mezzo, è stato sottoscritto e depositato presso il notaio Luca Amato, fissa la sede legale presso lo studio dell’avvocato Andrea Ciannavei, a via Nomentana a Roma. Non è più lui l’avvocato del Movimento, né di Beppe Grillo. «Però ho depositato io a fine 2017 il simbolo del Movimento con linea di circonferenza rossa, la scritta MoVimento, le cinque stelle gialle e la dicitura ‘Blog delle Stelle’». Simbolo da lui registrato e di cui quello nuovo, usato oggi da Conte, sarebbe una ripetizione pedissequa. Dettaglio non di poco conto: se ci fosse una diatriba tra Conte e Grillo sul simbolo, non sarebbe facile districare la matassa. Grillo, per ipotesi, potrebbe presentare una lista del MoVimento del tutto indipendente dalle scelte di schieramento di Conte? In linea puramente teorica, nessuno si sente di escluderlo. Anche l’associazione politica M5S del 2009, regolarmente registrata, mantiene il suo corso legale. Non è mai stata sciolta. E c’è una sentenza del Tribunale di Genova che certifica proprio che il simbolo e il nome M5S può essere utilizzato sia dalla nuova associazione di Conte (derivata da quella di Di Maio del 2017) sia da quella precedente, di Grillo (del 2009).

I due Movimenti già esistono, in vitro, paralleli. Quello del 2009 di Beppe Grillo e quello del 2017 di Conte. Fino a ieri erano sovrapposti, allineati e coperti. Oggi si dispongono su due fronti opposti e potenzialmente ostili. C’è poi, è vero, un terzo statuto, una terza vita del Movimento, nel 2020. L’upgrade di quello del 2017, con un primo demansionamento per Grillo. Nelle sue more, la sede del Movimento venne spostata in via di Campo Marzio, come volle Conte, lasciando la sede legale di via Nomentana, presso lo studio Ciannavei. Sottoposto a voto degli iscritti, «con alcune cose che non andavano, con modifiche che vennero accolte da Conte, perché da subito ravvisammo una diminutio dei poteri di Grillo», rievoca l’avvocato. Non lo dice ma sembra di poter dedurre che qualcuno, in questa vicenda, si è fidato troppo del premier comparso per caso un giorno, presentato a Grillo da Alfonso Bonafede. Il Garante lo accolse guardingo, fidandosi sempre poco di chi saltava sul carro del vincitore all’ultimo momento, ma non avrebbe mai immaginato di finire emarginato così. Fino al punto di aver perso, ad oggi, ogni forza statutaria. Certo, il fondatore – al quale è rimasto vicino Davide Casaleggio – potrebbe combattere per il simbolo, promuovendo un contenzioso dagli esiti incerti.

La guerra per il simbolo

Il Riformista avrebbe appreso che Grillo si sarebbe recentemente rivolto all’avvocato Sammarco, esperto di diritto societario e titolarità dei marchi. E Sammarco gli avrebbe dato parere positivo sulle probabilità di successo in tribunale, se si arrivasse allo scontro diretto. Se lo statuto oggi depositato a Campo Marzio decidesse di ridurre la durata – oggi vitalizia – del mandato del Garante, sarà necessario un voto online. Se questo vedrà una partecipazione inferiore al 50%, si dovrà ripetere. E in quella seconda battuta, Grillo in quanto garante potrà esercitare le sue prerogative chiedendo che il voto arrivi a una maggioranza qualificata sulla piattaforma Skyvote. Il Garante può far ripetere il voto una terza volta, e se la partecipazione fosse inferiore al 50% il voto sarà definitivamente nullo.

Un muro contro muro tra stratagemmi statutari e pieghe legali che nulla ricorda dello spirito corsaro e controcorrente del Movimento delle origini. La verità, ci dice qualcuno tra i parlamentari del Movimento in carica, è che a molti non è andata giù la spinta per Mario Draghi, nel governo precedente. Altri contestano la pressione che il Garante avrebbe esercitato per mantenere la sua consulenza, a tutto carico dei parlamentari, i quali spesso – rinnovati nella composizione nel 2022 e selezionati attentamente, uno a uno, da Conte – non sentono più alcun legame con l’ideatore del Vaffa. Quella V alta, nel centro del nome e del simbolo, ormai viene rivolta dall’uno all’altro contendente.

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.