Parte la guerra delle carte bollate
Movimento 5 Pec, la serie western tra Grillo (300mila euro per post fantasy) e Conte, padre della ditta eredita per caso
I 5 Stelle sono ormai ai titoli di coda. Beppe non vuole perdere né la sua creatura né il ricco rapporto di consulenza Ma Giuseppe tira dritto sull’Assemblea e mette le cose in chiaro: da ora si parla con gli avvocati. Un guaio per il Pd
Altro che Netflix, ormai è Politica mon amour. Nel senso che i titoli che fanno audience inevitabilmente passano dal grande schermo di Palazzo Chigi, un autunno sbalorditivo che sbaraglia la concorrenza delle piattaforme. Prima, verso la fine di agosto, la serie sentimentale dell’influencer di Pompei con il ministro che piange in diretta, entusiasmante nelle prime puntate, noiosetta verso il finale. Poi, cambiando completamente genere, la serie melanconica, stile grande freddo, sulla polvere di stelle. Un “trattato” sul cinismo con due protagonisti sublimi: il fondatore dalle camicie a fiori, modello vecchio lupo di mare eternamente abbronzato e con il villone sulla spiaggia (a Marina di Bibbona), e l’azzimato avvocato con la pochette, tipica gentilezza del Sud ed eloquio incredibilmente leguleio (tanto da sembrare una sorta di Diego Abatantuono del foro).
Grillo e i 300mila euro per i post fantasy
I due non si sono mai molto amati, nel prequel però si capisce che a un certo punto trovarono un punto di equilibrio: il fondatore (chiamato poi il garante), che in passato era stato un comico di successo, impingua le sue entrate grazie a una consulenza elargita dal gruppo parlamentare. In pratica 300mila euro per scrivere qualche generico post “fantasy”. Importante soprattutto che non rompesse le scatole all’avvocato, ormai padre eterno della ditta che ereditò quasi per caso, quando in modo rocambolesco si trovò presidente del Consiglio. E persino di due governi. Un’impresa eccezionale, andata in frantumi soltanto con l’arrivo in scena del cattivo della storia, Matteo Renzi, accompagnato da un altro “perfidissimo” personaggio: il pervicace ex banchiere.
Nelle pieghe del racconto si intuisce che l’avvocato, alias Giuseppe Conte, da quel momento non ha pensato ad altro: tornare a Palazzo Chigi, costi quel che costi. È che nel mezzo delle traversie con Elly Schlein (la stravagante ragazza che si impadronisce del Pd, un partito alleato e funzionale al reinsediamento sognato da Conte), l’avvocato si trova di nuovo tra le scatole il fondatore, Beppe Grillo. Il leguleio di Volturara Appula si era rotto le scatole di tollerare le ambiguità residue del M5S. “Facciamo la Costituente e liberiamoci di tutti gli orpelli del passato”. Il primo tra i quali è l’obbligo allo stop dopo i due mandati, regola fondativa del M5S, quindi carta “sacra”. L’abile avvocato se ne era servito per le elezioni del 2022, per far fuori la classe “dirigente” troppo legata agli albori; ora però rimuovere la clausola gli garantisce consenso.
La serie western di Grillo e Conte
Il vecchio lupo di mare si è messo in testa di dare comunque battaglia: gli vogliono sottrarre la creatura e per di più anche lasciarlo a bocca asciutta, chiudendo il rapporto di consulenza. Ora siamo agli episodi delle carte bollate: finalmente la guerra è conclamata. Giuseppe Conte non ha più intenzione di replicare alle lettere del fondatore M5S. “Da oggi in poi parli con gli avvocati”, il ragionamento dell’ex premier che intende mettere fine “allo stillicidio” che sta portando avanti il garante M5S con l’unico fine – questa la tesi – di minare il percorso di democrazia del Movimento 5 Stelle. L’obiettivo, dunque, è quello di tirare dritto senza alcun indugio sull’Assemblea costituente. E qui la serie svolta sul western, i protagonisti si mettono il cinturone e si danno appuntamento al saloon.
Beppe Grillo da parte sua tiene alta l’attenzione e naturalmente anche l’audience: “Accusarmi di una visione padronale del Movimento non è altro che lo specchio delle intenzioni di altri. Al contrario, ribadire l’importanza di certe regole equivale a difenderne i suoi valori democratici”. È che si avvicina un mesto finale, per un Movimento che era partito dalla premessa che “uno vale uno”. E che per non smentirsi aveva portato alla vicepresidenza del Senato Paola Taverna con tanto di “zoccoloni” (da qualche anno si è completamente rivestita e fa la funzionaria di Conte) e l’immaginifico Danilo Toninelli (sta con Grillo) a capo del ministero dei Trasporti. Una sorta di “fantasia al potere”, l’arrivo in Parlamento nel 2013 ha punte di inarrivabile avanspettacolo: il “regista” era in stato di grazia, Casalino, poesia pura.
Insomma, arriva il momento dei titoli di coda: la triste realtà si impone, l’incredibile progetto di Gianroberto Casaleggio (l’unico geniaccio della compagine) giace in cantina da un pezzo. Qualunque sia l’epilogo della serie (secondo Swg la gran maggioranza degli elettori 5 Stelle per quel che vale sta con Conte), i “costi” ricadranno su Elly Schlein. La trasformazione del prezioso alleato in un “caudillo” vero e proprio è una totale incognita elettorale: a quale percentuale si fermerà? Sarà ancora il quasi amico per eccellenza del campo largo? E quale destino attende Matteo Renzi? Finché l’avvocato avrà peso e ruolo, per il cattivo della storia è prevista solo altra reclusione. L’anticipo di una nuova serie per Natale? L’ex sindaco di Firenze confuso nella parte bassa degli scaffali della grande distribuzione, lo spazio dedicato ai prodotti “no marca”, insomma il modello Liguria?
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