«Quando Gene Morgan sentì parlare per l’ultima volta della donna che era sua madre, lei viveva a un centinaio di metri dalla frontiera della California, nella prosperità privilegiata del vecchio Messico. Non era più giovane, né così bella come era stata una volta. Ma possedeva una certa esperienza in fatto di uomini e di denaro, e aveva un sistema tutto suo per aumentare il tributo di coloro che erano sempre ben disposti a pagare per conoscerla. Gene, naturalmente, sapeva che sua madre era una prostituta, e che aveva seguito per venticinque anni le corse dei cavalli e il denaro a esse relativo; e così, quando lo sconosciuto gli mostrò la fotografia di una donna sul rovescio di una cartolina postale, non si meravigliò che potesse essere lei».

Incipit fortissimo quello de “Il bastardo”, piccolo, dimenticatissimo romanzo del 1929 di Erskine Caldwell, che oggi viene meritoriamente riproposto dalla piccola casa editrice De Piante. Così ecco Caldwell, scrittore grande ma mai pienamente riconosciuto come tale (siamo dalle parti di Faulkner per intenderci), autore di romanzi di fama anche da noi come “La via del tabacco” o ancora meglio “Il piccolo campo”. Il bastardo di questa storia è dunque Gene Morgan, uno sbandato nato da una prostituta e allevato da una “negra” in una capanna. Siamo in ambienti più che torbidi del sud degli Stati Uniti negli anni Venti: tutto maleodora, tutto è orrendo, i posti e gli animi delle persone. Il linguaggio è netto, arido come quella terra. Molti odiarono Caldwell e i suoi racconti brutali ma, come ha scritto Joe R. Lansdale, «i suoi romanzi non intendevano rappresentare il Sud nella sua totalità, ma mostrarne gli aspetti peggiori con uno stile assai meno grossolano di quanto molti abbiano voluto credere. Caldwell, come Faulkner e O’Connor ha inventato la letteratura del Sud».

Elio Vittorini, nella breve introduzione al “Piccolo campo” che tradusse, ne era entusiasta: «Riguardo ai caratteri della sua arte ricorderò che egli si lascia accostare volentieri, nei paragoni letterari, ai vecchi pagani d’Italia e di Francia, Boccaccio, Rabelais, Machiavelli. Ha con essi in comune la grande possibilità, che dopo il Cinquecento sembrava perduta, di fare suonare insieme corde comiche e corde tragiche». Molta letteratura americana è debitrice di questo grande, respingente autore – si è parlato di una sua influenza su Cormac McCarthy e su certo cinema, per esempio il primo John Houston. «Non ho voluto cambiare il mondo. Ho soltanto raccontato quello che c’era», disse una volta Erskine Caldwell, un duro della letteratura americana che è importante conoscere.