Il taglio dei tassi della Banca Centrale Europea sta cominciando a spiegare i suoi effetti nelle tasche dei cittadini, in modo particolare di coloro che hanno contratto un mutuo a tasso variabile.
Nel mese di ottobre il tasso medio si è attestato al 3,28 per cento in diminuzione rispetto al 3,31 per cento di settembre. È quanto si legge nel report dell’Associazione Bancaria Italiana. Il calo è più significativo se paragonato al dicembre 2023 quando i tassi di interessi erano pari a 4,42 per cento. Più di un punto percentuale dopo oltre due anni di rialzi. Il ridimensionamento dei tassi è possibile per due motivi.

Il primo è relativo all’inflazione: in tutta l’Eurozona sta calando sensibilmente. Sempre ad ottobre essa è pari al 2 per cento, rispetto al 2,9 per cento dello stesso mese del 2023. Addirittura in Italia, i prezzi si sono decisamente raffreddati con un incremento pari allo 0,9 per cento rispetto a dodici mesi fa. Il secondo motivo riguarda le aspettative degli operatori creditizi: banche, intermediari e player del comparto si aspettano un nuovo taglio dei tassi anche nella prossima riunione della Bce dedicata all’argomento in programma il 12 dicembre.

Aspettative

Le aspettative inflazionistiche, infatti, sono in calo anche per il 2025. Per l’Italia l’attesa è pari all’1,8 per cento; per la zona Euro al 2,4 per cento. Confrontata ai tassi di interesse attualmente praticati dall’Istituto presieduto da Christine Lagarde, cioè il 3,25 per cento, le attese di ulteriori cali anche dopo dicembre sono ampiamente giustificate. Anche perché la Bce ha centrato il suo obiettivo statutario, cioè portare e mantenere l’inflazione al 2 per cento.

Allo stesso tempo, però, il rischio di una crescita asfittica per il vecchio Continente è sotto gli occhi di tutti. Il prodotto interno lordo dei Paesi dell’Area Euro è atteso nel 2025 a più 1,3 per cento; mentre per l’Italia la stima è pari all’un per cento. Ecco perché tutti gli operatori chiedono a gran voce un intervento chiaro da parte della Banca Centrale che non si limiti a limare verso il basso i tassi ma li accompagni in un calo sostenuto per rilanciare la crescita di tutta Europa.

Stati Uniti

In parallelo con la Bce si muove la Federal Reserve degli Stati Uniti che dallo scorso settembre sta indirizzando un calo dei tassi molto più intenso di Francoforte. Jerome Powell, numero uno dell’istituto statunitense, ha individuato nella crescita americana degli elementi di debolezza che potrebbero rendere più incerto il Pil per il 2025. Secondo le previsioni, l’economia a stelle e strisce crescerà del 2,2 per cento nei prossimi dodici mesi. L’espansione del prodotto interno lordo, però, non corrisponde ad un aumento dei posti di lavoro. Al fine di raggiungere la piena occupazione, la Fed potrebbe continuare la politica di tagli anche nel prossimo anno.

Ciclone Trump

In tutto ciò bisogna capire cosa accadrà il giorno dopo il giuramento del nuovo presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, in programma per il 20 gennaio 2025. Da quel momento la politica economica americana cambierà drasticamente, visto che “The Donald” ha due grandi obiettivi: crescita industriale potente e riequilibrio della bilancia commerciale degli Stati Uniti. Per fare questo, metterà a terra un programma di investimenti di svariati miliardi di dollari. Si parla di oltre mille miliardi per potenziare la Difesa, lo sviluppo del Digitale, il ritorno al fossile e aumentare l’export.

Su questo secondo punto, la strategia è chiara: introduzione di dazi “severi” nei confronti di Europa e Cina e un dollaro debole rispetto all’euro. La guerra dei dazi potrebbe causare una infiammata inflazionistica soprattutto per in Ue grande importatrice di materie prime, gas e petrolio. Allo stesso tempo, il dollaro debole si può ottenere solo abbassando i tassi di interesse e questo è possibile solo se la Fed sposa la visione di Trump. Dazi e dollaro debole sono gli elementi che fanno temere un aumento dei prezzi. Se così dovesse essere, la Bce si troverebbe a limitare il taglio dei tassi e ne risentirebbe anche il mercato dei mutui italiani.

Secondo molti analisti, il primo semestre del 2025 potrebbe chiudersi con tre tagli fino a giugno portando i tassi al 2,25 per cento. Da luglio, si assisterebbe ad una pausa per capire gli effetti della politica economica trumpiana e l’andamento del sistema produttivo globale. Insomma, nel secondo semestre si potrebbe assistere ad un leggero rialzo dei tassi con effetti sui mutui. Il tutto salvo shock geopolitici che sono dietro l’angolo.

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