La vicenda relativa alla governatrice
Il costituzionalista Ceccanti: “Far decadere Todde è esagerato, il Consiglio sardo non sia timido”
Ceccanti frena sulle spese elettorali della presidente M5S: “Burocrazia e incertezza normativa, il Collegio di garanzia non è infallibile”
Il caso delle spese elettorali è un terremoto che rischia di far decadere Alessandra Todde dalla presidenza della Regione Sardegna. Ma non può sfuggire il tema della giungla burocratica. E il costituzionalista Stefano Ceccanti pone un altro punto fondamentale: «Anche ammettendo che alla fine tutti gli errori rilevati dal Collegio siano effettivi, la sanzione di far saltare tutto il Consiglio neo-eletto sarebbe proporzionata?».
I 5 Stelle vengono accusati di sciatteria e di terribile incompetenza. La macchina organizzativa-elettorale del Movimento ha presentato più di qualche falla?
«Può darsi, ma teniamo anche conto che nelle regionali si sovrappongono tre campagne diverse: quella per le liste di partito; quella dei singoli candidati al Consiglio regionale; quella dei presidenti. Più una: quella delle coalizioni insieme al presidente, che sempre più tendono a svolgere eventi comuni, anche per evitare – come in Sardegna – il voto disgiunto. Le norme che regolano le spese elettorali non sempre tengono conto di questa articolazione».
La vicenda mette in evidenza l’inesperienza di Todde e della sua squadra?
«C’è stata questa scelta politica di non individuare un mandatario individuale, ma un comitato collegiale per ricoprire le stesse funzioni, che ha creato il problema principale. Tuttavia il comitato aveva una figura apicale, che si rappresentava come committente responsabile nel materiale elettorale, depositava i movimenti di un conto bancario a lui intestato alla verifica della Corte dei Conti. Svolgeva il ruolo di mandatario anche se non si faceva chiamare così».
Insomma, scelta ingenua ma non in malafede…
«Direi puntata alla sostanza: garantisco trasparenza e mi avvalgo di una campagna messami a disposizione da un partito, che accetta di svolgere attività anche per la candidata presidente che rappresenta la coalizione. Ove si trovino in questa modalità errori che possono portare ad alcune sanzioni, esse devono essere proporzionali alla loro entità. In alcune modalità io trovo il perseguimento del medesimo bene giuridico, garantito dalle norme, con altri mezzi equivalenti».
Entrando nel merito della vicenda, era indispensabile nominare il mandatario? La presidente si difende, facendo notare di non aver sostenuto direttamente spese né contributi esterni…
«Il ragionamento fatto era: non voglio avere contributi diretti, non voglio spendere risorse esterne, il mandatario non è dunque necessario. Se nominato, quali dichiarazioni avrebbe dovuto presentare, posto che non avrebbe aperto nessun conto corrente a egli intestato? Ma il comitato collegiale e il suo vertice nella sostanza hanno svolto funzioni analoghe, avendo, essi sì, ricevuto finanziamenti e disposto spese».
Tra le contestazioni c’è anche una fattura relativa alle spese Enel per 153,16 euro. Davvero un importo del genere può finire nel provvedimento?
«La difesa di Todde fa notare che la fattura è arrivata a rendiconti presentati. Salvo il vero, anche una piccola omissione può comportare una sanzione, che tuttavia deve essere proporzionata. Il punto comunque è questo: anche ammettendo che alla fine tutti gli errori rilevati dal Collegio siano effettivi, la sanzione di far saltare tutto il Consiglio neo-eletto sarebbe proporzionata? Ancora di più: è proprio quella prevista dalle leggi vigenti?».
La giungla di cavilli e insidie rischia di far inciampare anche i professionisti. È il boomerang dell’infinita burocrazia contro i «politici imbroglioni», nata con il pallino giustizialista. Sarebbe il caso di sfoltire le pratiche per le elezioni?
«Qui più che la normativa sulle campagne elettorali in senso stretto, il nodo è quale sia la normativa effettivamente vigente e applicabile. Il Collegio di garanzia pensa che sia vigente la legge regionale 1/94 e si fonda su quella. Ma siamo sicuri? Dopo di essa, la legge costituzionale 2/2001 ha rivoluzionato il sistema delle fonti. È stata creata una fonte nuova, la legge statutaria, poi approvata nel 2013, competente sulla materia. È possibile che ciò abbia determinato un’abrogazione implicita della legge del 1994. Se fosse così, a quel punto la legge statutaria – unica competente – fa lei un rinvio alla legge nazionale 515 del 1993, ma il tipo di rinvio alle relative norme con tutta probabilità non comporta la decadenza per quegli errori. Sono questioni da esaminare con umiltà, anche perché è un caso del tutto inedito».
La decadenza di Todde dovrà essere formalizzata dal Consiglio regionale sardo. Se venisse respinta, sarebbe un voto per amor di coalizione o un doveroso compito di un’Assemblea elettiva?
«Il problema è questo: al di là di come ricostruiamo la normativa applicabile a questo caso concreto, ogni volta che un’Assemblea elettiva per legge deve votare – come accade qui con il richiamo alla 515, ma anche ad esempio per la legge Severino – deve esercitare seriamente il proprio ruolo, non prendere per infallibile l’atto del potere giudiziario o amministrativo che le perviene per il voto. Nessuno è infallibile. Vale per questo caso specifico, vale per le decadenze basate sulla Severino, vale per le richieste di arresto di parlamentari e così via. Ne va, in generale, dell’equilibrio tra poteri. Chi lo dice che l’istruttoria che può fare la Giunta delle elezioni della Sardegna e la delibera dell’Aula, in senso opposto al Collegio di garanzia, siano a priori meno fondate? Peraltro, di norma, le delibere dell’Assemblea sono a loro volta sindacabili in altre sedi, quindi anch’essa non è infallibile. Ma questa è una ragione in più per fare fino in fondo il proprio dovere. Se – anche con il voto determinante di 19 senatori del Pd – Minzolini non decadde dal Senato perché non apparve fondata la sua decadenza richiesta dalla magistratura, perché mai la Giunta delle elezioni e il Consiglio regionale sardo non potrebbero ritenere infondata la decisione del Collegio di garanzia?».
Eppure c’è chi sostiene che il voto favorevole alla richiesta del Collegio sia un atto dovuto…
«Ma se i consiglieri sono di diverso parere si mandano gli ufficiali giudiziari a sostituirli nel voto? Peraltro anche in materia di atti dovuti andiamoci piano. Il presidente della Repubblica, se rinvia una legge, deve poi firmarla se il Parlamento le riapprova. Ma se ciò costituisse un attentato alla Costituzione, l’atto dovuto non sarebbe più tale. Quindi rispettiamo la dignità delle Assemblee elettive, Consiglio regionale sardo compreso».
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