L’Italia batte la Germania. Non si tratta dei mondiali di calcio della vittoriosa Italia di Pertini e Bearzot dell’82. Mi riferisco alla crescita del PIL che, nella memoria recente degli ultimi decenni, normalmente ha sempre visto l’Italia alle spalle delle principali economie europee. A partire dal primo semestre 2021, invece, l’Italia fa registrare il recupero dell’economia più consistente dell’euro-zona, davanti a Germania, Francia e Spagna. Lo confermano i dati Eurostat del terzo trimestre 2022.

L’Italia fa registrare il migliore risultato in termini di incremento del PIL (+1,8%), dei consumi delle famiglie (+0,4%), degli investimenti nel settore delle costruzioni (+24,.8%). Su questi ambiti dell’economia l’Italia ha recuperato i livelli precedenti la crisi prodotta dal COVID-19. La Germania, invece, cede terreno sia sul fronte dei consumi delle famiglie (-0,7%), che su quello degli investimenti nel settore delle costruzioni (-0,9%). Siamo avanti, rispetto alla Germania, anche sulla componente PIL “attività professionali e dei servizi a supporto delle imprese”, con un +7,9%, rispetto allo 0,7%. Un miracolo, un caso, o cos’altro? Rispetto al passato cosa è accaduto? Va almeno valutata l’ipotesi di una correlazione tra il rimbalzo del sistema economico italiano e alcuni provvedimenti della precedente legislatura.

Quali sarebbero? Il bonus 110 e il reddito di cittadinanza, due provvedimenti che hanno avuto l’indubbio effetto di riscaldare l’economia e stimolare i consumi. Due provvedimenti, messi in atto dai Governi a guida Conte, che hanno prodotto una robusta redistribuzione dei redditi, proprio nei due anni precedenti la risalita del PIL. Ma ecco che dalla pancia della destra italiana, che governa oggi il Paese, spunta fuori la peggiore delle reazioni tipiche delle culture autoritarie, quella che nella storia è nota come la “damnatio memoriae”. Il Governo combatte con le parti sociali, Confindustria e organizzazioni sindacali, per azzerare prima possibile il bonus 110 e per cancellare il reddito di cittadinanza. La Presidente Giorgia Meloni e la sua maggioranza puntano dritto alla cancellazione di due provvedimenti, nonostante abbiano avuto un effetto oggettivamente positivo sull’economia italiana.

Il reddito di cittadinanza ha realizzato una concreta redistribuzione, una forma reale di contrasto alle disuguaglianze, mettendo nelle mani di famiglie in difficoltà un potere di acquisto che si è riversato totalmente nei consumi e quindi nel sistema produttivo del Paese. Lo stesso vale per il super-bonus che ha risollevato le sorti del settore delle costruzioni, distrutto nel precedente decennio dall’austerità post-crisi 2009, quando sotto l’egida del “patto di stabilità” si decise di bloccare la spesa per investimenti in opere pubbliche. Un approccio simile lo registriamo su tanti altri provvedimenti, come la volontà di eliminare il bonus cultura per i giovani, un’altra azione dei precedenti governi che andrebbe consolidata. L’unico filo conduttore, del primo banco di prova del primo governo a trazione destra ideologica italiana, sembra essere proprio questo: cancellare la memoria di chi ha governato prima. E chi se ne frega se si butta il bambino con l’acqua sporca.