Un piano nazionale di emergenza che conteneva tre scenari, uno dei quali troppo drammatico per essere divulgato senza diffondere il panico tra i cittadini e per questo secretato. Non è fantapolitica ma quanto ammesso da Andrea Urbani, direttore generale della Programmazione sanitaria, al Corriere della Sera. “Già dal 20 gennaio avevamo pronto un piano secretato e quel piano abbiamo seguito. La linea è stata non spaventare la popolazione e lavorare per contenere il contagio”, spiega infatti Urbani, negando quindi il ‘vuoto decisionale’ dell’esecutivo e del ministero della Salute nel rispondere all’emergenza Coronavirus.

Urbani quindi sottolinea che, se la previsione più tragica non si è avverata, è per la la scelta del Governo di attuare il lockdown, chiudere il Paese e applicare un rigido distanziamento sociale. Lo stesso direttore generale della Programmazione sanitaria deve però ammettere che “col senno di poi sarebbe stato meglio un lockdown immediato”, riconoscendo la tardività delle misure prese dal Governo. Ma allora, prova a giustificarsi Urbani, “c’erano solo i due cittadini cinesi e si è deciso di assumere scelte proporzionate. Attenzione, però. Come ha certificato l’Imperial College, se il governo non avesse adottato le zone rosse e le altre misure di contenimento l’Italia avrebbe avuto tra i 600 mila e gli 800 mila morti”.

Queste cifre hanno quindi spinto il ministro Speranza e il Comitato tecnico scientifico a non divulgare il documento, secretato dal governo. Ma Urbani lancia anche pesanti accuse alle Regioni sul ritardo nell’acquisto dei ventilatori: “Comprare le strumentazioni spetta a loro”.

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