L'intervista
Il rettore Giusti: “ReArm è un progetto ambizioso ma non sarà il collante tra Ue e Usa: Nato imprescindibile per il futuro”
A colloquio con il più giovane dei Rettori italiani dell’Università degli studi Link Campus di Roma che lavora a cavallo tra Italia e Stati Uniti

A quasi un mese e mezzo dall’insediamento dell’amministrazione Trump vengono annunciati ogni giorno nuovi record. Quanto di questo ricade effettivamente sulla vita degli americani?
«Trump ci ha abituato ai suoi colpi teatrali. Uno tra tutti è il “Maga Minute”, la pillola che la ventisettenne portavoce della Casa Bianca Karoline Leavitt ogni settimana carica sui social della White House per ripercorrere in un minuto tutti i nuovi record battuti dal presidente in carica: dal calo drastico dell’immigrazione agli arresti dei cosiddetti illegali, con le conseguenti deportazioni, ai licenziamenti voluti da Elon Musk e dal suo dipartimento per l’efficienza governativa. Certo, dei quasi 100 ordini esecutivi emessi, gran parte sono stati fermati da giudici democratici a livello statale e saranno discussi nei prossimi mesi nelle corti federali, fino a lasciare l’ultima parola alla Corte Suprema. Dei tanti annunci e ordini esecutivi di Trump non sappiamo concretamente quanti diverranno effettivamente norme operative. Tutto questo sta al momento creando una grande confusione, soprattutto all’interno del territorio americano».
Davvero Trump sta giocando solo d’azzardo e non c’è una strategia dietro il caos scatenato (oppure ancora, il disegno è chiaro e solo noi europei non riusciamo a vederlo)?
«La tecnica che molti analisti accreditano a Trump è quella del cosiddetto “Carpet Bombing”, il bombardamento a tappeto, una tecnica militare che serve a confondere il nemico, che si vede raggiunto da una barriera di fuoco da tutti i versanti e non ne capisce l’origine. Effettivamente gli ordini esecutivi di Trump stanno rivoluzionando, almeno sulla carta, le caratteristiche del cosiddetto Deep State americano. È entrato fin nel midollo dell’organizzazione burocratica americana».
Sì ma non sembra produrre benefici, al momento.
«I primi effetti difficilmente potrebbero essere letti come positivi, perché, come si immaginava anche durante la campagna elettorale, dichiarare una guerra commerciale tanto all’Europa quanto alla Cina sta producendo un effetto inflattivo che si riverbera poi sui conti correnti e sui dollari che gli americani devono spendere. Questo sta facendo lievitare il malcontento tra la popolazione. Qualche dubbio che le prime mosse economiche da parte di Trump siano un po’ azzardate inizia a serpeggiare tra gli americani. E i mercati, a differenza che al culmine della campagna elettorale, non stanno premiando le scelte di politica economica di Trump».
Giorgia Meloni ha un rapporto privilegiato con il presidente degli Stati Uniti. Sono giorni in cui la premier non dichiara molto. Secondo lei è una scelta voluta?
«Che Giorgia Meloni e Donald Trump abbiano un rapporto privilegiato è cosa nota. È stato fondamentale, e tutti ne sono grati, riguardo alla liberazione-lampo della giornalista italiana Cecilia Sala, detenuta in Iran, avvenuta a seguito della missione che la premier ha fatto a Mar-a-Lago. Questo rapporto porta con sé molte responsabilità, anche perché agli occhi del mondo effettivamente la Meloni resta l’unico leader europeo con un rapporto saldo, precedente anche all’elezione di Trump, nonostante gli ottimi rapporti anche con la presidenza democratica di Joe Biden».
L’Europa ha una strategia?
«In un contesto così confuso come quello che stiamo vivendo avere un rapporto privilegiato comporta delle enormi responsabilità, perché molti dei summit che i vari leader europei stanno autonomamente organizzando sono decisamente improvvisati. Ricordo quello organizzato a Parigi da Macron tre settimane fa e quello organizzato due settimane fa a Londra dal premier laburista Starmer, che sta utilizzando questa crisi e questo periodo di grande confusione per accreditare il suo operato politico. Nel gabinetto di Starmer ci sono due veterani del premierato di Tony Blair, che lo stanno consigliando verso una politica atlantica decisamente in controtendenza rispetto alla Brexit. Nei prossimi giorni la Meloni si attiverà per irrobustire ancora di più, attraverso il suo contributo, la voce dell’Europa».
Quale effetto produrrà sugli Usa ReArm Europe, e lei cosa ne pensa?
«Che è un progetto ambizioso, di cui si parla sin dall’atto della fondazione dell’Europa, ma che non sarebbe una risposta immediata alla necessità di un consolidamento di una posizione utile alla ricomposizione della frattura tra gli stati dell’Unione europea e l’America. Tutto ciò deve passare semmai dal rafforzamento dell’idea che la Nato sia imprescindibile e la Meloni, in questo caso, farà di tutto per convincere Trump e il suo vice Vance, nonostante le difficoltà a tutti note, che la Nato sia sin dalla sua fondazione il vero elemento in grado di assicurare al mondo intero la pace».
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