Con la solita grancassa mediatica che accompagna i provvedimenti securitari il Parlamento ha, qualche mese fa, convertito il cosiddetto decreto Caivano (legge 159/2023). Il provvedimento governativo era stato licenziato con il significativo titolo “misure urgenti di contrasto al disagio giovanile, alla povertà educativa e alla criminalità minorile, nonché per la sicurezza dei minori in ambito digitale”. Quattro le direttrici, tutte repressive, della riforma: daspo urbano esteso al minore degli anni 18, che dunque può essere allontanato dal territorio del Comune con provvedimento del Questore; misure di prevenzione applicate ai minori per reati commessi attraverso i social network; ampliamento delle ipotesi per le quali è possibile la custodia cautelare nei confronti dell’indagato minorenne; nuovi limiti e ostatività per il percorso di messa alla prova.

L’iniziativa legislativa era nata sull’onda di una reazione emotiva a gravi fatti di cronaca che all’epoca coinvolsero minori, autori e vittime di reato. Quegli accadimenti hanno perso la loro centralità mediatica lasciando il posto ai pesanti effetti dell’applicazione dell’ennesima normativa emergenziale: sensibile aumento dei giovanissimi detenuti nei 17 IPM al punto che anche quel circuito carcerario oggi presenta il fenomeno del sovraffollamento di cui prima non aveva sofferto con il suo carico di tensioni e di dinamiche violente; la nuova legge, poi, consente l’immissione dei giovani detenuti, una volta raggiunta la maggiore età, nel circuito carcerario ordinario incidendo così in modo spesso irreparabile sulle loro giovani vite.

Altra conseguenza dell’applicazione delle nuove norme è la maggiore difficoltà alla ammissione ai percorsi alternativi che nel processo minorile servono a evitare l’impatto della pena sui giovani imputati, così da realizzare attraverso di essi la finalità rieducativa della sanzione. Ai danni arrecati da questo approccio legislativo hanno reagito associazioni come Antigone, da sempre impegnate nella difesa dei diritti anche dei giovani detenuti. L’Unione delle Camere Penali Italiane ha costituito uno specifico Osservatorio per garantire un focus continuo sulla giustizia minorile. La stessa giurisdizione dei minorenni ha evidenziato tutte le criticità delle nuove norme. L’Accademia ha sottolineato la contraddizione e l’inversione di rotta delle misure del decreto Caivano, cogliendone i profili di incompatibilità con le garanzie e gli obbiettivi costituzionali.

Non disperdere il peculiare patrimonio di esperienza della giustizia minorile e affermare una cultura giuridica che sappia al contempo misurarsi con il crescente disagio giovanile non rinunciando a regole e princìpi nel momento dell’accertamento penale, è ciò che si deve contrapporre ad una società non dialogante che mostra di saper esprimere solo risposte repressive.

PQM di questo si occupa in questo numero. Buona lettura.

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