Borgo Egnazia è tornato a essere la meta chic e lussuosa della Puglia, il G7 è finito e “i grandi della terra” sono tornati a casa. Tra i grandi c’è stato Papa Francesco. Il Pontefice ha parlato dell’intelligenza artificiale e dei pericoli di perdere la nostra umanità per lasciare spazio a una tecnologia sempre più vicina all’umano. Ritorniamo su questi temi con Monsignor Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia accademia per la vita e gran cancelliere del Pontificio istituto Giovanni Paolo II.

Monsignor Paglia, al G7 Papa Francesco ha detto che l’intelligenza artificiale uno “strumento affascinante e tremendo al tempo stesso”. Quindi, è uno strumento e da tale deve essere trattato? Lei che opinione ha?
«Come tutti gli strumenti, dipende certamente dall’uso che ne facciamo. Può servire per accrescere il bene comune, la condivisione delle informazioni, la salute (pensiamo alla chirurgia e alla diagnostica di altissima precisione che l’intelligenza artificiale consente). Oppure, al contrario, può venire utilizzata come strumento di controllo, di guerra. Papa Francesco è stato chiarissimo, venerdì, quando ha detto che “è urgente ripensare lo sviluppo e l’utilizzo di dispositivi come le cosiddette ‘armi letali autonome’ per bandirne l’uso, cominciando già da un impegno fattivo e concreto per introdurre un sempre maggiore e significativo controllo umano. Nessuna macchina dovrebbe mai scegliere se togliere la vita ad un essere umano”. Lei chiede la mia opinione. Ebbene, penso che siamo ad una svolta nella storia, con tecnologie che avanzano esponenzialmente. L’etica, il diritto e la politica devono tenere il passo, perché è l’umanità a condurre, non deve venire condotta».

È l’uomo che deve sempre decidere, non le macchine: è la sintesi del discorso del Papa. Quindi, un appello a rimanere umani?
«Non c’è alcun dubbio. Il Papa richiama tutti a pensare, a riflettere. Certamente va evitato il rischio di tecnologizzare l’umano. E, comunque, bisogna percorrere la via di ‘umanizzare’ le macchine. Ma attenzione, in questo caso dobbiamo essere avvertiti all’urgenza di “verificare” gli algoritmi in tutto il loro sviluppo. Tutto dipende dalle decisioni che sono a monte nella creazione degli algoritmi. Gli algoritmi sono un prodotto dell’ingegno umano, e in base a come li come li costruiamo agiscono in un modo o in un altro. Insomma, i programmatori – con la loro cultura, le loro decisioni, gli scopi che si prefiggono – decidono una strada o un’altra in cui gli algoritmi conducono. Non solo perciò gli algoritmi debbono essere finalizzati all’umano, ma anche verificabili in tutto il loro processo per poter comprendere su quale dimensione dell’umano. È l’uomo che decide, ma dobbiamo verificare che decida sul piano etico».

“L’intelligenza artificiale resti a servizio dell’uomo. Serve l’etica” ha spiegato il Pontefice. Di quale etica parlava in questo caso?
«Papa Francesco conosce da vicino il lavoro della Pontificia Accademia per la Vita. Nel 2020 abbiamo promosso la “Rome Call for AI Ethics”, una visione etica che si basa su tre princìpi: controllo sugli algoritmi cioè fin dall’inizio vanno costruiti per promuovere sviluppo e bene comune. Quindi mettere al centro l’aspetto educativo, di formazione e conoscenza soprattutto da parte delle giovani generazioni. Infine il controllo legislativo, per evitare abusi, come ha ben compreso il Parlamento Europeo che nei mesi scorsi ha varato l’AI Act. Noi della Pontificia Accademia per la Vita, con Papa Francesco, chiamiamo questo approccio “algoretica”, per contrastare la dittatura degli algoritmi, la “algocrazia”. L’algoritmo – come prima ho detto – non è mai neutrale, è un prodotto umano e come tale va trattato, migliorandolo, a favore di una civiltà più umana, più equa».

“Condanneremmo l’umanità a un futuro senza speranza se sottraessimo alle persone la capacità di decidere su loro stesse e sulla loro vita – è il monito finale del Papa – condannandole a dipendere dalle scelte delle macchine”. Un richiamo all’importanza del libero arbitrio e della centralità dell’uomo?
«La Chiesa ha una visione globale, universale, nella quale tutti sono inclusi. La Bibbia ci dice che Dio crea uomini e donne a sua immagine e somiglianza, dando loro la responsabilità di rendere il pianeta una casa comune.
Con la tecnologia possiamo fare grandi cose ma anche produrre grandi distruzioni. La famiglia dei popoli di oggi deve pensare con attenta responsabilità al suo futuro e a quello delle generazioni che verranno, per un pianeta che sia abitabile e non distrutto dai conflitti e dal cambiamento climatico. Un pianeta dove uomini e donne vivano insieme tutti e bene, perché le risorse ci sono. È la volontà politica che deve correre ben più velocemente. Bene ha fatto già l’Europa e bene il G7».
“È necessario che l’uomo non perda il controllo, si registra come uno smarrimento o quantomeno un’eclissi del senso dell’umano e un’apparente insignificanza del concetto di dignità umana Sembra che si stia perdendo il valore e il profondo significato di una delle categorie fondamentali dell’Occidente: la categoria di persona umana”. Come si arginano le macchine e come si salva l’umano?
«Il messaggio di Papa Francesco è stato chiaro, per chi ha la voglia di leggere per intero il suo discorso. La tecnologia è espressione di potere. E il potere può essere utilizzato per distruggere, dividere, dare di più a pochi, o per il benessere di tutti. L’Occidente certo ha un ruolo, che nasce dalle sue radici più profonde: il diritto romano, la sapienza della filosofia greca, la visione umanistica e personalista portata dal cristianesimo. La storia procede in avanti, la direzione è lo sviluppo di tutti noi. La visione che papa Francesco propone ai popoli e ai loro governi – e al cui interno si pone anche il tema dell’IA – viene delineata nelle due Encicliche Laudato Sì e Fratelli Tutti: un’unica casa, una sola famiglia, un’unica mensa, un unico domani. È la vera globalizzazione da costruire assieme».

Quella della Chiesa è una chiusura rispetto all’intelligenza artificiale?
«Tutt’altro. La Chiesa non è più ai tempi della dicotomia tra fede e scienza. Guardiamo alle scoperte scientifiche con straordinario interesse. Vorrei dire che questa volta – lasciamo un po’ d’orgoglio – la Chiesa è arrivata prima dei Governi. Le dico che, a mio modesto avviso, questo G7 è solo l’inizio. Dobbiamo lavorare perché si realizzi quanto prima una “Assemblea generale dei Governi del Pianeta” per le tecnologie emergenti e convergenti. Perché non sognarla a Roma?».

Avatar photo

Giornalista napoletana, classe 1992. Vive tra Napoli e Roma, si occupa di politica e giustizia con lo sguardo di chi crede che il garantismo sia il principio principe.