I primi provvedimenti di stampo giustizialista hanno deluso le aspettative di chi aveva salutato con favore la nomina del garantista Carlo Nordio a Ministro della Giustizia. A cominciare da chi, come Gian Domenico Caiazza, Avvocato e Presidente dell’Unione delle Camere Penali, crede che l’esordio di questo governo, sui temi della giustizia, sia “della peggiore tradizione securitaria”. In questa intervista all’Avanti! della domenica Caiazza afferma che “la nuova norma anti-rave party è il tipico riflesso del populismo penale: sull’onda di una notizia di cronaca che arriva all’opinione pubblica, si coglie l’occasione per dare un segnale che ne assecondi i malumori e le aspettative repressive”.

Il Presidente dell’Unione delle Camere Penali si augura che il Ministro Nordio possa ora dare un contributo concreto sulla base dei suoi valori liberali, superando le contraddizioni dei primi provvedimenti. Sugli atti concreti che il governo dovrebbe assumere per una giustizia più giusta, indica delle priorità: separazione delle carriere, abolizione dell’impugnazione delle sentenze da parte di Pubblici Ministeri, continuare a lavorare sulla riduzione dei tempi del processo penale, ritornare a una prescrizione pre-Bonafede.

Il primo Cdm a guida Meloni è intervenuto con decreto urgente sull’ergastolo ostativo, anticipando l’udienza della Consulta fissata tra pochi giorni. Lei cosa pensa di questo provvedimento del governo?
E’ un intervento che manifesta una ostilità nei confronti della sostanza della decisione della Corte Costituzionale perché adempie solo formalmente ai principi fissati nell’ ordinanza della Corte. Un intervento normativo che impedisce la fruizione di qualunque forma di misura alternativa alla pena perpetua in assenza di collaborazione e che introduce una serie di condizioni letteralmente impossibili, tali da conseguire il risultato opposto a quello sancito dalla Corte.


Quali sono queste condizioni?

Sono condizioni complesse, ma per dirne qualcuna, ad esempio non solo il detenuto ergastolano deve provare di avere interrotto ogni rapporto con la criminalità organizzata ma deve dare una prova incredibile, priva di senso, ad impatto futuro e cioè deve dimostrare che non potranno intervenire evoluzioni tali da ripristinare questo rapporto. E’ una probatio diabolica che la rende di fatto ineseguibile. Vedremo come si regolerà la Corte l’8 novembre prossimo, ma quello che preoccupa è il segnale di una ribellione del legislatore al giudice delle leggi: non piace talmente tanto il principio fissato dalla Corte che il primo atto compiuto dal nuovo sottosegretario di Fdi è stato il deposito della legge di riforma costituzionale dell’art 27 della Carta, cioè della finalità rieducativa della pena in senso restrittivo.

Il ricorso al decreto legge, giustificava le ragioni di necessità e urgenza oppure era preferibile un iter ordinario?
Il legislatore ha avuto un anno e mezzo per adempiere alle osservazioni della Corte ma di fatto non lo ha fatto e adesso ha indicato come necessità e urgenza la scadenza dell’udienza dell’8 novembre. Il Presidente della Repubblica non ha avuto obiezioni in proposito. Ne prendiamo atto.

La nomina di Carlo Nordio a Ministro della Giustizia era stata salutata con favore da molti, per il suo essere garantista. Il Ministro, in passato, si era anche espresso contro l’ergastolo ostativo e il “fine pena mai”. Ma i primi provvedimenti fanno pesare a un debutto più giustizialista…
Questo è un dato di fatto. L’esordio è nel senso della peggiore tradizione securitaria, anche su materie sulle quali il ministro si era chiaramente espresso in un passato anche molto recente: ad esempio, riferendosi all’ergastolo ostativo aveva parlato di obbrobrio incostituzionale. Quando si assume una responsabilità come quella alla quale è stato chiamato il Ministro Nordio, si va incontro a mediazioni e ci si trova spesso nelle condizioni in cui non tutti i propri convincimenti possono avere spazio.
Noi ci auguriamo che il Ministro possa superare questa evidente contraddizione e dare un contributo concreto sulla base dei suoi valori liberali, dei quali non dubitiamo, e che anzi erano ben noti a chi lo ha voluto fortemente come Ministro.


Norma anti-rave: la bocciatura di giuristi e costituzionalisti è totale. Era necessario prevedere un nuovo reato?
Ovviamente no. Questo è il tipico riflesso del populismo penale: sull’onda di una notizia di cronaca che arriva all’opinione pubblica, si coglie l’occasione per dare un segnale che ne assecondi i malumori e le aspettative più genericamente repressive. Si legifera sull’onda di notizie che poi si rivelano essere non-notizie, visto che il rave party si è concluso pacificamente, con ragionevolezza e fermezza da parte delle forze dell’ordine, e tutto è stato risolto senza che sia accaduto niente di eclatante. E’ sbagliato sollecitare e a fare propri gli istinti più grossolani della pubblica opinione, traducendo la risposta in una sanzione penale, in una nuova figura di reato. Anche su questo punto avevamo sentito il Ministro Nordio adottare, come prima parola d’ordine del suo mandato, la depenalizzazione. E invece si è introdotto un nuovo reato, insensato e pericoloso. Peggio così non si poteva cominciare.

Sovraffollamento delle carceri e cento suicidi l’anno di detenuti in prigione. Il Ministro Nordio e il presidente Meloni avevano dichiarato di voler porre rimedio. Da dove dovrebbe partire concretamente il governo?
Dal punto opposto rispetto a quello dal quale si sta muovendo. Il problema del carcere e del sovraffollamento si risolve decarcerizzando, che non significa “libera tutti”, “salva ladri” o questa somma di stupidaggini che vengono ogni volta citate a sproposito. Significa la ricerca di sanzioni ai comportamenti riprovevoli e  comportamenti devianti e alle responsabilità penali accertate per una fascia di reati meno gravi o di media gravità. E soprattutto la ricerca di forme alternative al carcere, per garantire un recupero effettivo anche ai fini della sicurezza sociale. Le statistiche ci dicono che le recidive criminali avvengono in una percentuale altissima per chi ha scontato l’intera pena in carcere, mentre invece si dimezzano per chi ha scontato pene alterative. Quindi si tratta di rendere queste pene ancora più sorvegliate, effettive ed efficaci. Bisogna perseguire questa strada, e invece qui continuiamo a  sentir dire “buttiamo la chiave”, mentre fioccano suicidi di detenuti per aver rubato una cuffietta di un telefono in un supermercato.

 La giustizia di quali priorità necessita per diventare più giusta?
Noi abbiamo indicato delle priorità in campagna elettorale ricevendo dei riscontri che consideriamo impegni presi pubblicamente: separazione delle carriere, abolizione dell’impugnazione delle sentenze da parte di Pubblici Ministeri, continuare a lavorare sulla riduzione dei tempi del processo penale, ritornare a una prescrizione pre-Bonafede perché la riforma della prescrizione, oltre ad essere inaccettabile in termini di principio, allunga i tempi del processo e non li accorcia: queste sono le priorità più significative rispetto alle quali c’è stato un impegno non solo di questa maggioranza ma in generale da più della metà del parlamento. Sono tutte riforme che si possono fare. Se ci confrontiamo su queste, invece che sui rave party, allora si può cominciare a sperare in qualcosa di buono.