"Contro di me tanti insulti perché “moglie di” e zero righe sulle mie battaglie politiche"
“Io, moglie di Fratoianni ma faccio politica da 25 anni: un errore rifiutare accordo con i 5 Stelle”, intervista a Elisabetta Piccolotti
Ha scritto Angela Azzaro sul Riformista: “In tanti si sono schierati contro la candidatura di Elisabetta Piccolotti alle prossime elezioni. La colpa? È la moglie di Nicola Fratoianni, leader di Sinistra italiana e frontman nella costruzione dell’alleanza elettorale con il Pd. Mai polemica fu più misera, sessista e fondata sulla misoginia”. A lei che è stata oggetto di questi attacchi, la risposta.
Chi è Elisabetta Piccolotti? Ho dovuto farmi questa domanda, ed è stato terribile. Sono stata cancellata e azzerata, come viene azzerata la realtà delle donne in ogni cultura patriarcale. Articoli e post che contestavano la mia candidatura non contenevano nemmeno una riga sulle mie posizioni, sulla mia esperienza, sui miei 24 anni di politica fuori dal Parlamento. Li leggevo e pensavo: che cosa mi stanno contestando? Mi stanno chiedendo di divorziare, di smettere di fare politica per fare la casalinga, o di limitarmi a dare volantini? A chi ti contesta di essere stata un pessimo Assessore alla Cultura puoi ribattere con argomenti, ma cosa puoi rispondere a chi ti contesta di essere la ‘moglie di..’? Ogni risposta riporta ad un terreno semantico sessista, l’unica strada è ribellarti e liberarti. Ed è stato straordinario vedere che a ribellarsi non sono stata l’unica, sui social, nel mio partito e nella mia comunità. Non sono stata lasciata sola, è il segno che il patriarcato non ha più il consenso delle donne e anche di tanti uomini.
Metà degli italiani sono fortemente indecisi se recarsi ai seggi il 25 settembre. Una parte si dice disgustata dalla politica. Un “disgusto” che sembra attecchire soprattutto nei giovani. Come se lo spiega?
Il disgusto dei giovani è comprensibile se si riflette sul totale fallimento delle politiche che li hanno riguardati negli ultimi vent’anni. Hanno pagato il prezzo di una modernizzazione senza modernità, basti pensare alla tragedia dei cambiamenti climatici, e di riforme e tagli la cui unica ratio era togliere a quelli che venivano dopo. L’Italia ha fallito sull’istruzione, è innegabile visto che siamo nella parte alta della classifica europea sull’abbandono scolastico e in fondo per numero di laureati. Stessa storia sul lavoro: un neolaureato tedesco nel 2018 poteva guadagnare circa 54.000 euro l’anno, in Italia non solo c’è un mare di precariato, ma si guadagna il 66% in meno. E ancora l’imbroglio della retorica del ‘merito’ e l’esplosione delle diseguaglianze. Non sento nessuno ammettere la verità: in Italia c’è chi parte avvantaggiato alla nascita. I figli delle famiglie benestanti e colte hanno accesso alla cultura, ai libri, ai viaggi di istruzione all’estero e a molti altri strumenti, mentre gli altri no, vivono nel deserto della povertà educativa. In questo modo chi viene da una famiglia con un reddito medio-basso è spesso un perdente in partenza. Il blocco dell’ascensore sociale è una vergogna rivelatrice, negli ultimi decenni a dettare le scelte è stato chi aveva un ricco conto in banca. A cosa servivano le grandi campagne mediatiche di molti editori contro la sinistra? A rimuovere l’ultimo ostacolo alla più spietata delle competizioni sociali. Se mi chiede perché faccio politica a sinistra da 24 anni le rispondo che è solo perché già giovanissima avevo compreso tutto questo. E a chi è giovane oggi dico: l’astensionismo è un favore a chi difende lo status quo, le cose cambiano solo quando si conquista il potere di cambiarle.
Guerra, fame, apartheid vaccinale, cambiamenti climatici che producano migrazioni di massa e disastri ambientali. Questioni epocali che sembrano non entrare, se non per polemiche interne, nel dibattito politico del belpaese. Un tempo era la sinistra a incarnare certi valori e battaglie. Perché questo rapporto con i giovani si è così lacerato e come cercare di ricucirlo?
Il dibattito politico dell’Italia è fortemente inquinato. Non c’è alcuna razionalità nella gerarchia dei temi proposti dai media e dalle destre liberiste o sovraniste. Siamo costretti a fronteggiare continue ondate emotive che occupano ogni spazio mediatico, fino allo shock seguente. Dalla casta ai migranti, da questi al Covid, poi è arrivata la guerra e da questa si è passati alle bollette: il problema è che ogni nuovo tema azzera quello precedente. In questo modo i cittadini non possono comprendere la complessità che lega insieme i problemi e non possono coltivare una visione alternativa, una cultura politica del cambiamento. È talmente forte il rifiuto di una politica della complessità che ormai ci accusano di ‘buonismo’ quando parliamo di diritti umani e migrazioni, di ‘catastrofismo’ quando parliamo dei cambiamenti climatici, di ‘putinismo’ quando ci battiamo per la pace. Insomma ho l’impressione che il problema non risieda in un disimpegno della sinistra da queste battaglie, ma quanto nell’impossibilità di far arrivare la nostra voce alla maggioranza. Per farlo serve una massa critica maggiore, una disposizione all’innovazione teorica e politica, un’apertura vera ai linguaggi e ai temi dei più giovani. La lista “Verdi e Sinistra” è il primo passo che abbiamo fatto in questa direzione, se i risultati elettorali ci daranno ragione ne faremo tanti altri. Molti giovani l’hanno capito, tanto che nei sondaggi siamo molto più alti tra le giovani generazioni di quanto non sia tra i più anziani. Finalmente è finita l’epoca in cui essere ecologisti e di sinistra era da ‘sfigati’, nel mondo le forze politiche e le figure che si battono insieme a noi per la giustizia sociale e climatica sono attrattive, come dimostrano Ocasio Cortez e Sanders, Melenchon, l’esperienza di Podemos e Syriza, il Sud America di Boric e di tanti altri.
Calenda che prima firma e poi rompe il patto elettorale con Letta. Il segretario del Pd che gli dà del traditore, il leader di Azione che grida: vergogna. Nel centrosinistra sembra un continuo scontro tra ego ipertrofici. Il gioco di squadra sembra bandito…
Il 26 settembre il centro-sinistra dovrà aprire una grande riflessione su quanto è accaduto in queste settimane. Rifiutare la possibilità di un accordo coi 5 Stelle è stato un errore di Letta, accompagnato da uno speculare errore di Conte. Calenda ne ha approfittato per lanciare un’opa conservatrice e liberista sul campo democratico, ma non è riuscito a portarla a termine grazie anche all’intelligenza di Sinistra italiana e Europa verde. Abbiamo ottenuto che non si chiudesse definitivamente la porta su un potenziale governo progressista in futuro, ma il problema politico di fondo non è risolto. Credo che gli elettori e le elettrici abbiano una straordinaria opportunità di dire la propria nelle urne su questi problemi. Il voto ad una lista come la nostra può spingere contemporaneamente in tre direzioni: indebolire il progetto trumpiano e neo-conservatore di Meloni, fermare la manovra centrista che vorrebbe l’Italia oggetto di un perpetuo commissariamento tecnico (con Draghi o con un altro non fa differenza), eleggere parlamentari che lavoreranno con coerenza per dare al paese un governo che si occupi con una qualche efficacia di questione sociale e emergenza climatica. Gli elettori hanno l’opportunità di dimostrare che non si vince al centro, come lo dimostrarono al tempo di Vendola e dei sindaci arancioni. Quella stagione fu in termini generali la più promettente degli ultimi decenni, vale la pena continuare a rifletterci.
Cosa teme di più della destra che si candida a governare l’Italia?
La destra di Giorgia Meloni non è un progetto populista come ne abbiamo visti tanti. Non parlano di tsunami, di ramazza, di rottamazione della classe dirigente esistente. Sono una destra tutta ordine, disciplina, illiberalità e manganello. Insistono su un frame completamente diverso: nell’Italia spaventata dal disordine del mondo stravolto dalla guerra, da un capitalismo rapace e dal surriscaldamento globale, propongono un principio d’ordine sostanzialmente autoritario e classista. I poveri, i migranti, i giovani che pretendono tempo libero e paghe adeguate, le donne libere e le persone con una identità gender fluid e i diversi in generale sono da considerarsi categorie da rimuovere, persone da rimettere nel posto che una cultura tradizionale e paternalista riservava loro in passato. Non possiamo considerarlo un progetto debole e arraffazzonato, anche perché da Orban a Vox fino alla destra americana ha una potente internazionale nera a sostenerlo. Leggerei in quest’ottica anche le ultime scelte di Meloni sui temi della politica estera e della guerra in Ucraina: si vuole accreditare affinché la lascino governare davvero. E noi dobbiamo fare di tutto perché questo non succeda. Non voglio lasciare a mio figlio un paese in cui non potrà mai sentirsi libero fino in fondo.
Da donna a donna: cosa pensa di Giorgia Meloni?
Penso che non possiamo sottovalutarla, come mai vanno sottovalutate le donne. Ha convinzioni ideologiche così radicate da costituire un ostacolo insormontabile al riconoscimento delle ragioni altrui. Immaginarla al governo significa immaginare un paese ad una sola dimensione, massificante e omologante. Per questo dal mio punto di vista è la rappresentante di una destra molto più pericolosa di quella fondata sul trasversalismo comunicativo di Salvini o sull’individualismo competitivo di Berlusconi. Ho sentito Conte affermare che Meloni non è adeguata al governo: un po’ poco, non le pare? E vedo che Renzi e Calenda non la considerano in grado di nuocere davvero al paese. In tutta franchezza credo che stiano sbagliando di grosso.
© Riproduzione riservata







