Luca Palamara rilegge il caso della loggia Ungheria e il comportamento di Piercamillo Davigo e lamenta. “Non mi piace – ha detto di quest’ultimo in un’intervista a Il Foglio – a differenza di ciò che è stato fatto sul mio nome, sparare sulla Croce Rossa”. Davigo non è indagato. Palamara è stato radiato dall’ordine giudiziario dopo un’indagine sul suo ruolo, da membro togato del Consiglio Superiore della Magistratura, all’interno del sistema delle correnti della magistratura. Ed è sotto processo. Il suo caso è stato un terremoto. Ha preceduto quello della loggia Ungheria, un altro terremoto. Nessuna scossa di assestamento all’orizzonte, pare si vada per le lunghe, nel pasticcio delle toghe.

“Indubbiamente noto un parallelismo – ha osservato Palamara sul suo caso e quello di Davigo – In entrambi i casi un pm si rivolge a un magistrato cercando un riferimento per uno scambio di idee, in un caso a me che ero collega di ufficio ed ex membro del Csm”. Quando il pm Fava si rivolse a Palamara sulla vicenda dell’avvocato e faccendiere Piero Amara, lo stesso che interrogato parlerà della loggia Ungheria, perché il pm era entrato in conflitto con la Procura di Roma proprio sulla gestione dell’avvocato siciliano, Palamara consigliò a Fava di adire le vie formali. Quelle previste dalle circolari del Csm. Quando il giudice Paolo Storari, che aveva interrogato a Milano Amara, e che riteneva sbagliata l’inerzia della Procura retta da Francesco Greco su quelle rivelazioni, consegnò quei verbali in formato word a Davig; e quest’ultimo, allora membro del Csm ne condivise con diverse personalità i contenuti, mai formalmente. Quando Davigo ha detto di averlo fatto per preservare la segretezza della faccenda è stato aspramente criticato. L’ex Procuratore Aggiunto di Milano Alfredo Robledo lo ha soprannominato “Pieranguillo”.

I verbali poi sono trapelati. Inviati ai quotidiani La Repubblica e Il Fatto Quotidiano e al membro del Csm Nino Di Matteo. Forse inoltrati dall’ex segretaria di Davigo Marcella Contrafatto, indagata. Sebastiano Ardita, il magistrato e membro del Csm tra i nomi citati come appartenenti alla fantomatica loggia, ha detto di stentare a credere alla versione secondo la quale sia stata Contrafatto a spedire quei verbali. Ardita, ex sodale di Davigo, entrambi membri della corrente Autonomia&Indipendenza, hanno rotto, litigato senza appello, proprio mentre esplodeva il caso Palamara. Non si capisce ancora bene il motivo. “Ho tutto l’interesse a comprendere cosa sia accaduto”, ha osservato Palamara.

Che è indagato per rivelazione di segreto con l’ex Procuratore Generale della Cassazione, Riccardo Fuzio, che gli svelò l’esposto di Fava contro l’ex Procuratore Generale di Roma Giuseppe Pignatone. Davigo ha invece riferito di quei verbali di Amara al senatore e Presidente della Commissione Antimafia Nicola Morra, del Movimento 5 Stelle. Al Csm, nella “tromba delle scale”, come se avesse paura che qualcuno li stesse ascoltando. E quindi Palamara osserva che “senza ombra di dubbio” il trattamento dei due casi è stato diverso. “Io sono certo di poter chiarire, anche in sede di udienza preliminare, i fatti e gli addebiti che mi vengono contestati. E sono certo che anche gli altri verranno valutati dalle autorità competenti: occorre uniformità di giudizio”.

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Giornalista professionista. Ha frequentato studiato e si è laureato in lingue. Ha frequentato la Scuola di Giornalismo di Napoli del Suor Orsola Benincasa. Ha collaborato con l’agenzia di stampa AdnKronos. Ha scritto di sport, cultura, spettacoli.