Sia in giugno che ora in luglio la BCE ha deciso di alzare i tassi di interesse da essa controllati di 25 punti base, cioè dello 0,25%. Entrambe le decisioni erano largamente attese da parte degli economisti e degli operatori sui mercati finanziari.

Tuttavia, a differenza di giugno Christine Lagarde ha detto parole da colomba o semi-colomba riguardo alla possibilità di non alzare i tassi a settembre, pur escludendo esplicitamente l’ipotesi di abbassarli. In termini generali, non è soltanto rilevante la decisione per se stessa che la banca centrale prende intorno ai tassi di interesse in suo controllo, ma anche le spiegazioni aggiuntive date dal suo presidente nel comunicato stampa e poco dopo nella conferenza stampa, talora in risposta alle domande dei giornalisti presenti. L’aspetto cruciale delle dichiarazioni è che -oltre a spiegare la decisione presa- il presidente della BCE può altresì fornire dettagli sulle decisioni future, e sugli eventuali elementi aggiuntivi che possano influenzare il corso di queste azioni future.

Si tratta del famoso approccio di “forward guidance” (guida in avanti), il quale è utile perché -nella misura in cui le parole del suo presidente sono credute e ritenute credibili da imprese, cittadini, investitori e altri soggetti finanziari, risulta più facile per la BCE influenzare anche i tassi a lungo termine. Essi infatti sono una media tra i tassi a breve termine attuali (manovrati direttamente dalla BCE, come si diceva sopra) e i tassi di interesse a breve futuri, così come previsti dai diversi agenti economici e finanziari. Ecco perché le attese di costoro, a loro volta influenzate da ciò che il banchiere centrale dice (o non dice), sono un ingrediente necessario nel processo che determina il costo del denaro a lungo termine, dove il lungo termine è l’orizzonte temporale più rilevante per le decisioni di investimento delle imprese e di prestito da parte delle banche.

Tornando all’attualità dell’ultima conferenza stampa, qui si apre per l’appunto la strada alla possibilità che i tassi di interesse manovrati dalla BCE smettano di salire, se è vero che – come spiegato da Christine Lagarde – l’inflazione tenderà a scendere in maniera continuativa e i rischi di recessione diventeranno più corposi.

Pur apprezzando l’approccio da falco quasi pentito da parte di Christine Lagarde, restano a mio parere i dubbi relativi al rischio di una lentezza dalla BCE nell’allentare il costo del denaro, come fu lenta insieme alla FED nell’alzarlo due anni fa. Una doppia lentezza non fa una velocità di reazione appropriata.

Riccardo Puglisi

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