C’è un paese nei Balcani che è meraviglioso ma purtroppo avanza troppo lentamente nel processo di integrazione europea: la Bosnia ed Erzegovina. In queste ultime settimane però, anche e soprattutto grazie alla spinta dell’Unione europea, il Parlamento bosniaco ha cominciato a discutere seriamente delle riforme da intraprendere. Esso è composto da due camere: dalla Camera dei popoli, con 15 delegati,10 dei quali (5 bosniaci e 5 croati) eletti con mandato quadriennale dalla Camera dei Rappresentanti della Federazione e 5 serbi scelti dall’Assemblea Nazionale della Repubblica srpska; e dalla Camera dei rappresentanti, con 42 seggi dei quali 28 eletti nella Federazione croato-musulmana e 14 nella Repubblica srpska di Bosnia, eletti con voto popolare per quattro anni.

A gennaio, la presidente della Commissione europea Ursula Von der Leyen, insieme al primo ministro olandese Mark Rutte e il primo ministro croato, Andrej Plenkovic, è stata a Sarajevo per una serie di incontri proprio sul tema delle riforme. Infatti, i tre politici europei hanno sottolineato come la Bosnia ed Erzegovina perderà la chance di avviare i negoziati di adesione all’UE se non adotterà le leggi richieste dall’UE entro le prossime sei settimane. La deadline fissata per il 25 marzo – quando la Commissione europea rilascerà un report per constatare i miglioramenti (peggioramenti, o anche lo status quo) delle riforme. Se ci sarà un evidente miglioramento, la Bosnia ed Erzegovina potrà ufficialmente aprire i negoziati. L’apertura servirebbe soprattutto a ridare speranza a una popolazione stufa e stanca, sia di dover ancora aspettare l’UE, sia di avere i politici che ha.

Di quali riforme si tratta, nel concreto? Momentaneamente, secondo la Commissione europea, su 14 priorità chiave per l’adesione all’UE, solo due sono state soddisfatte. Tra i compiti chiave fino a marzo ci sono le aree della lotta alla corruzione e dell’integrità elettorale, nonché le leggi prioritarie (per quanto riguarda i servizi statali, è il programma per l’integrazione della BiH nell’UE, un documento di pianificazione e strategico che i servizi statali dovrebbero fare. Per quanto riguarda la politica, è la legge sulla prevenzione dei conflitti di interesse a livello statale, la legge sui tribunali, sulla firma elettronica).
Sono stati compiuti progressi in relazione agli emendamenti alla legge elettorale e alla legge sulla Corte costituzionale della BiH (ancora in discussione al Parlamento); ma queste sono quelle più ostiche, poiché riguardano il sistema stesso del paese e la ripartizione in gruppi etnici. Ciò che i croati vogliono non trova l’accordo dei bosgnacchi o dei serbi e viceversa.

Riguardo alla legge elettorale, va fatto un accenno ai cambiamenti necessari, benché si tratti di un argomento relativamente tecnico. La parte federale della coalizione statale – Troika e HDZ BiH è riuscita a preparare una nuova proposta di modifica della legge elettorale. Guardando i primi dettagli della proposta, i cambiamenti potrebbero essere sostanziali.
Secondo l’HDZ BiH, il partito croato, questa proposta assicura ulteriori condizioni che devono essere soddisfatte per essere sicuri che il popolo croato abbia eletto un membro croato della Presidenza, e non che il membro croato della Presidenza sia eletto dai voti di un altro popolo costitutivo (e pertanto non del HDZ). I croati dell’HDZ, nel nome della “rappresentanza legittima”, sostengono che sia necessario istituire delle circoscrizioni elettorali nelle contee in cui vivono i croati, in modo da avere più sicurezza nel’elezione del loro membro della Presidenza”, spiega infatti Darijana Filipović, vicepresidente dell’HDZ e della BiH. Tuttavia, questo significherebbe un’ulteriore etnicizzazione nella rappresentanza politica e non considera il considerevole numero di croati che vivono, non concentrati in pochi posti, nella Bosnia centrale o settentrionale.

D’altra parte, la Troika insiste sull’attuazione delle sentenze vincolanti della Corte costituzionale e della Corte di Strasburgo. Sentenze che hanno stabilito che il sistema di ripartizione etnica è estremamente discriminatorio in quanto limita la scelta dei cittadini.
Ci troviamo quindi di fronte a un vero e proprio dilemma – che potrà essere risolto definitivamente solo quando avrà luogo una riforma costituzionale. Ma per una riforma di tale portata serve un consenso forte, che al momento non esiste.
La maggior parte delle riforme essenziali sono pertanto bloccate o decise solo a metà. La Bosnia ed Erzegovina avrebbe bisogno di una vera spinta, data dai cittadini ma anche dai politici. Purtroppo, il paese è sostanzialmente fermo, con politici che mettono al primo posto i propri interessi personali (ed economici). Pertanto i cittadini votano sempre più spesso con i piedi decidendo di emigrare in Germania o in altri Stati dell’UE (soprattutto i giovani, ma ora anche sempre più famiglie).

Quale potrebbe essere la soluzione? La spinta politica dall’avvio ufficiale dei negoziati potrebbe portare un po’di speranza e sostenere una nuova ripartenza. Ma quanto questa spinta potrà durare e sarà sufficiente per adottare e attuare le riforme necessarie, che alla fine servono per il benessere dei cittadini.
Di fronte a questa situazione intricata, la Bosnia ed Erzegovina avrebbe bisogno di un messaggio forte e chiaro: quello di far parte dell‘Unione europea. E nonostante la fatica, le mancanze, e le difficoltà, sarebbe quindi ora di accogliere questo paese da subito nella nostra famiglia, aiutandolo a superare gli ostacoli che, in parte almeno, ha imposto la Comunità internazionale, ormai ventisei anni fa, per fermare la guerra. Ostacoli che avrebbero dovuto essere solo temporanei, ma che si sono rivelati duraturi. E proprio per questo abbiamo il dovere, come Unione europea, di aiutare la Bosnia ed Erzegovina ad entrare nella UE.

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Nata a Trento, laureata in Scienze Politiche all’Universitá di Innsbruck, ho due master in Studi Europei (Freie Universität Berlin e College of Europe Natolin) con una specializzazione in Storia europea e una tesi di laurea sui crimini di guerra ed elaborazione del passato in Germania e in Bosnia ed Erzegovina. Sono appassionata dei Balcani e della Bosnia ed Erzegovina in particolare, dove ho vissuto sei mesi e anche imparato il bosniaco.