Ci risiamo. Bipolarismo a tutti i costi, e fa nulla se le coalizioni fanno acqua, e il bipolarismo in un batter d’occhio diventa bi-populismo. È la solita cantilena italiana vecchia di 30 anni. La tentazione di disboscare le idee complesse. Di qua o di là, come se gli elettori fossero eterni tifosi, o meglio ragazzini con il pollicione all’insù o all’ingiù. Come se un voto politico fosse un like su Facebook. Il pretesto per rilanciare uno schema che in Italia non ha mai funzionato, avviene proprio nel momento in cui non funziona più neppure in Europa.

In paesi come Francia e Germania, il problema è proprio quello di rianimare il riformismo, sin dal dopoguerra linfa del progresso sociale. Da noi, in più, si assiste ad una strana illusione ottica: si invoca il bipolarismo quando in realtà il voto alle europee è stato più che mai variegato e proporzionale. Ha premiato le due first lady di destra e sinistra ma anche espresso mille sfumature di idee politiche differenti. L’area liberal-riformista ha pagato un prezzo alla sua divisione, ma ha comunque proposto un progressismo saldamente garantista, occidentale e non rinchiuso negli schemi dello statalismo dei bonus.

L’asse massimalista che ha prevalso a sinistra può festeggiare i numeri di oggi ma avrà enormi diffi coltà a disegnare il progetto politico del domani. Arduo pensare che si possa trasformare in governo una piazza vociante che reclama più spesa pubblica e pacifismo di marca putiniana, che si bea di slogan sul fascismo e sull’autonomia della magistratura perennemente a rischio. Il politicamente corretto è un alibi, non una politica. Nella maggioranza, i tre partiti restano appartenenti a tre diversi gruppi politici europei. Giorgia Meloni è stata abile nel mantenere ferma la barra europea e atlantica.

Ma i voti che hanno rafforzato Forza Italia esprimono una domanda di smarcamento da avventurismi neutralisti, forzature tipo autonomia differenziata o visioni modello generale Vannacci. L’Italia è ancora un personaggio in cerca d’autore. Milioni di elettori attendono un’offerta politica riformista con molte idee e poche primedonne. Lo dimostrano i voti alle liste di Stati Uniti d’Europa e Azione, ma anche il trionfo di candidati come Antonio Decaro, uno che è stato pochissimo a blaterare di politica nei salotti e moltissimo a portare la politica nella strada.

Sergio Talamo

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