“Il carcere come azienda ha fallito”. Ne è convinto Samuele Ciambriello, Garante dei detenuti della Campania. Quotidianamente visita le carceri della regione, parla con i detenuti e le loro famiglie e con il personale penitenziario e fa un quadro della situazione. “Il primo dato che emerge con forza è quello del sovraffollamento – dice – celle da 2 diventano da 4, da 3 diventano da 6 e in alcuni casi anche da 9 con i letti a castello.

A una persona che sbaglia deve essere tolto il diritto alla libertà, non alla dignità”. Ciambriello riporta una situazione allarmante con celle senza doccia, spazi troppo stretti con il cucinino troppo vicino al bagno. “A Carinola il bagno è a vista – dice – Lì erano sezioni per il 41bis, c’erano i terroristi e l’alta sicurezza, quindi dall’esterno bisognava poter vedere il detenuto anche quando andava in bagno ma non penso sia una questione di sicurezza”.

Poi c’è la questione della sanità. Interminabili liste d’attesa per visite specialistiche e operazioni chirurgiche e mancano i farmaci. “Non ci sono nemmeno psicologi e psichiatri – denuncia Ciambriello – Eppure questa popolazione che si aggira intorno alle 7.870 unità ha problemi psicologici e psichiatrici. Sono persone che magari già in ingresso avevano il sostegno del Dipartimento di Salute Mentale, ma in carcere gli viene negato”. Eppure i detenuti con disagio psichico ci sono. Tra il 2015 e il 2016 sono infatti stati chiusi gli ospedali psichiatrici di Aversa e Secondigliano dove c’erano più di 400 persone ristrette. “C’è questa innovazione delle R.E.M.S. residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza in un sistema più sanitario – continua il garante dei detenuti – ma sono appena 50 i posti. Dove sono finiti gli altri 350? Mentre stiamo parlando nelle carceri campane ci sono almeno 13 detenuti che dovrebbero stare in una R.E.M.S. e poiché non ci sono posti devono stare in carcere ”.

Ciambriello racconta che la metà dei detenuti in Campania sono in attesa di giudizio e molti di questi escono innocenti senza aver fatto nemmeno il processo di primo grado. “Negli ultimi 15 anni 16.000 italiani hanno ricevuto un risarcimento in denaro per ingiusta detenzione, l’anno scorso tra Napoli e provincia è successo a 410 persone”. Molti di loro, una volta tornati in libertà, non vogliono più avere a che fare con la giustizia e i risarcimenti non li chiedono nemmeno. “I reati gravissimi in Italia tra 61.000 detenuti sono appena 5.100, sono quelli che stanno dentro per reati connessi alla malavita organizzata, omicidio e altro. In Campania non arrivano nemmeno a 1.000. A uno che è condannato a un anno di carcere perché non assegnare una pena alternativa? Invece no, lo mandiamo in carcere, ‘l’università del crimine’ dove ci costa 159 euro al giorno”.

Il problema del sovraffollamento non insiste solo sulla Campania ma su tutta Italia che è in cima alla classifica europea per il sovraffollamento. In Campania c’è il 127% di detenuti in più, solo a Poggioreale che ha una capienza stimata di 1.633 posti, c’è una presenza di 2.364 detenuti. Da anni si parla di costruire un nuovo carcere, ristrutturare padiglioni, sono arrivati anche fondi dal ministero per le infrastrutture, ma i lavori non iniziano mai. “Un anno e mezzo fa una società francese ha vinto la possibilità di costruire un nuovo carcere a Nola – dice Ciambriello – Un architetto ha anche mostrato un progetto su come dovrebbe essere, ma poi nessuno ci ha messo mano. Tre anni fa il ministro per le infrastrutture Delrio ha passato 12 milioni di euro al provveditorato regionale per le opere pubbliche per far abbattere e rimodernare 4 padiglioni di Poggioreale, ma di questi soldi non è stato speso un euro. C’è forse una volontà politica a creare dei casi, delle rivolte, dei mostri?”.

A tutte queste problematiche si affianca anche la carenza di personale. Ciambriello dice che in tutta la Campania ci sono 69 educatori e 15 psicologi che non bastano per seguire adeguatamente tutta la popolazione carceraria. “Da qui i casi di autolesionismo, sciopero della fame, l’anno scorso 11 suicidi, 77 tentativi di suicidio. Quest’anno già siamo a 6 suicidi di cui 3 a Poggioreale, poi ad Aversa, Secondigliano e nel carcere di Benevento”. A questo si aggiunge che nel 78% dei casi chi esce dal carcere ci torna reiterando i reati. “Si salva solo chi in carcere incontra un cappellano, un educatore o un buon corso di formazione che gli può dare un futuro. Lo studio e la cultura liberano”. Lo testimonia il successo di iscrizioni, più di 60, al polo universitario che la Federico II ha aperto a Secondigliano.

La drammatica situazione delle carceri campane riguarda per lo più quelli maschili. Per le donne e i minori la situazione è un po’ diversa. Sono circa 400 le donne recluse. “A Pozzuoli ci sono celle da 10 o 12 persone con un solo bagno. Poi c’è la massima sicurezza a Santa Maria Capua Vetere e sezioni femminili a Benevento, Avellino e Salerno dove l’anno scorso c’è stato il primo caso di una donna che si è suicidata. Diciamo che queste donne sono lì in sostituzione di uomini. La recidiva per loro non arriva nemmeno al 20%. Questo perché vivono di più la responsabilità genitoriale e affettiva con i figli e probabilmente se si è fatta fregare una volta non lo farà più. Sui minori il dato è un po’ più allarmante. Tra Nisida e Airola non arriviamo a 80 persone. Il problema è un altro: fuori da queste carceri c’è scritto ‘Istituto penale per minorenni’, ma tra le due strutture si contano sulle dita quelli che hanno tra i 14 e i 18 anni”.

Fino a 25 anni è possibile scontare in una struttura minorile la pena per un reato commesso da minorenne. E così i 2/3 della popolazione carceraria minorile ha più di 18 anni. Per i minori Ciambriello auspica che si crei una progettualità per seguire i minori a rischio e prevenire il fatto che commettano i reati. Poi c’è bisogno anche di seguirli dopo la misura detentiva per evitare che in carcere ci tornino. E si scaglia contro quei politici che affermano che “bisogna gettare la chiave”. “L’anagramma di carcere è ‘cercare’. I politici che fanno queste affermazioni dovrebbero essere denunciati con un’aggravante. Dobbiamo tutti rispettare la Costituzione”.

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Giornalista professionista e videomaker, ha iniziato nel 2006 a scrivere su varie testate nazionali e locali occupandosi di cronaca, cultura e tecnologia. Ha frequentato la Scuola di Giornalismo di Napoli del Suor Orsola Benincasa. Orgogliosamente napoletana, si occupa per lo più video e videoreportage. È autrice anche di documentari tra cui “Lo Sfizzicariello – storie di riscatto dal disagio mentale”, menzione speciale al Napoli Film Festival.