Martedì scorso, a quasi due anni di distanza dall’oro olimpico, Gianmarco Tamberi ha regalato all’Italia la prima medaglia d’oro ai mondiali di atletica di Budapest. Ha chiuso così, secondo italiano nella storia dopo Cova, il suo triplete: Olimpiadi, Europei, Mondiali. In ScuolaZoo abbiamo avuto la fortuna di ospitare Gimbo nel 2019 a un nostro weekend RIS, un weekend di formazione e ispirazione per i migliori Rappresentanti di Istituto, cioè quei ragazzi che, mossi da spirito imprenditoriale e voglia di cambiamento, si candidano a rappresentanti di istituto della propria scuola con liste senza alcuna appartenenza politica, e provano a cambiarla e renderla migliore per studenti e non.

Ogni anno i migliori si incontrano in tre fine settimana, in cui discutere, condividere, formarsi e trarre ispirazione da ospiti e nomi dello sport, dello spettacolo, della scienza e dell’attualità italiana. Tra questi, appunto, Tamberi è stato uno dei più apprezzati. Era il 2019, il covid doveva ancora arrivare e nelle gambe di ogni atleta c’era la preparazione alle Olimpiadi di Tokyo del 2020, poi rinviate nel 2021 per la pandemia. Quelle dovevano essere le Olimpiadi del riscatto per Gimbo: nel 2016, infatti, a pochi giorni dai Giochi Olimpici di Rio, cui arrivava da favoritissimo, si infortunò gravemente alla caviglia. La partecipazione svanì, così come la sua possibilità di affermarsi davanti a tutto il mondo come il numero uno della sua specialità, come quello che dopo quasi trent’anni avrebbe potuto far cadere il primato mondiale di Sotomayor, come la sua definitiva consacrazione. Nel 2019 quindi le pressioni su di lui iniziavano ad essere alte: al rientro dall’infortunio aveva avuto qualche difficoltà, ma aveva poi cominciato a saltare misure importanti proprio in quell’anno e sarebbe arrivato in Giappone non come favorito numero uno, ma sicuramente come uno su cui puntare.

In quel weekend, davanti a ragazzi in silenzio come poche altre volte, raccontò con estrema naturalezza e con la semplicità che abbiamo visto anche nei festeggiamenti in pista l’altro ieri, come fosse riuscito a uscire da quel grave infortunio che aveva rischiato di mettere la parola fine alla sua carriera. “Quando sei a terra, avere un sogno dentro ti fa avere voglia di reagire, di metterci tutto te stesso per tornare a riprovarci” raccontò: l’importanza del sogno, dell’obiettivo, della chiarezza di sapere dove stai andando, perché lo stai facendo, per cosa ti senti davvero ambizioso. L’importanza di trovare le forze, fuori ma soprattutto dentro, per non scoraggiarsi davanti a una difficoltà o a un ostacolo, grande che sia, e di riprovarci ancora. Parole che arrivarono dritte alla testa dei ragazzi, spesso spaesati o con le idee confuse sul loro posto nel mondo (come è normale per un adolescente). Fu poi un susseguirsi di domande sulla sua preparazione, sul Tamberi atleta ma soprattutto sul Gianmarco persona: domande cui rispose sempre, senza mai nascondersi e senza mai risultare spocchioso, ma sempre sicuro di sé.

E anche martedì Gimbo ha regalato qualche momento di ispirazione per i ragazzi. Per prima cosa ha ringraziato il padre: una cosa normale davanti ai più, ma se si pensa che il padre è stato la persona che l’ha iniziato all’atletica e suo allenatore fino a un anno fa poi silurato forse tanto normale non è. Già perché a un certo punto il rapporto si è rotto, ma martedì le prime parole sono state per lui: “E’ da tanto che non parlo con lui, ma io non ho certo imparato a saltare da solo. Questo oro è per lui”. L’importanza di prendersi carico di alcune decisioni e responsabilità davanti ad alcune scelte difficili, ma il riconoscimento per chi un aiuto l’ha dato: per lui, il suo padre allenatore, ma può essere il professore di fisica del liceo di un adolescente che magari domani farà il ricercatore al Cern, il mentor del primo impiego di un ragazzo che poi diventa amministratore delegato, chiunque.

Una menzione anche proprio per i ragazzi. Davanti ai microfoni ha infatti detto, riconoscendosi un ruolo che va oltre quello dell’agonista: “Mi fa molto piacere ispirare i giovani, spingere i ragazzi ad avvicinarsi ai campi di atletica: sono loro a darci la forza”. Sfido chiunque a trovare un altro atleta che in questi Mondiali o in altre competizioni abbia trovato il tempo, soprattutto dopo aver vinto un oro, per spendere due parole per i ragazzi, per fare un piccolo sponsor per il proprio sport, di certo non il più seguito in Italia, cogliendo l’occasione di un momento irripetibile senza parlare solo e soltanto di sé.

C’è un altro momento, prima di questi mondiali, che fa capire la caratura di Tamberi, capitano della squadra azzurra. È visibile su TikTok (la piattaforma più seguita dai nostri adolescenti), ed è un discorso tenuto davanti alla delegazione prima dell’inizio dei mondiali. Si fa accenno alle difficoltà con cui molti atleti sono arrivati a Budapest e ai problemi che ogni atleta rischia di trovare sul campo di gara: tutte scuse, tutte cose che in fin dei conti non contano nulla in quel momento. Tamberi sprona i propri colleghi a “non lasciarsi ingannare dalla paura di fallire”, trovando scuse che rispondono alla debolezza di ogni atleta in quel momento. L’invito è a pensare, ancora una volta, ai sacrifici fatti per essere lì, senza aver paura di niente ma consci e consapevoli delle proprie capacità. Gimbo entra così nel novero dei grandi campioni dello sport italiano, al pari di nomi come Roberto Baggio o Valentino Rossi: persone prima che agonisti, sportivi nel senso più profondo del termine, esempi per giovani (e non) e spot continui di dedizione, impegno, sacrificio sano e ambizione concreta.

Questi sono gli esempi di cui i ragazzi oggi avrebbero bisogno in maniera massiccia, e che spesso cercano senza trovarli. Storie di sacrificio, di difficoltà superate a testa alta, di responsabilità e riconoscimento, di mentorship e di formazione. Storie che ad oggi sono raccontate solo in occasione di una medaglia. Grazie Gimbo, per l’oro e per l’ispirazione che dai ad ogni ragazzo.