Si alimenta solo il sentimento dilagante dell'antipolitica
La norma anti-Renzi puzza di vendetta, un nuovo debito d’immagine della politica
Impedire ai parlamentari di ricevere incarichi pagati fuori dall’Unione europea è puro e becero populismo La norma fomenta avversione e sfiducia, spingendo gli italiani a guardare gli eletti sempre con il sospetto
Capisco che possa non piacere l’idea che un ex presidente del Consiglio – attualmente senatore e leader di un partito, per quanto piccolo – faccia un lavoro diverso da quello del parlamentare e abbia anche impegni diversi da quelli strettamente politici. Lo capisco perché la politica ha così tanti debiti d’immagine, chiamiamoli così, che può fare un brutto effetto vedere il nome di un politico legato a un’attività diversa dalla cura degli interessi dei cittadini.
Il debito d’immagine della politica
Quello che invece non capisco è come si possa solo concepire l’iniziativa di produrre una norma per colpire un singolo parlamentare, cioè Matteo Renzi. Mi sfugge perché, oltre la bieca soddisfazione che si può provare nell’infliggere un danno patrimoniale a un avversario, non riesco a vedere in questa norma alcuna utilità. Questo provvedimento, infatti, non cura gli interessi di nessuno: né del paese, e già basterebbe, né della parte politica che l’ha promossa. Anzi, chi ha voluto colpire Renzi finisce, a mio parere, per alimentare proprio quel debito d’immagine di cui parlavo sopra: un debito che cresce e s’accumula ogni volta che un’azione – come in questo caso – non persegue, esclusivamente e al di là di ogni equivoco, uno scopo di interesse collettivo.
La norma anti-Renzi
Questo debito, questo enorme danno di credibilità creato dalla politica contro sé stessa, ha già fatto danni incalcolabili nel nostro paese. E non è un caso che la cosiddetta “norma anti-Renzi” sia stata idealmente sostenuta anche fuori dalla maggioranza, e in particolare da chi ha fatto del populismo e della delegittimazione della politica la propria bandiera. Da questo punto di vista, l’approvazione della norma non può non essere vista come una sconfitta nei confronti di una incultura politica che vuole – e ci è riuscita – impiantare nelle coscienze degli italiani sentimenti di avversione, sfiducia e sospetto a ogni costo.
Se non è riuscito Silvio Berlusconi in tanti anni a far comprendere che un avversario non è un nemico, non credo di poterci riuscire io, qui, in poche righe. Quel che posso sottolineare, però, è che il problema è esattamente questo. Perché quello che si è consumato – nella fattispecie concreta ai danni di Renzi – è l’ennesimo atto sferrato contro tutti coloro che credono che la politica debba essere corretta, criticata e sempre migliorata ma non combattuta in quanto tale.
Renzi e gli errori del passato
Mi piacerebbe poter dire che Renzi sia solo vittima in questa vicenda e non anche parte del problema. Non sono qui, infatti, ad assumere una difesa di cui non ha bisogno. Tuttavia devo ricordare che anche l’ex premier, in passato, si è lasciato andare ad azioni di questo segno: non illiberali come quella che ha subìto adesso, certo, ma comunque ispirate a un pernicioso populismo. Ricordo bene – per esempio – quando, in pendenza del referendum confermativo sulle riforme costituzionali da lui promosse, fece girare per le città dei bus con questo messaggio: “Cara Italia, vuoi diminuire il numero dei politici?”. Ecco, quel “meno politici” è un messaggio che culturalmente ha molto a che vedere con la sciocca norma che è stata approvata ora ai danni del leader di Italia viva. Quella carezza alla rabbia degli italiani, quella coccola al sentimento dilagante dell’antipolitica, veniva – infatti – dalla stessa mano di chi ora giubila perché a un senatore non troppo simpatico è stata preclusa la possibilità di guadagnare milioni di euro in giro per il mondo.
Ma qui non si tratta di Renzi o dei suoi mille errori. Si tratta semplicemente di una norma sbagliata. E della necessità di iniziare finalmente a ripagare quel debito d’immagine che, colpendo la politica, rovina il paese.
© Riproduzione riservata