Sei Punte
La stessa richiesta dei 5 Stelle
La porcheria di Amnesty: chiede la liberazione degli ostaggi “civili” a Gaza, gli altri restino pure nei tunnel
Con un pizzico di megalomania cesarista – tanto più buffa quando il responsabile, come in questo caso, “se la crede” – il rapporto sul “genocidio” del popolo palestinese compilato da Amnesty International si chiude con un fascio di “raccomandazioni” rivolte rispettivamente alle parti in conflitto, allo Stato di Palestina, all’Onu, agli Stati terzi e alla Corte Penale Internazionale (a Gesù Cristo, per ora, non hanno impartito direttive).
Ebbene, dopo 300 pagine in cui addebita a Israele la guerra scatenata dai macellai di Hamas, a questi ultimi Amnesty International chiede la liberazione “degli ostaggi civili”. Non degli ostaggi, dunque, ma di quelli tra essi che Amnesty considera “civili”. Non dunque i ragazzi che – come tutti in Israele – fanno anni di servizio militare e possono essere chiamati a combattere. Non dunque le ragazze di cui i destinatari delle raccomandazioni di Amnesty hanno mostrato le immagini e i filmati, con le mani legate dietro alla schiena, i visi feriti e gli sguardi terrorizzati davanti al branco sghignazzante degli aguzzini.
Amnesty come i 5 Stelle
Una porcheria simile l’avevamo letta in vernacolo 5 Stelle, nella mozione parlamentare con cui il Movimento issato al potere dalle piazze del vaffanculo chiedeva, qualche mese fa, il riconoscimento dello Stato di Palestina. Anche in quel papello della giustizia dal fiume al mare si chiedeva che Hamas liberasse “gli ostaggi civili”, a sacrosanta manutenzione del diritto acquisito delle belve del 7 ottobre di rapire e tenere sequestrati gli uomini e le donne gravati dalla colpa di appartenere al popolo di Israele, cioè il popolo costretto alla coscrizione di tutto sé stesso per difendersi da chi lo vuole distruggere.
È la bella teoria che abbiamo visto sobbollire nelle fogne social e nei comizi Pro-Pal bardati d’arcobaleno, quando una ragazza tirata fuori dal bagagliaio di una jeep e rammostrata a mo’ di trofeo con i genitali sanguinanti era definita così, una soldatessa. Una che a tutto concedere non meritava, forse, di essere torturata, ma di cui era davvero esagerato lamentare il rapimento ed era davvero improprio chiedere la liberazione.
D’altra parte Amnesty, come ricordavamo su queste pagine l’altro giorno, ha una certa tradizione nella noncuranza per la sorte degli ostaggi. Amnesty era quella che mesi fa, anziché vergognarsene, piegare la schiena e chiedere scusa, rivendicava di aver “rimosso e deposto nel cestino” i volantini con le immagini degli ebrei sequestrati. Turbavano l’equanime decoro dei banchetti dedicati al cessate il fuoco. Chissà quante di quelle immagini finite nella spazzatura appartenevano a “civili”. Chissà quante a “soldati”. Chissà quante a persone – civili o no – cui i rapitori hanno sparato nella testa dopo averle torturate per mesi.
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