Inutile girarci intorno. Il governo sta togliendo ulteriori risorse alla sanità, e la finanziaria si profila ingenerosa per il settore. E questo non va bene, lo abbiamo visto chiaro in questi anni di pandemia che il buon funzionamento del SSN serve a proteggere la società, l’economia e lo sviluppo. Oltre alla salute.
Il Ssn è in forte crisi, con carenze strutturali diffuse, arretratezze gestionali e organizzative. Vige una finta gestione manageriale, dove in realtà “non si muove foglia che politica non voglia”. Il merito è mortificato e la burocrazia, nell’era dell’intelligenza artificiale, è oppressiva. Insomma abbiamo un sistema insalubre, che risulta spesso non in grado di garantire quel diritto alla salute dell’Art. 32 della Costituzione a cui i cittadini avrebbero diritto.

Il personale è penalizzato nella dotazione organica, nella qualità dello svolgimento delle attività professionale e nello sviluppo di carriera. Ed è bene saperlo che il personale è l’ultimo anello che ancora ci garantisce esiti clinici eccellenti, rispetto alla media europea, a fronte del notevole sottofinanziamento (spesa pro capite italiana al 2020 di euro 2.609, mentre la Germania spende 4.831, la Francia 3.807 e la media EU è di 3.159), degli organici ridotti all’osso, dei posti letto arrivati in Italia al 3,2 per mille mentre la media europea è di 5 e la Germania è al 7,8 (dati OCSE). Ma è bene sapere che anche questo ultimo anello sta cedendo. Chi lavora nel SSN è in forte sofferenza come dimostrato dal numero sempre più consistente di professionisti che abbandonano il SSN. Se non si pone immediato rimedio su questo l’involuzione del SSN sarà presto irreversibile. Eppure il Governo va contromano. Dopo essere stato vittima dei suoi (non solo suoi) pregiudizi ideologici che gli hanno incredibilmente impedito di prendere i 37 Mld del Mes sanitario, ora toglie risorse e destruttura ulteriormente il sistema. Insomma le ottusità dei populisti ora le pagano i cittadini.

Le roboanti promesse assunzioni sono svanite. Ad esempio i medici tra il 2019 e il 2021 sono aumentati di 175 unità su 102.491, cioè dello 0,17% (Min. Salute). Anche le speranze riposte sul PNRR il governo le sta mortificando con la recente rimodulazione del Recovery Plan dove si prevede il taglio di 414 Case di Comunità sulle 1350 previste (-30%), di 96 Ospedali di Comunità su 504, e 76 COT (centrali operative territoriali) su 600. In sostanza si compromette tutto l’assetto della nuova assistenza territoriale disegnata dal DM 77 e prevista dal PNRR. Inoltre, ancora peggio, gli investimenti (ridotti) sarebbero orientati a privilegiare la ristrutturazione di edifici e strutture già esistenti con minori esigenze attuative. Insomma significherebbe che le regioni e i territori che prima non avevano le strutture, con il PNRR continueranno a non averle. Con buona pace della famosa prossimità territoriale, obiettivo primo del PNRR.

Inutile sostenere, come fa il governo, che queste strutture saranno poi finanziate con i fondi dell’ex Art. 20 (Legge 67/1988) perché, come hanno osservato le Regioni, quei fondi non sono disponibili, sono già finalizzati all’ammodernamento delle strutture ospedaliere. Ma purtroppo anche le struttura territoriali che saranno realizzate non potranno ben funzionare perché manca l’adeguato finanziamento del personale necessario.
Si stima, dai dati del Min. Sal, che in base agli standard del DM 77 per la gestione delle Case di Comunità servirebbero circa 1,5 mld all’anno, il MEF ha previsto più o meno questa cifra, ma complessiva per 4 anni.
Analogamente per gli ospedali di comunità sarebbero necessari circa 320 Milioni all’anno e il MEF ha previsto poco più di questa cifra complessiva fino al 2026. Aggiungiamo infine i tagli al Ministero della Salute di 14,3 Mln totali fino al 2026 previsti dal DPCM del 18/08/2023. Tutto ciò delinea un quadro fosco per il futuro del SSN che va in ogni modo contrastato. Prima di tutto è necessario realizzare integralmente e senza ipocrisie quanto previsto e finanziato dal PNRR. Poi nella finanziaria il governo deve considerare la sanità come priorità assoluta, adeguare il suo finanziamento riportandolo ad una percentuale di PIL in linea con la media europea, con un occhio particolare al personale.
Infine, con l’impegno di tutti, dopo un quarto di secolo dall’ultima riforma sanitaria, è necessario rigenerare il sistema sanitario nazionale con una profonda e complessiva riforma, per sfruttare le innovazioni disponibili e rispondere adeguatamente alle moderne esigenze dei cittadini.

Nicola Preiti (medico)

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