Il caso
La statua a Milano troppo audace, la maternità diventa scomoda con ‘la donna che allatta a seno scoperto’. Non in piazza Duse
Prima la bocciatura perché “la scultura rappresenta valori rispettabili ma non universalmente condivisibili”. Poi la retromarcia del sindaco Beppe Sala: “Chiederò alla commissione di riesaminare la questione perché non penso che urti alcuna sensibilità”.

A Milano si accende la polemica per una statua che, secondo alcuni, urta la sensibilità. L’opera rappresenta una donna a seno scoperto che allatta un neonato ed è stata Realizzata da un’artista scomparsa, Vera Omodeo. I figli a novembre avevano chiesto al Comune la collocazione in piazza Duse a due passi da Porta Venezia, apriti cielo.
La statua troppo audace: il tema della maternità diventa scomodo
La decisione e valutazione snche in termini di sensibilità sociale è stata presa da una “commissione di esperti di opere d’arte per la valutazione di proposte di collocazione di manufatti artistici negli spazi pubblici2 nata nel 2015 con l’allora sindaco Giuliano Pisapia e formata da tecnici comunali e della Soprintendenza di Belle Arti.
“Eppure — rileva Serena Omodeo, figlia della scultrice — la maternità è uno degli aspetti della quintessenza femminile. Non c’è nulla di religioso nell’opera”.
Voto contrario all’unanimità
All’unanimità i membri della commissione hanno bocciato l’opera, suggerendone la collocazione in “un ospedale o un istituto religioso, all’interno del quale sia valorizzato il tema della maternità, espresso con sfumature squisitamente religiose”.
Da Palazzo Marino intanto l’assessore Tommaso Sacchi annuncia che si valuterà “come darle una collocazione. Non vogliamo offendere o sminuire una proposta generosa, in memoria di un’artista che conosciamo”.
L’eurodeputata leghista Silvia Sardone accusa la giunta Sala di “deriva del politicamente stupido che non ha più confini”, mentre da Palazzo Lombardia l’assessora alla Cultura Francesca Caruso (FdI) offre uno spazio alla statua perché “la donna che allatta il figlio fa parte della nostra cultura identitaria”.
© Riproduzione riservata