Giulia Scaffidi è morta a 17 anni, uccisa dall’anoressia. Era ricoverata nel reparto pediatria dell’Ospedale di Lodi. A dicembre avrebbe compiuto 18 anni. Soffriva da tre anni di anoressia, era arrivata a pesare 26 chili negli ultimi mesi. Sognava di fare la modella. “Attenzione ai falsi messaggi che arrivano dal mondo delle fashion blogger e dai social. Se aspirate ad apparire più belle, non è rinunciando al cibo che lo raggiungerete”, l’appello del fratello Tony a Il Corriere della Sera Milano che racconta la sua storia.

Secondo il fratello la sorella si sentiva bella così, o almeno così credeva. Lui ha 37 anni e lavora come art director e make-up artist nel mondo della moda. Scaffidi si rivolge proprio a quelle “modelle che nella spasmodica ricerca della perfezione fisica vivono una vita di privazioni. Lavorano per ore e ore senza fermarsi mai: non mangiano nulla per tutto il giorno, nemmeno un caffè. Non so come possano reggere”.

Giulia voleva fare proprio la modella: e sognava una perfezione fisica che l’ha portata alla fine. Nascondeva il cibo. Il primo ricovero, per quattro mesi, a Piacenza. Poco dopo le dimissioni di nuovo quell’ossessione: non mangiava, beveva soltanto acqua bollente, “saliva e scendeva le scale di casa in piena notte per tenersi in forma“.

Quindi altri due ricoveri a Villa Garda e al San Paolo a Milano con la madre Elena, “confinate in una stanzetta per cinque mesi per evitare di prendere il covid. Un inferno”. Per il fratello e la madre della 17enne devono essere proprio le fashion blogger a dare l’esempio per prime, “evitino di accostare il raggiungimento della forma perfetta ai sacrifici alimentari. Si è belle anche con qualche chilo in più. Io sono pronto a dare una mano se serve. A mostrare le foto di come era diventata Giulia perché altre ragazze non cadano più in quest’errore”.

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Giornalista. Ha studiato Scienze della Comunicazione. Specializzazione in editoria. Scrive principalmente di cronaca, spettacoli e sport occasionalmente. Appassionato di televisione e teatro.