L'Iran annuncia: "Siamo in guerra"
La vendetta dell’Iran, centinaia di missili balistici su Israele: “pochi feriti”. Attentato a Giaffa: almeno 8 morti
La ritorsione iraniana dopo le uccisioni di Haniyeh e Nasrallah. Sirene d’allarme in tutto il paese, esplosioni a Tel Aviv e Gerusalemme. Gli Usa temono una nuova escalation: diplomazia al lavoro
L’attacco è partito intorno alle 19:30 israeliane, le 18:30 in Italia. Centinaia di missili lanciati dall’Iran e diretti contro tutto il territorio dello Stato ebraico, da Tel Aviv al Mar Morto, dalle regioni del Sud a Gerusalemme. Le sirene hanno risuonato in tutto il paese. I frammenti dei razzi sono caduti in diverse regioni mentre illuminavano i cieli israeliani. Le Israel defense forces hanno dato un solo ordine alla popolazione: correre verso i rifugi antiaerei e aspettare ulteriori indicazioni. Una scelta obbligata, perché questa volta l’attacco era esteso a tutto il territorio israeliano, tanto che il boato delle esplosioni si è udito praticamente ovunque.
Alcuni dei missili iraniani sono stati intercettati dai sistemi anti-missilistici Usa dislocati nella regione, prima di raggiungere i cieli dello Stato ebraico, e non dall’Iron Dome israeliano che ne ha intercettati la maggior parte. Anche la Giordania ha intercettato alcuni missili. Al momento ci sarebbero pochi feriti.
L’attacco dell’Iran anticipato da Israele e Usa
L’Idf sapeva che la vendetta dell’Iran sarebbe stata imminente. Indicazioni molto precise erano arrivate anche dagli Stati Uniti, avevano fatto capire che la Repubblica islamica stava preparando le postazioni di lancio. Un attacco con poco preavviso ma che era stato comunicato da Tehran. E negli stessi minuti in cui i missili iraniani solcavano i cieli di Israele, Hezbollah ha lanciato un altro attacco. Una tenaglia dal cielo, da Nord e da Est, per vendicarsi dopo settimane di silenzio, di shock e poi di minacce. E tutto faceva credere che sarebbe stato un attacco più pesante di quello avvenuto nella notte tra il 13 e il 14 aprile, quando l’Iran aveva lanciato l’operazione “Vera promessa” per reagire al raid israeliano che aveva colpito il consolato iraniano a Damasco uccidendo diversi Pasdaran, tra cui il generale Mohammad Reza Zahedi e il suo vice. La Repubblica islamica, in quel caso, decise di compiere con una rappresaglia che si rivelò più che altro uno show di forza, ma che comunque fu a tutti gli effetti il primo attacco diretto dell’Iran al territorio israeliano. E quasi sei mesi dopo, l’Iran, che ha subìto veri e propri schiaffi che hanno mostrato tutta la vulnerabilità del suo sistema di potere, non poteva rimanere immobile.
La risposta dell’Iran dopo mesi di veri e propri schiaffi
Prima l’uccisione di Ismail Haniyeh, il leader politico di Hamas morto nella capitale iraniana. Poi i raid in Yemen nel porto di Hodeida. Dopo l’uccisione di altri comandanti di Hezbollah e palestinesi. Infine l’escalation contro il Partito di Dio in Libano di queste settimane, con l’omicidio di Hassan Nasrallah e l’incursione di terra da parte di Tsahal. Un’escalation che non ha scosso solo l’Asse della resistenza, cioè la galassia di milizie legate a Teheran, ma anche lo stesso sistema di potere iraniano. Un regime chi è scoperto vulnerabile, incapace di rispondere proporzionalmente ai colpi di Israele, e soprattutto permeabile su vari livelli. E la vendetta è arrivata (una “risposta legale, razionale e legittima dell’Iran”, che per la rappresentanza di Tehran all’Onu “è stata debitamente eseguita”), in quello che per Israele è stato uno dei giorni più difficili.
L’attentato a Giaffa: almeno 8 morti
Mentre Tehran predisponeva gli ultimi dettagli per l’attacco, a Giaffa, alla periferia di Tel Aviv, andava in scena uno dei più sanguinosi attentati degli ultimi anni. Due terroristi, poi neutralizzati, sono usciti da una metro leggera e hanno aperto il fuoco. E i servizi di emergenza, nel momento in cui andiamo in stampa, hanno fornito un bilancio tragico: otto morti e una decina di feriti. Un segno eloquente che la guerra di Israele è su più livelli: non solo quello militare, contro le forze di Hezbollah in Libano o i missili iraniani, ma anche a livello di antiterrorismo. Il nemico più oscuro, più difficile, e che si annida ovunque. Benjamin Netanyahu sa che queste ore sono le più difficili, e il premier si era rivolto ai suoi concittadini già prima del raid iraniano dicendo che quelli che li attendeva erano “giorni di grandi sfide”. “Quello che vi chiedo è di fare due cose: una, di obbedire rigorosamente alle direttive del Comando del fronte interno. Questo salva delle vite. Secondo, di restare uniti”, ha detto Netanyahu. E nelle ore dell’attacco, il premier ha voluto riunire il gabinetto di sicurezza in un bunker a Gerusalemme.
Il rischio di un’ulteriore escalation è dietro l’angolo. E per questo la diplomazia è al lavoro. Gli Stati Uniti, che hanno blindato la regione con navi e aerei in assetto da guerra, sperano che si arrivi presto a uno stop a questo incendio. Si muovono anche i paesi europei, tra cui l’Italia, dove ieri a Palazzo Chigi è stata convocata una riunione d’emergenza per gli attacchi in corso su Israele. La situazione è tesa, anche per la presenza dei militari italiani nel Sud del Libano. E ora si prova a trovare un compromesso prima che l’incendio dilaghi in tutto il Medio Oriente.
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