Le testimonianze
La vita degli atleti ai tempi della quarantena, tra allenamenti a porte chiuse e nessuna stretta di mano

Evitare discoteche ed in generale luoghi pubblici, non bere dalla stessa bottiglia. Sconsigliati i contatti con i tifosi e familiari che vivono nelle zone rosse. Sono solo alcune delle regole stilate dalla Federazione Medici Sportivi Italiana per evitare il contagio del Coronavirus o comunque limitarlo. Diciotto punti, norme igienico-sanitarie contenute in un vademecum che nel calcio, i club di serie A, hanno immediatamente applicato. Dopo il decreto, il mondo dello sport si riorganizza ed ogni Federazione lo fa a modo proprio con queste piccole regole dettate dall’emergenza e improntate al buon senso. «Avremmo dovuto giocare domenica scorsa, ma la Federazione ha fermato tutti i campionati di rugby. Quando è arrivata la comunicazione sul virus non ci hanno fatto allenare per due giorni, poi con il via libera abbiamo ripreso ad allenarci questa settimana finché non avremo comunicazioni diverse».
A parlare è Alessandro Quarto, il capitano dell’Amatori Napoli Rugby, squadra che milita in serie A dove il campionato è fermo e ripartirà il 22 marzo da Perugia. Le abitudini cambiano ed in una disciplina di contatto come il rugby non sarà semplice adeguarsi: «Ci alleniamo dal martedì al venerdì, prima in palestra e poi in campo per altre due ore ed abbiamo avuto indicazioni dal comitato regionale campano che regola gli allenamenti perché il nostro è uno sport di contatto. Il problema si pone in campo perché con il placcaggio e la mischia non si può evitare il contatto. Ecco perché al momento ci alleneremo solo in palestra e con lavoro atletico». Nel girone del Napoli ci sono due squadre dell’Emilia Romagna, quindi si attendono le decisioni federali. Nell’attesa, la rosa composta da circa 26 giocatori segue negli spogliatoi le direttive: «Nei giorni scorsi chi ha viaggiato, chi ha preso treni, aerei o passato per le zone rosse non è stato sul campo per circa due settimane. Queste sono state le indicazioni che abbiamo avuto. La società era in contatto con un virologo che ci ha dato indicazioni su come comportarci». Come fare ad esempio con la stretta di mano? «Ci hanno detto di evitare contatto e proviamo ad attenerci – conclude Quarto – però poi scendiamo in campo».
Nel basket non si giocheranno i campionati regionali, mentre i nazionali si svolgeranno a porte chiuse. Daniele Sandri ala del Napoli basket spiega: «Ci dividono in due spogliatoi per avere la distanza di sicurezza di un metro. Ci è stato detto di evitare gli stessi asciugamano, di bere dalle stesse bottiglie, di mangiare nello spogliatoio. Insomma di evitare cose che possono portare al contatto ravvicinato. Certo la gestione della palla nel nostro sport è particolare perché alla fine come eviti di toccare il pallone che è l’elemento principale? Penso anche al contatto con un altro giocatore oppure a gesti come la mano sudata che poi ti strofini in faccia, difficile da evitare. L’esposizione c’è e ci sarà in ogni partita che giocheremo ma prenderemo le dovute precauzioni». Anche per i cestisti arrivano i suggerimenti dalla GIBA, l’associazione dei giocatori italiani basket, ma su un punto relativo al calendario Sandri chiarisce: «Il decreto ha pareggiato la situazione perché era anomalo che certi sport andassero avanti. In altri palazzetti si giocava per esempio a porte aperte. Restano però dei punti di domanda – sottolinea Sandri – il pubblico non viene al palazzetto per non avere contatti ma noi siamo esposti andando in trasferta anche in zone rosse».
Paride Saccoia, pallanuotista, calottina numero 12 e capitano del Posillipo non si nasconde:«C’è ancora confusione e preoccupazione nel mondo della pallanuoto. Non siamo pronti per capire le conseguenze di una trasferta. Nelle nostre abitudini di allenamento non è cambiato molto. Abbiamo fatto una sanificazione del circolo e della piscina ma sono ambienti in cui non si può vietare alle persone di entrare in acqua. Noi dobbiamo allenarci e non possiamo stare fermi, perché siamo atleti». Sabato la sua squadra disputerà il derby a porte chiuse alla piscina Simone Vitale di Salerno. «Noi dobbiamo anche spostarci per giocare al nord Italia, sono favorevole al campionato a porte chiuse per dare un segnale positivo a tutti. Il nostro è uno sport di contatto. Dopo aver fatto la lotta in acqua, evitare il saluto o un contatto fuori dall’acqua non ha molto senso». E nella vita quotidiana? «Stiamo sempre insieme e non frequentiamo posti particolarmente a rischio. Quindi almeno nel nostro gruppo c’è fiducia. Magari nei rapporti con altri si cerca di salutare a distanza o non frequentare posti affollati, ma in realtà non sono cambiate molto le nostre abitudini». Nel calcio a cinque sono stati sospesi tutti i campionati fino al 15 marzo.
Marco Ercolessi, centrale della Feldi Eboli in serie A di calcio a 5 e capitano della nazionale non si era mai trovato in una circostanza simile. «Ci troviamo in una situazione di incertezza e ci alleneremo regolarmente aspettando notizie su una data definitiva. I presupposti ci fanno pensare che con la scusa del recupero di diverse giornate, la Coppa Italia e della Coppa Divisione possano essere cancellate». Sul vademecum dei medici sportivi Ercolessi chiarisce: «Difficile per noi mantenere i 18 punti. Facciamo due allenamenti al giorno e con due docce al giorno buttiamo via tanti batteri e scorie. Il contatto c’è sempre.
Cambia poco non salutarsi con la mano se poi dopo in campo abbiamo altri tipi di contatto per il gioco. Anche prima del virus eravamo attenti perché per noi sportivi anche un’influenza normale durante campionato può contagiare il gruppo e si cerca sempre di limitare i contatti per evitarlo». Ercolessi e sua moglie sono originari della provincia di Padova, piena zona gialla. «Sento la famiglia e mi raccontano di situazioni paradossali come ad esempio il presidio militare in un paese vicino casa. Parlando con loro avverto attenzione ma non paura. Da qui per noi è difficile percepire che tipo di influenza sia e vedere i nostri familiari adesso è impossibile. Speriamo di tornare d’estate a casa se non si prolunga il campionato».
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