C’è un pensiero unico su quanto accaduto a Taranto. È quel pensiero che rimuove le disastrose responsabilità politiche di chi ha gestito la vicenda Ilva dal giorno del suo sequestro e di chi prima del sequestro ha chiuso gli occhi condannando un’intera città a subire uno dei più drammatici e pesanti inquinamenti e di aggressione alla salute nel nostro Paese. Sono passati sette anni e tre mesi dalla data del sequestro dell’acciaieria, avvenuto il 26 luglio del 2012 e nulla è stato fatto per mettere in sicurezza gli impianti che inquinavano, ma in questo arco di tempo sono stati approvati dodici decreti Salva Ilva che hanno sospeso i diritti costituzionali della popolazione tarantina. Taranto è il simbolo del fallimento anche di quella politica italiana che oggi grida all’unità e a fare sistema paese. È necessario dare una risposta a una domanda. Perché dopo sette anni su Ilva si è ritornati al punto di partenza?
Per dare una risposta, prendo ad esempio quanto accaduto all’acciaieria di Duisburg: capacità produttiva 10
milioni di tonnellate e 11 mila occupati, un impianto simile a quello di Taranto. Nella città tedesca, che insiste nel bacino carbonifero della Ruhr dove si è realizzato uno dei più significativi progetti di bonifica e conversione, l’acciaieria è stata demolita, in particolare le cockerie e gli agglomerati, ricostruendoli lontani dai centri abitati in poco più di tre anni di lavoro. In sette anni chi oggi urla all’unità del Paese, se avesse voluto garantire la produzione di acciaio seguendo l’esempio tedesco avrebbe potuto costruire due nuove acciaierie. Invece in sette anni vi sono stati un susseguirsi d’incidenti sul lavoro, purtroppo anche mortali, e il verificarsi costante di emissioni inquinanti
fuggitive con picchi di diossina nel quartiere Tamburi. Questa classe politica che ha governato e che governa l’Italia ha compiuto un disastro economico, industriale, ambientale e sanitario e ha pensato di garantire questo piano introducendo l’immunità penale con due distinti decreti legge del governo Renzi. In nessuna parte d’Europa esiste l’immunità o scudo penale per impianti industriali, perché, come è giusto che sia, chi inquina viene sanzionato dalla legge. Il governo per affrontare la crisi Arcelor Mittal proporrebbe di estendere l’immunità penale a tutti gli
impianti industriali italiani: una follia che porterebbe il nostro Paese indietro nei secoli. La motivazione dello scudo penale? Secondo esponenti del governo, Arcelor Mittal non può rispendere penalmente di reati commessi da altri. Il nostro ordinamento giuridico a partire dall’art.27 della nostra Costituzione prevede che la responsabilità penale è personale. Pertanto non possono essere contestati reati del passato a chi è subentrato nella gestione Ilva.

Mittal dice che non è in grado di rispettare le prescrizioni sull’altoforno 2, ricordo che queste prescrizioni si
riferiscono al procedimento penale relativo alla morte orrenda subita dall’operaio Alessandro Morricella
travolto da una colata di ghisa. Si vorrebbe continuare ad utilizzare quell’impianto come se nulla fosse accaduto. Chi legge si farà una legittima domanda. Perché Arcelor Mittal ha ritenuto dover firmare un contratto che la impegnava prima a un affitto per 180 milioni di euro l’anno e poi all’acquisto complessivo per 1,8 miliardi di euro detratti i canoni di affitto? Una prima risposta l’abbiamo vedendo cosa è accaduto in Francia quando Mittal rilevò il gruppo siderurgico francese Arcelor. Il presidente francese Hollande fu costretto a far approvare la legge Florange, nome della città francese che ospitava un impianto, per impedire la chiusura di alcune acciaierie acquisite da Mittal ed evitare la delocalizzazione delle produzioni di acciaio. Mittal ha partecipato alla gara su Ilva allo scopo di evitare che altri potessero prendere le quote di produzione? Alla politica italiana manca una visione strategica del futuro anche dal punto di vista industriale. A Taranto va portato il treno ad alta velocità, costruita una portualità che non sia al servizio dell’acciaieria, realizzate le bonifiche con i soldi dei Riva, istituita un’area No Tax e attrarre investimenti per nuove attività produttive ad alto contenuto tecnologico. In ogni caso non dimentichiamo che le indagini epidemiologiche a Taranto, realizzate dall’istituto Superiore di Sanità attraverso lo studio Sentieri, hanno evidenziato che rispetto alla media pugliese l’incidenza dei tumori nei bambini tra i 0 e gli 15 anni è del 50% in più.

Angelo Bonelli

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