Balcani, terre d'Europa
Le condizioni delle donne nei Balcani: escluse dalla ricostruzione postbellica e dai risarcimenti per violenza sessuale

Negli articoli precedenti ho trattato molti problemi dei Balcani, ma ancora non mi sono occupata delle donne. Donne forti, coraggiose, donne che hanno lottato in guerra. Eppure, sono rimaste sempre al margine della politica o delle decisioni importanti. Penso quindi che sia giusto dedicare anche a loro un articolo e cercare di spiegare come sia il ruolo della donna nei Balcani e come questo sia cambiato negli anni.
Numerosi studi evidenziano che i Paesi della regione balcanica, in particolare nei Balcani occidentali, hanno una partecipazione femminile alla forza lavoro tra le più basse d’Europa. L’occupazione femminile nei Paesi dell’UE raggiunge il 67%, mentre quella maschile il 79%. Nei Balcani occidentali, il tasso di occupazione femminile è solo del 45%, rispetto al 65% degli uomini. Inoltre, tre donne su dieci lavorano nei settori sociali, sanitari e dell’istruzione, tradizionalmente poco retribuiti, mentre quasi un terzo degli uomini è impiegato nei settori scientifici, tecnologici, ingegneristici e matematici (STEM), meglio retribuiti.
Partiamo quindi da una situazione non proprio favorevole per le donne. Che conseguenze porta tale situazione? Secondo uno studio della Banca Mondiale del 2022, in media il prodotto interno lordo (PIL) dei Paesi dei Balcani occidentali potrebbe essere superiore del 20% se le donne partecipassero al mercato del lavoro allo stesso livello degli uomini, mentre il 5% della perdita di PIL può essere attribuito al divario di partecipazione delle donne come imprenditrici.
Come parte della preparazione al futuro dell’UE, negli ultimi anni i Paesi dei Balcani occidentali hanno adottato misure per promuovere i diritti delle donne. Tra questi, l’adozione o la modifica della legislazione in materia (ad esempio, il diritto penale e del lavoro), l’elaborazione di strategie e piani d’azione nazionali e la creazione di meccanismi istituzionali per l’attuazione e il monitoraggio delle politiche pertinenti. Tuttavia, la promozione dell’uguaglianza di genere è spesso messa in secondo piano e le azioni intraprese in questo senso sono ancora insufficienti.
Un altro problema, in termini pratici, è rappresentato dal fatto che le donne sono state ampiamente escluse dai processi di ricostruzione postbellica e dai risarcimenti per le vittime di violenza sessuale. Inoltre, il basso livello di attuazione delle leggi esistenti impedisce alle donne di sperimentare il cambiamento e i risultati immediati nella loro vita quotidiana.
Il discorso dell’esclusione delle donne dai processi di ricostruzione postbellica è cruciale e da questo si dovrebbe partire, dalla loro inclusione diretta in tali processi. Durante la guerra, le donne sono state essenziali. Nell’assedio di Sarajevo le donne hanno combattuto e difeso la città tanto quanto gli uomini. A differenza degli uomini, sono state vittime di stupro, considerato come arma di guerra durante il conflitto (strategia che ormai in ogni guerra viene applicata, anche nei conflitti attuali in Medio oriente e in Ucraina). Le vittime degli strupri ancora non sono state risarcite, non hanno avuto in alcun modo un qualche tipo di aiuto dopo la guerra. In parte non sono nemmeno state riconosciute. Solo ora cominciano ad esserci delle sinergie e delle attività che riconoscono ciò che hanno sofferto le vittime e che cercano di alzare la voce a questo proposito.
Secondo un rapporto del 2017 del Dipartimento per lo Sviluppo Internazionale del Regno Unito, la sfida più grande per migliorare l’uguaglianza di genere è cambiare la mentalità di donne e uomini nei confronti dei ruoli di genere tradizionali. Certamente questo dipende anche dal ruolo diverso che la religione ha nei Balcani, rispetto ai paesi dell‘Unione Europea. Ma il ruolo tradizionale di uomini e donne è soprattutto una questione culturale: difficile ma non impossibile da modificare, mettendo in atto percorsi formativi a partire dalla scuola dell’infanzia.
Una pubblicazione del 2018 della Fondazione tedesca Friedrich Ebert afferma che le principali sfide alla disuguaglianza di genere nella regione persistono: povertà femminilizzata, insicurezza nel mercato del lavoro, una quota crescente di lavoro di cura non retribuito, ampi divari retributivi e pensionistici tra i sessi, progressi disomogenei nell’affrontare le molestie e la violenza, garantire l’accesso alla salute, ai diritti sessuali e riproduttivi e al congedo materno e familiare retribuito. La relazione descrive inoltre le donne come “cronicamente sottorappresentate in quasi tutti gli aspetti della vita pubblica, anche negli Stati membri dell’UE della regione”. Un documento programmatico del 2018 del Forum della società civile della serie dei Vertici dei Balcani occidentali cita inoltre la mancanza di integrazione della dimensione di genere tra le sfide più urgenti che le donne devono affrontare in questi Paesi. Sebbene sia riconosciuto come uno strumento necessario per migliorare l’uguaglianza di genere, il mainstreaming di genere non è stato applicato nella regione in modo consistente, né considerato prioritario dalle autorità nazionali competenti. Il documento riconosce inoltre che gli stereotipi di genere sono una causa alla base di quasi tutte le altre forme di discriminazione e un motivo per la persistente posizione subordinata delle donne.
Il discorso dell’esclusione delle donne dai processi di ricostruzione postbellica è cruciale e da questo si dovrebbe partire, dalla loro inclusione diretta in tali processi. Infatti, il loro contributo spesso ancora non viene riconosciuto pienamente. E la parità di genere è ancora molto lontana – non irraggiungibile, ma più lontana che all’interno dell’UE. Serve quindi uno sforzo ancora maggiore per liberare e utilizzare il potenziale delle donne, mettendo al centro la questione della parità come una via per il riequilibrio della società balcanica.
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