Per il carcere il boss "non sarebbe in pericolo imminente di vita"
Matteo Messina Denaro ricoverato in ospedale, l’avvocato: “Condizioni disperate, non sta in piedi, non mangia, beve solo”

Le condizioni di salute Matteo Messina Denaro, 62 anni, “sono disperate“, “con un tumore al quarto stadio non può stare in una cella senza un infermiere a bere succhi di frutta, invece di avere delle flebo. Dovrebbe essere controllato h24. Ha difficoltà persino a stare in piedi, ha bisogno di tutte le cure che spettano a un malato”. A denunciare l’aggravamento delle condizioni di salute dell’ultimo boss di Cosa Nostra, arrestato il 16 gennaio 2023 dopo una latitanza trentennale, è il suo legale Alessandro Cerella che dal 25 giugno scorso affianca l’avvocata Lorenza Guttadauro, nipote dell’ex primula rossa.
Messina Denaro è detenuto in regime di carcere duro (41 bis) nel carcere di massima sicurezza de L’Aquila. Affetto da un tumore al colon, è dal giorno dell’arresto in cura all’interno del penitenziario dove è stata allestita per lui una stanza per la chemioterapia. Le condizioni del boss, secondo quanto si apprende, sarebbero in lento ma costante peggioramento da diverse settimane. Il 27 giugno scorso aveva subito anche un piccolo intervento di carattere urologico nell’ospedale San Salvatore de L’Aquila. L’ultimo trasferimento in ospedale risalirebbe a domenica scorsa, 6 agosto, per una tac.
“Messina Denaro oramai è completamente incompatibile con il regime carcerario soprattutto in quello più duro del 41bis, deve essere immediatamente ricoverato” ha spiegato il legale Cerella che poi fa sapere che presenterà, al tribunale della Libertà dell’Aquila, un’istanza di ricovero urgente all’ospedale dell’Aquila.
Per Cerella, che ha parlato all’agenzia Adnkronos, il boss di Castelvetrano “non mangia, beve soltanto, non sta bene. Io non sono un medico ma le sue condizioni sono critiche. E’ seguito in maniera encomiabile dal professor Mutti e dal suo staff. Io ripongo massima fiducia nel loro operato ma i medici non possono vederlo quotidianamente e nelle sue condizioni le cose cambiano di giorno in giorno”.
”In carcere non può più stare – sottolinea Cerella – Nonostante il nome che porta come a qualsiasi altro detenuto devono essere garantiti i diritti costituzionali e il giudice di sorveglianza, leggendo le carte, dovrebbe capirlo. Il mio giudizio nei confronti dell’amministrazione penitenziaria e del sistema giustizia in generale è fortemente critico. Nei confronti di Messina Denaro c’è un accanimento”.
Messina Denaro, condannato di recente all’ergastolo per le stragi di mafia del 1992 e 1993, è stato arrestato il 16 gennaio scorso dai carabinieri del Ros all’esterno di una clinica privata di Palermo dove abitualmente si recava, sotto falsa identità, per sottoporsi alle chemioterapie.
Il ricovero in ospedale nel pomeriggio dell’8 agosto
Dopo la denuncia dei legali, Messina Denaro è stato ricoverato nell’ospedale San Salvatore dell’Aquila. Il boss mafioso è stato trasferito dal carcere al reparto di chirurgia con imponenti misure di sicurezza.
Stando quanto riferisce l’agenzia Agi, che cita fonti mediche, il boss di Castelvetrano è stato sottoposto ad intervento chirurgico per un improvvisa occlusione intestinale.
Fonti interne al carcere de L’Aquila confermano all’Adnkronos che le condizioni di Messina Denaro “sono effettivamente peggiorate”. Tuttavia, sottolineano le stesse fonti, “la situazione, seppur grave, non ha richiesto al momento alcun trasferimento né cambio di cure”. Il boss, dunque, “non sarebbe in pericolo imminente di vita”, almeno secondo quanto emerso dall’ultima tac effettuata in ospedale domenica scorsa.
“Non sono un mafioso, Cosa Nostra la conosco dai giornali”
L’agenzia Ansa ha pubblicato oggi, 8 agosto, giorno in cui è stato depositato il verbale, le dichiarazioni fornite da Messina Denaro dopo l’arresto dello scorso 16 gennaio al procuratore di Palermo Maurizio De Lucia. Interrogatorio che risale al 13 febbraio scorso. “Una cosa fatemela dire. Forse è la cosa a cui tengo di più. Io non sono un santo…ma con l’omicidio del bambino non c’entro”, in riferimento all’omicidio del piccolo Giuseppe Di Matteo, il figlio del pentito rapito e sciolto nell’acido.
Sul suo rapporto con la mafia ha provato a chiarire: “Io mi sento uomo d’onore ma non come mafioso. Cosa nostra la conosco dai giornali. La mia vita non è stata sedentaria, è stata una vita molto avventurosa, movimentata”, ha detto ammettendo la latitanza e di aver comprato una pistola, ma di non averla mai usata e di non aver fatto omicidi e stragi. “E lei non ha mai avuto a che fare Cosa nostra?”, gli chiedono i magistrati. “Non lo so magari ci facevo affari e non sapevo che era Cosa nostra”, risponde, ribadendo che “con stragi e omicidi non c’entro nella maniera più assoluta. Poi mi possono accusare di qualsiasi cosa, io che ci posso fare”.
Sull’audio dove offende Falcone in riferimento al traffico ‘provocato’ dalla commemorazione della strage di Capaci: “Io non è che volevo offendere il giudice Falcone, non mi interessa… Il punto qual è? Che io ce l’avevo con quella metodologia di commemorazione. Allora, se invece del giudice fosse stato Garibaldi, la mia reazione sempre quella sarebbe stata, perché non si possono permettere di bloccare un’autostrada per decine di chilometri: cosi vi fate odiare”.
Il pizzino sul cancro
Ma a far scattare il ‘colpo grosso’ del 16 gennaio scorso sarebbe stata involontariamente la stessa Rosetta, come veniva chiamata in famiglia la donna.
Secondo l’indagine proprio un appunto dettagliato sulle condizioni di salute di Matteo Messina Denaro, scritto dalla sorella Rosalia e da lei nascosto nell’intercapedine di una sedia, ha dato ai militari l’input per la cattura del boss.
Lo scritto di ‘Rosetta’ è stato scoperto dai carabinieri del Ros il 6 dicembre scorso mentre piazzavano delle cimici nella abitazione della donna. Mentre cercano il posto giusto per nasconderle, i militari scoprono un appunto all’interno di una gamba cava di una sedia: lo fotografano e lo rimettono al suo posto, in modo da non insospettire la donna, e qualche ora dopo la foto viene analizzata dagli inquirenti e si scopre che è un vero e proprio diario clinico di un malato di cancro.
Il quadro clinico
Tornando al pizzino del 6 dicembre, il biglietto è di fatto il diario clinico di una persona. “Adenocarc, 3 novembre 2020 lo so, 9 novembre ricovero, 13 operazione. Persi 11 chili“. E poi ancora: “Sei luglio 2021 è ritornato (…) Ridotto fare tre cicli. Gennaio 2022 altra tac. Se si riduce ancora abbassiamo la che (chemioterapia – ndr)”.
Il boss Matteo Messina Denaro non viene mai citato per nome, ovviamente, ma i sospetti degli inquirenti si concentrano immediatamente sul capomafia. Scattano i controlli incrociati con le banche dati del ministero della Salute e quelle del SSN, il sistema sanitario nazionale. Sarà così che si scoprirà delle operazioni a cui era stato sottoposto Andrea Bonafede, il geometra di Campobello di Mazara che aveva ‘ceduto’ la sua identità al boss per consentirgli di sottoporsi proprio alle cure mediche.
Dalle analisi dei tabulati telefonici del ‘vero’ Bonafede, venne scoperto come il geometra non poteva essere la stessa persona che era stata operata, una volta a Mazara del Vallo e un’altra a Palermo. Il reale Bonafede in quei giorni si trovava infatti nella sua casa di Campobello.
Individuata l’ultima prenotazione a sua nome presso la clinica La Maddalena di Palermo, il 16 gennaio scorso, i carabinieri del Ros faranno scattare il blitz che ha portato fine alla trentennale latitanza di Messina Denaro.
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