Come negli Usa
Le forze dell’ordine hanno il taser, tutti i rischi di un’arma pericolosa
Il 17 gennaio Il Consiglio dei ministri ha approvato in esame preliminare, su proposta del presidente del Consiglio e del ministro dell’Interno, un regolamento che modifica le norme (dpr 5 ottobre 1991, n.359) sull’armamento e le munizioni in dotazione alle forze dell’ordine. In particolare il decreto prevede l’introduzione dell’arma comune ad impulsi elettrici (il cosiddetto Taser), la cui sperimentazione era stata autorizzata in 12 città italiane a partire dal 2014. Dunque la sperimentazione è conclusa ed il Taser ha avuto il via libera. Ma cosa sappiamo del Taser?
Sappiamo ad esempio che, secondo un’indagine della Reuters pubblicata nel 2017, il Taser da quando viene utilizzato ha provocato nei soli Stati Uniti oltre mille morti, ed è stato utilizzato nel 90% dei casi nei confronti di persone disarmate. La stessa azienda americana che lo produce – la Taser International Incorporation, da cui deriva il nome dell’arma – interrogata sulla potenziale pericolosità, ha dichiarato che esisterebbe un rischio di mortalità pari allo 0,25%, una persona su 400. E il rischio sarebbe notevolmente più alto per persone affette da patologie cardiache o neurologiche, o il cui cuore sia in quel momento sottoposto ad un particolare sforzo. Ma stiamo parlando di malattie o condizioni impossibili da riconoscere al primo sguardo. Dunque come dovrebbe fare l’operatore di polizia a sapere su chi non usare il Taser perché troppo pericoloso?
Altra cosa che sappiamo è che e alcuni organismi internazionali, tra cui la Corte Europea dei Diritti Dell’uomo ed il Comitato Onu per la prevenzione della tortura, si sono espressi relativamente alle pericolosità di quest’arma e il rischio di abusi che l’utilizzo può comportare. Il modello adottato per la sperimentazione italiana è lo X2 della Axon, un’evoluzione del modello X26 che le Nazioni Unite avevano giudicato equiparabile a uno strumento di tortura. Le preoccupazioni dunque sui rischi legati all’uso di quest’arma sono molte e gravi. Ma, anche rispetto a questo, cosa ha aggiunto la sperimentazione italiana? E più in generale, cosa sappiamo di questa sperimentazione? L’uso del Taser nelle 12 città in cui è stato sperimentato ha messo a rischio l’incolumità o la salute delle persone su cui è stato usato? Si sono verificati incidenti? E, per altro verso, è servito a qualcosa? Ha consentito un minor ricorso alle armi da fuoco? Ci sono evidenze empiriche su questo? E ha di conseguenza ridotto il numero di incidenti legati alle armi da fuoco? O ha consentito una migliore gestione delle operazioni di polizia?
La verità è che di questa sperimentazione non sappiamo un bel nulla. Non sappiamo in cosa sia consistita, non sappiamo quali informazioni ci avrebbe dovuto consentire di raccogliere e non sappiamo se lo ha fatto. Sappiamo che è conclusa e tanto ci dovrebbe bastare per darne un giudizio positivo e dotare le forze dell’ordine di questa nuova arma. Come se l’aver sostenuto un esame sia di per se prova che è andato bene, a prescindere dal suo esito. Perché alla fine dei conti, e questa probabilmente è la vera assunzione di fondo dietro questa iniziativa, un arma in più in dotazione delle polizie non può che essere una buona notizia. Come se la sicurezza dei cittadini fosse direttamente proporzione alla quantità degli armamenti delle forze dell’ordine.
Seguire l’esempio americano proprio su questo terreno, quello della gestione dell’ordine pubblico e del contrasto al crimine, è in realtà una scelta scellerata. Nessun Paese europeo, meno che mai l’Italia, conosce i tassi di criminalità, e di criminalità violenta, degli Stati uniti. Eppure i cittadini americani spesso dichiarano di non voler venire in Europa per paura del crimine, e spesso gli europei favoleggiano della severità e dell’efficacia della polizia americana. Tutti cullati da una fantasia malsana sul potere rassicurante dell’uso della forza, fantasia che rischia di alimentare, anziché contenere, il ricorso alla violenza. Forse sarebbe bene che, proprio su questi temi, l’Italia avviasse una vera sperimentazione.
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