E la guerra in Ucraina?
Le guerre di Putin e la catastrofe di Gaza: il piano di Iran, Russia e Cina per bloccare la diplomazia occidentale

E la guerra in Ucraina? Perché le news ne parlano così poco? Eppure, i morti si accatastano con lo stesso ritmo di prima del 7 ottobre scorso, quando l’attenzione mondiale è stata dirottata e inchiodata su Israele e Gaza.
Le notizie militari non mancano: i russi portano sul campo uomini e mezzi migliori e sono in contro-controffensiva sugli ucraini che arrancano ma non cedono. Inoltre, l’opinione pubblica che non ha la minima idea di ciò che accade, fa il tifo per i suoi, come allo stadio. Ma Putin due giorni fa ha rilanciato la questione dell’uso delle armi nucleari con esercitazioni sulla risposta in caso di attacco e un sottomarino in immersione ha colpito l’immaginario nemico. Quanto alle relazioni internazionali, Putin si ritira dal trattato che vieta gli esperimenti e il messaggio finale è: la Russia, se messa alle strette, userà la bomba, ma soltanto se ne andasse dell’esistenza stessa della Federazione. Una sconfitta in Ucraina sarebbe un motivo sufficiente e dunque la Russia deve uscire a testa alta dal conflitto o saranno guai per tutti.
Dalla Casa Bianca la risposta è stata: “Toglietevi dalla testa di poter vincere una guerra nucleare perché sareste vinti e sepolti”. Ma Putin vuole davvero un conflitto nucleare? La risposta corale che arriva da Mosca è no.
L’opinione prevalente è che non essendo possibile una sconfitta formale in Ucraina, l’Occidente deve mettersi in testa di dover trattare con Mosca. L’ultima voce raccolta dal New York Times è quella secondo cui White House proporrebbe al Cremlino una sorta di piano Marshall per la ricostruzione sia della Russia che dell’Ucraina, facendo ripartire le due economie. Ma ci sarà molto da lavorare dal momento che l’Ucraina non sarà lasciata sola e sconfitta. Parole caute che non promettono la cacciata dei russi da tutti i territori invasi, perché la “Dottrina Biden” è contraria alla destabilizzazione della Russia a tutto vantaggio delle Cina.
Oggi i Think-Tank dei “Six Eyes” e di Parigi si chiedono quale fosse lo scopo strategico dell’attacco di Hamas che ha raggiunto due obiettivi. Paralizzare il Trattato di Abramo con l’Arabia Saudita e subito dopo, con l’esplosione di dubbia paternità dell’ospedale di Gaza paralizzare l’offensiva diplomatica Usa, tant’è che Biden ha trovato tutte le porte chiuse. Entrambi gli obiettivi sono eccellenti sia per la Russia che per l’Iran. Nel frattempo Putin ha ricevuto a Mosca una delegazione di Hamas, guidata dal numero due politico Mousa Mohamed Abu Marzouk, e il viceministro degli Esteri iraniano Ali Bagheri Kani. Putin aveva già incontrato Hamas, infatti soltanto dopo nove giorni dalle stragi del sette e otto ottobre Vladimir Putin ha telefonato di malavoglia a Benjamin Netanyahu per fargli le condoglianze dopo la terribile perdita di civili. Ma intanto si accingeva a ricevere al Cremlino i capi di Hamas che avrebbe proclamato eroi della giusta resistenza palestinese contro l’invasore israeliano.
Hamas intanto aveva fatto lo stesso passo mandando una sua delegazione in Cina, ottenendo anche lì riconoscimenti formali di forza combattente del popolo. Hamas ha ricevuto due accrediti che si aggiungono a quello già incassato dall’Iran, ciò che lo promuove dal rango di gruppo terroristico ricercato da tutte le polizie del mondo a quello di esercito di liberazione
Putin ha problemi con Israele a causa della Siria che è un protettorato russo presidiato da truppe russe (all’inizio erano i mercenari della Wagner) e i siriani sono alleati dell’Iran in modo sempre più stretto perché il regime di Teheran ha portato a circa centomila rampe di lancio la forza militare degli Hezbollah che potrebbero affiancarsi ai combattenti di Hamas.
Israele dal 1967 occupa le alture del Golan ex siriane per non farsi bombardare e da allora respinge attacchi siriani e dei loro alleati filoiraniani.
Ma la zona è pattugliata dai potenti aerei Sukhoi russi con cui l’aviazione israeliana ha un patto di reciproca tolleranza che però vacilla ogni giorno facendo saltare la laboriosa tessitura di Putin che cerca di sottrarre Gerusalemme all’alleanza unipolare con l’America.
I rischi crescono anche perché alcuni caccia americani hanno risposto al fuoco delle milizie sciite in Siria.
Il risultato politico è quello che Putin ha spiegato parlando alla televisione russa e che riassumiamo così: “La pretesa degli Stati Uniti e dei loro alleati occidentali di isolare la Russia dal contesto internazionale a causa della situazione in Ucraina, è fallita. Mai come ora la Russia si è dimostrata centrale su tutti i teatri di crisi e cresce il numero dei popoli e dei governi che si rivolgono alla Federazione Russa per elaborare una comune difesa contro le aggressioni americane e dei loro alleati occidentali”.
Quel che dice Putin non solo non fa una grinza, ma fa crescere il numero dei fautori della tesi secondo cui tutta l’operazione Gaza sarebbe stata congegnata dai russi in collaborazione con l’Iran e con il consenso di Pechino. Secondo questa ipotesi, fatta di elementi pubblici ma che i media non osano mettere insieme, le milizie di Hamas con il loro attacco del 7 ottobre avrebbero avuto il preciso scopo di compiere e filmare, per poi pubblicare in rete, tutti quegli atti di inaccettabile viltà e crudeltà affinché accendessero in tutto l’Occidente e non soltanto Israele il desiderio di provocare una catastrofe a Gaza, facendo anche saltare l’ospedale al-Arabya Gaza, per bloccare la diplomazia occidentale e far vedere al mondo lo schieramento che va dai palestinesi sostenuti dall’Iran alla Cina, Russia e naturalmente Siria. Una posizione d forza che un mese fa sarebbe stata impensabile e che oggi condiziona il futuro.
© Riproduzione riservata