Campania Elettorale
Le sorti del centrosinistra passano dalla Campania. Manfredi, il federatore

Caro Direttore,
di buon mattino ho visto il tuo video postato su Instagram nel quale sostieni che la democrazia si consolida se si consente agli elettori di decidere chi debba essere chiamato a governarli. Il limite dei mandati, sottolinei, va nella direzione opposta. Non entro nel merito della tua posizione perché se è vero che la democrazia si irrobustisce garantendo sempre la libertà di scelta, è anche vero – magari banale ma tant’è – che il principio liberale della separazione dei poteri impone alla politica di rispettare le sentenze. Comprese quelle della Consulta. Ne consegue che il dibattito sul “De Luca ter” è, di fatto, superato dall’altro ieri alle 19:30 circa, quando è stata resa nota la sentenza che accoglie il ricorso del governo avverso alla legge approvata dal Consiglio regionale della Campania. Senza voler scomodare antiche citazioni, ora il tema – almeno per il centrosinistra – ruota tutto intorno alla domanda: “Che fare?”.
La vittoria del campo largo
Inutile fingere di non vedere che la Campania è la Regione più importante di quelle chiamate al voto nell’autunno prossimo (a meno di un rinvio alla primavera del 2026). Non fosse altro perché è la più grande. È evidente che la vittoria del cosiddetto “campo largo” in questa terra potrebbe rappresentare una base solida per costruire una ragionevole speranza di vittoria anche alle politiche. Proprio per questo non si può e non si deve prescindere dalla figura di Vincenzo De Luca.
Il gradimento
Ancora pochi giorni fa due istituti demoscopici assegnavano al governatore uscente (ora possiamo definirlo così) un indice di gradimento che oscilla tra il 56% e il 58%, ponendolo stabilmente sul podio dei presidenti di Regione più apprezzati. E, nel recente rilevamento di YouTrend, si segnala anche che un eventuale candidato sostenuto da De Luca potrebbe raggiungere (fuori dalle coalizioni classiche) il 21%. Non è un consenso irrilevante. Ne consegue che le tifoserie avverse, sia i deluchiani più ferventi sia i detrattori più appassionati del presidente, dovrebbero applicare il principio di realtà che dovrebbe sempre essere osservato da chi fa politica. Unire, non dividere. Ma per farlo occorrono ago e filo e, quindi, un buon sarto.
Le parole di Manfredi
Le dichiarazioni di Gaetano Manfredi vanno in questa direzione e hanno il pregio di essere molto chiare: confermare il perimetro dell’alleanza che ha vinto le elezioni comunali del 2021, nessun veto sulle forze moderate riformiste, coinvolgimento pieno di De Luca nelle scelte, rispetto rigoroso della sentenza della Consulta. Da qui si parte. Mi permetto di osservare che la forza non marginale di alcune realtà civiche nel territorio campano impone di mantenere i piedi ben saldi sulle dinamiche territoriali. Il che vuol dire che è legittimo “ascoltare le indicazioni da Roma” (formula insopportabile ma già in voga in queste ore…), ma è ancora più importante che il mitologico tavolo della coalizione tenga conto delle specificità territoriali.
Un lavoro simile richiede doti di mediazione, di buon senso, di pragmatismo. Il fatto che il sindaco Manfredi abbia più volte ribadito la sua non disponibilità a candidarsi alla guida di palazzo Santa Lucia lo pone ancora di più come federatore naturale di questa alleanza. Bene farebbero i leader nazionali delle opposizioni ad affidare a lui l’istruttoria per verificare se è possibile, anche alle regionali, replicare l’esperimento ben riuscito delle comunali. Il destino nazionale del centrosinistra passa dalla Campania. Ago, filo e una buona dose di “riformismo radicale” potrebbero rappresentare un buon viatico per sognare Palazzo Chigi. È il tempo della Politica.
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