Abbattere l'insicurezza
Le spese al 5% del Pil non sono il vero problema. Quel necessario rinnovamento di Difesa e Nato

Ci hanno dato degli scrocconi, dei parassiti, e quel che è peggio è che abbiamo poco a poco recepito come giustificata l’accusa, senza controdedurre alcunché, dando atto all’Amministrazione statunitense di essersi fatta carico della sicurezza collettiva e di aver esercitato in tutti questi anni supplenza alla parsimonia con cui i Paesi europei hanno affrontato gli oneri comuni. Tutto vero, salvo che a tutto questo c’è stata una contropartita, che abbiamo pagato un prezzo alto per le nostre inadempienze. Da azionisti di maggioranza abbiamo consentito agli Stati Uniti di divenire surrettiziamente operatore dominante, e di abusare regolarmente di tale posizione, di dettare la linea dell’Alleanza, da allora in poi sempre figlia degli interessi Usa e incurante di quelli altrui.
L’incremento degli impegni al 5% del Pil
La Russia è stata la direzione in cui lo sguardo è stato costantemente rivolto, a volte in maniera isterica; la dottrina militare, l’approntamento delle forze, le esercitazioni sono state tutte conseguenza di tale politica, tanto che, chi oggi attribuisce ad essa una parte non banale della responsabilità della guerra russo-ucraina, non può essere agevolmente smentito. La consultazione, quell’attività fondamentale contemplata dall’art. 4 del Trattato ogniqualvolta emergano situazioni in cui la sicurezza dell’Alleanza o di qualche suo membro siano a rischio, è stata sostituita dal recepimento passivo della linea fissata dalla Casa Bianca; l’incremento degli impegni al 5% del Pil ne sono solo l’esempio più recente. In questo caso, il ventriloquo è stato ancora una volta il Segretario generale, in genere un “utile idiota” messo lì solo con il benestare statunitense, oggi peggiorato, declassato a un goffo essere servile; un personaggio indecoroso, impegnato, oltre che nel mandare a compimento le direttive ricevute, anche in avvilenti incensamenti del presidente statunitense. Forse vale la pena ricordare che al Segretario generale della Nato compete solo di “guidare le consultazioni e il processo decisionale, oltre a garantire l’attuazione delle decisioni prese dagli organi della Nato”. Null’altro. In teoria, prima di fare dichiarazioni pubbliche, egli dovrebbe ricevere il consenso dei Paesi membri. Invece assistiamo progressivamente a una sorta di mutamento identitario, da burocrate a comandante in capo.
Lo scombussolamento dei conti pubblici
Qualche riflessione, ora, sul 5% del Pil dei Paesi membri per la Difesa e la sicurezza collettive. Le discussioni dei più si sono fermate alle conseguenze dell’impegno sul welfare interno, allo scombussolamento, per qualcuno insostenibile, dei conti pubblici. C’è ovviamente dell’altro. Intanto sarebbe interessante – dal punto di vista di un tecnico, necessario – risalire all’ideatore di questo mega impegno di spese, di questo coniglio uscito inaspettato dal cilindro, e capire come è stato calcolato: perché 5 e non 4, o 6 o altro? È forte il sospetto che siamo di fronte a una sortita simile a quella di Ursula von der Leyen e dei suoi 800 miliardi: un ammontare di risorse, non conseguenza delle esigenze di integrazione e ammodernamento dell’apparato di Difesa e sicurezza, ma un consistente malloppo confezionato direttamente dal mondo delle industrie del settore. Ancora una volta si è manipolato maldestramente il gomitolo anziché cercare il bandolo dalla matassa e da lì partire.
Il ripianamento delle carenze
Siamo fermi alla dottrina Nato; questa deve essere aggiornata e resa compatibile con gli scenari di oggi, che non sempre vedono misurarsi eserciti, ma più spesso forze regolari con bande armate, milizie di ogni tipo, formazioni terroristiche, quando non criminali informatici. I domini di confrontazione vanno integrati con lo Spazio e la cibernetica, soprattutto la seconda in quanto fattore abilitante di qualunque altro sistema, terrestre, marittimo, aereo o spaziale. Solo quando l’integrazione e l’interazione delle nuove variabili darà forma a un nuovo sistema di Difesa e sicurezza sapremo di cosa abbiamo bisogno, e dei relativi impegni finanziari. Non prima. Oltre ovviamente al ripianamento delle carenze già in essere. Ancora. Oltre agli impegni finanziari, la Nato chiede, nel quadro del Nato Defence Planning Process (NPDP), ben precisi impegni capacitivi, ossia di rendere disponibili per l’Alleanza veri e propri “pacchetti di capacità” da sottoporre poi a verifica biennale.
Le virtù italiane
In altre parole, se l’Italia è il parente povero per il suo insufficiente impegno finanziario, è anche tra i più virtuosi per capacità militari messe a punto, tanto da essere sempre il più richiesto nella formazione delle missioni multinazionali di ogni tipo. Per contro, ad esempio, la Germania – così disattenta negli ultimi anni alle questioni di Difesa e così prodiga nel promettere risorse – dovrà penare non poco prima che le stesse si tramutino in capacità militari. Un impegno, quello capacitivo, che andrebbe coniugato con quello finanziario, ad evitare l’ostentazione di banali graduatorie che non riflettono nella sostanza il grado di impegno dei Paesi membri.
Una visione d’insieme
Da ultimo, una visione di insieme e lo sguardo proiettato ben al di là del contingente. Non sembrano esservi dubbi che gli Stati Uniti, Trump o non Trump, un giorno o l’altro avvieranno un processo di disimpegno in Europa e nella Nato a bilanciamento di una maggiore attenzione nell’Indo Pacifico. Inoltre, se veramente l’Europa dovesse investire così cospicue risorse nell’Alleanza, raggiungeremo un giorno uno share pari o superiore a quello statunitense. Il Pil dell’Unione è di 17 trilioni di euro, il 5% è pari a 850 miliardi, il bilancio della Difesa Usa è di 900 miliardi di dollari, al cambio circa 850 miliardi di euro. Sempre che Trump (TACO) non mantenga il proposito di tagliare il bilancio, saremo un giorno quindi a parità di risorse devolute per l’Alleanza. E parità di impegno vorrà auspicabilmente dire pari dignità, pari diritti. Più precisamente: rimessa in moto dei processi di consultazione, considerazione degli interessi di tutti, ridistribuzione delle posizioni in organico, votazioni non pilotate e così via. Un processo incrementale, questo, da avviare da subito nelle forme più proprie, senza creare turbative ma con tutta la determinazione del caso. Alla fine, sperando che non sia un’utopia, avremo una Nato pronta a inglobare un pilastro europeo della sicurezza completamente armonizzato, immune dalle sovrapposizioni o dalle duplicazioni, e pronta a proteggere i veri interessi di tutti e i valori fondanti delle nostre democrazie.
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