Se un rovescio e una volèe sono parole e una partita di tennis un racconto, i quattro tornei annuali dello Slam sono la Divina commedia, i Promessi sposi, Guerra e Pace e Moby Dick della biblioteca del tennis. Roland Garros, ad esempio: periferia sud-est di Parigi, nel bosco di Boulogne, un quartiere una volta operaio e ora residenziale ma senza sfarzi. Ogni giorno tra le 35 e la 40mila persone si mettono educatamente in fila dalle 10 del mattino fino anche all’una di notte per entrare e vedere.

Partecipare, piangere, ridere, appassionarsi, crederci anche sognare. Quei 40mila sono sicuramente praticanti del tennis in cerca del colpo dell’anno, un passante, una volèe, un fraseggio di smorzate come cannonate da fondo campo, gesti atletici per cui esaltarsi. Ma cercano anche il pathos, la passione e il dettaglio con cui uscire dalle proprie vite e vivere un po’ quella degli altri. Arthur Ashe, il primo tennista di colore a vincere Wimbledon nel 1975 contro Jimmy Connors, una partita passata alla storia, disse una volta che in fondo “un campo da tennis è il palcoscenico di un grande teatro dove ciascuno di noi giocatori mette in scena e a nudo se stesso in quel momento della vita. Il pubblico partecipa così tanto che alla fine ci ama o ci odia”.

Tre giorni al Roland Garros ne sono la conferma. Martedì notte, quasi all’una del mattino, il Philippe Chatrier, il centrale, ha ancora le luci accese e gli spalti pieni perché sta succedendo un miracolo: l’amato e odiato francese Gael Monfils, 36 anni, ex numero 6 del mondo, assente dai campi da circa dieci mesi, precipitato al 394esimo posto in classifica, ha vinto contro l’argentino Sebastian Baez al quinto set dopo essere stato sotto 0-4 nel quinto. In campo erano due contro uno: il giocatore francese, il suo pubblico e di là un argentino tosto ma impotente di fronte a quello spettacolo.

La sera della domenica, dagli spalti del campo numero 14 ad un certo punto si è alzata la Marsigliese – non ne hanno memoria qui al Roland Garros – per la vittoria di un campione e di un uomo recuperato, Louis Pouille che è stato numero 10 del mondo, oggi ha 29 anni, a ottobre stava per buttare vie le racchette, era precipitato alla 675esima posizione e in una depressione durissima. È partito dalle qualificazioni e ieri sera ha giocato il secondo turno dello slam. Archivi e statistiche non hanno memoria di un giocatore con classifica così basse che conquista il secondo turno del tabellone. La stampa francese ha titolato sulla “rinascita” e sulla “seconda vita” di questo giocatore.

Lacrime, sorrisi, sudore, fatica. Quelle di Sara Errani, anche lei 36 anni, ex numero 5 del mondo, semifinalista qui a Parigi nel 2012, poi inciampata in una strana storia di doping, squalificata, precipitata in classifica. Si è sempre dichiarata innocente, non ha mollato, oggi è tornata con grande fatica e tra qualche acciacco al numero 73 della classifica e lunedì ha passato il primo turno battendo in tre set la svizzera Jill Teichman. Sono vette conquistate dopo inarrivabili salite. Ieri sera Sara ha perso (contro la Begu) ma con la vittoria dell’altro giorno ha regolato i conti con la sua storia e la sua eredità sportiva.

Quelle di altri quattro azzurri, due arrivati dalle qualificazioni, scesi in campo a Parigi come veri underdog e già al secondo turno. Giulio Zeppieri (21 anni di Latina), numero 130 al mondo, che ha battuto in un quinto epico set il russo- kazako Alexander Bublik, top 50, uno che può battere dal basso, servire a 210Km/h e tirare vincenti da ogni angolo del campo. Andrea Vavassori di anni ne ha 28, in classifica è al 127 posto e anche lui ha raggiunto il secondo turno dopo cinque ore in campo contro Kecmanovic. Era sotto di due set: “Non ci ho pensato, ho solo giocato come so”.

Alla fine si è buttato a terra per trattenere il più possibile quel frammento di gioia infinita dopo anni e anni di tentativi. Le lacrime, anche, di Jasmine Paolini ed Elisabetta Cocciaretto, n.44 del mondo, che sul campo più bello per una giocatrice – quello dedicato a Suzanne Lenglen – con i suoi 166 centimetri di altezza si è sbarazzata in due set della top ten Petra Kvitova e dei suoi 186 centimetri. “Ma sa che non ci posso credere neppure io!!!!”ha detto all’intervistatrice a fine match. Tutto il pubblico era per la Kvitova, due volte regina di Wimbledon. La “petite Coccia” se li è comprati tutti alla fine con “merci beaucoup”.

Lo sport, specie se individuale, non mente quasi mai. Il tennis meno di altri perché una partita può durare ore e ore e in campo si è soli contro l’avversario. Non ci sono alibi né scuse. Ecco perché racconta così bene delle vite e dei caratteri di questi ragazzi e ragazze che una volta in campo devono accendere il loro talento ma soprattutto il carattere e la determinazione. Ci sono i predestinati come Jannik Sinner, Lorenzo Musetti e Fabio Fognini. I primi due devono giocare il secondo turno entro oggi. Fognini è già al terzo: uno dei più talentuosi della storia del tennis italiano sembra aver fatto pace con la rabbia che gli ha fatto buttare via tante partite e vincere molto meno di quello che avrebbe meritato.

Ha 36 anni, tre figli, è un ottimo padre (parola di Flavia) e sembra aver finalmente trovato il gusto dello stare in campo. Infortunato, è sceso oltre la 130esima posizione, è arrivato a Parigi come ripescato ed è al terzo turno dopo aver battuto (sempre in tre set) il top ten Auger Aliassime e Jason Kubler. Il tutto senza mai imprecare una volta con un arbitro o con un giudice di linea. E ne avrebbe avuto occasione.

Ci sono gli ostinati, come Lorenzo Sonego, anche lui al terzo turno. Ci sono le divinità. Erano tre, Federer, Nadal, Djokovic. Lo svizzero si è ritirato e su questa terra non ha mai fatto bene. Lo spagnolo è assente per la prima volta dal 2005 e dopo averlo vinto quattordici volte. Djokovic l’altra sera ha scritto sulla telecamera che “il Kosovo è il cuore della Serbia”.

La Federazione francese, proprietaria del torneo, ha chiesto sanzioni disciplinari: “La regole degli Slam è fuori la politica dai campi da tennis”. Già è difficile quando giocano contro russi e ucraini. Nole ha rivendicato quello che ha scritto. E lo ha ripetuto. È fatto così. Erano anni che non si vedeva così tanto azzurro al Roland Garros. Il tennis, a cominciare da quello italiano, è in ottima forma. Con le sue tante storie di discese, risalite, sconfitte e vittorie. Lo show va avanti. E ce n’è per tutti i gusti.

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Giornalista originaria di Firenze laureata in letteratura italiana con 110 e lode. Vent'anni a Repubblica, nove a L'Unità.