Sei Punte
La gestione scriteriata
L’ex sindacalista dell’Unrwa al fianco del capo-macellaio Yahya Sinwar
L’Unrwa (l’agenzia Onu per il soccorso e il sussidio dei profughi palestinesi in Medio Oriente) ha più volte accusato Israele di non aver fornito prove sufficienti alla dimostrazione del coinvolgimento di personale dell’agenzia in attività terroristiche e, in particolare, negli eccidi del 7 ottobre. Evidentemente, dunque, le Nazioni Unite hanno reperito altrimenti e altrove la documentazione che dava supporto alla vociferazione sionista.
Se Farhan Haq, infatti (portavoce aggiunto del segretario generale dell’Onu), l’altro giorno, doveva comunicare che “nell’interesse dell’agenzia” erano stati licenziati nove impiegati probabilmente responsabili di aver partecipato al massacro, vuol dire appunto che le Nazioni Unite si sono messe autonomamente alla ricerca di quelle prove. Diciamo che in alcuni casi non sarebbe poi troppo difficile recuperare documentazione in argomento, vista la mole himalayana cui ammontano le foto, i video, le email, i post su Facebook, su X, su Instagram che certifica quanto meno le compromissioni, e più spesso le vere e proprie complicità, di personale della cooperazione umanitaria con i tagliagole di Hamas. Né si tratta di una realtà nuova e inaspettata, di cui i plenipotenziari dell’Onu possono dirsi sbalorditi.
Se l’Unrwa desse un’occhiata indietro, per esempio, potrebbe ritrovare in due posizioni il nome Suhail al-Hindi: fino al 2017 ras dell’Unrwa che reclutava gli insegnanti da infilare nelle scuole di Gaza per l’indottrinamento dei bambini palestinesi; di lì in poi, per una fulminazione inopinata, ispirato membro dell’ufficio politico di Hamas, insomma collaboratore del capo-macellaio Yahya Sinwar. Accortisi del lieve motivo di incompatibilità in quel modo intervenuto, i signori dell’Onu decidevano di sospenderlo dall’incarico, infine accettandone le dimissioni (perché il licenziamento, verosimilmente, costituiva una misura inaccettabilmente punitiva nei confronti di uno che dopotutto s’era limitato a intraprendere una collaborazione con quel tipetto).
Come dovrebbe essere evidente a chiunque (ci abbiamo girato intorno in modo volutamente sarcastico) il problema, grosso come una casa, va ben oltre le responsabilità dei pochi o tanti (sono tanti) che si infilano o si tolgono le mostrine dell’Unrwa secondo che debbano incassare lo stipendio o scannare un civile israeliano. Il problema – lo scandalo, cui non pongono rimedio i licenziamenti – sta nella gestione a dir poco scriteriata di un’agenzia internazionale che, per non meritare di essere smantellata come vorrebbe Israele, dovrebbe quanto meno liberarsi dei propri vertici decisionali.
© Riproduzione riservata