Ormai è chiaro ed evidente che il Montenegro vive una difficoltà estrema: da una parte gli aspetti positivi di un percorso sempre più vicino all’Unione europea, dall’altra, la Chiesa ortodossa, che viene manipolata dalla Serbia e l’influenza russa che destabilizzano completamente il paese. A Bruxelles però questo tema sembra inesistente: si ha probabilmente paura di affrontare l’elefante nella stanza e quindi si continua a puntare sui progressi che il Montenegro sta facendo nella negoziazione con l’Unione europea. Sicuramente giusto, perché è vero che il paese sta facendo passi avanti, ma è anche chiaro che, senza una risposta concreta e precisa alla Serbia e alla Russia, l’Unione europea si troverà presto in un dilemma serio se continuerà con questo approccio. La Serbia, in cerca di espansione territoriale e di accesso al mare, con una politica imperialista, ha il Montenegro come obiettivo chiave. Nel frattempo, l’aiuto russo sta aumentando la pressione attraverso la guerra ibrida, usando metodi diversi per raggiungere i propri obiettivi.

Diversi sono i metodi adottati, e purtroppo includono anche assassini politici come il tentativo di assassinio di Djukanovic per cambiare l’approccio del Montenegro e vietare la sua adesione alla NATO; esistono poi partiti politici che sostengono vari soggetti, soprattutto di estrema destra, sfruttando la fragilità della democrazia soffiando sui nazionalismo etnico. Anche le elezioni sono sfruttate per l’obiettivo di destabilizzare il paese, creando il maggior numero possibile di soggetti che poi riescono a dividere i voti dei grandi partiti che si oppongono all’interesse serbo e russo. Non ultima, l’influenza diretta attraverso la propaganda del cambiamento come quelle del censimento. La politica del censimento in Montenegro viene usata per dimostrare l’aumento della popolazione di etnia serba manipolando i numeri e, di conseguenza, come arma politica e nazionalista.

Le guerre ibride e i tentativi di influenza alimentano le tensioni nella regione, creando un’atmosfera incerta e impegnativa, soprattutto per il Montenegro e gli interi Balcani occidentali. Questa situazione creata dalla Russia e dalla Serbia può essere cambiata solo con un forte coinvolgimento della comunità internazionale, con particolare impegno della NATO, degli Stati Uniti e dell’Unione europea. È giunto il momento di fermare l’appeasement, la “politica di tranquillizzazione”, nei confronti della Serbia e di passare ad azioni più dirette e mirate per contenerla.

La Serbia inoltre utilizza anche il Montenegro per negare la sua responsabilità nel genocidio di Srebrenica. Infatti, questo mese verrà votata all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite una risoluzione che renderebbe l’11 luglio giornata mondiale del genocidio di Srebrenica, per ricordare il genocidio di Srebrenica. Il Montenegro ha dichiarato di sostenere tale risoluzione solo se la Serbia non sarà considerata responsabile. Ciò è inaccettabile: la risoluzione non menziona la Serbia nonostante la sua obbiettiva partecipazione (tramite supporto di armi e di soldati), la quale è stata confermata anche dal Tribunale Internazionale (ICTY). Eppure il Montenegro insiste che ci debba essere un paragrafo in cui si esclude completamente la responsabilità serba; e questo non è possibile. Al di lá di tutto, non supportare una giornata della memoria, è un segnale assolutamente negativo, non solo perché contrario ai valori di pace e della democrazia su cui si basa l’integrazione europea stessa, ma anche perché tale negazione del passato blocca la normalizzazione e ostacola la convivenza per il futuro.

Politicamente, la Commissione Von der Leyen ha sempre cercato di mantenere l’equilibrio nei Balcani, un equilibrio che spesso è stato a rischio. E’ un approccio che in politica estera non paga mai e che rischia solo di inasprire gli animi, le diverse parti geopolitiche, come dimostra la situazione attuale dei Balcani.
La domanda da farsi è quanto davvero vogliamo aiutare il Montenegro ad entrare nell’Unione europea nel prossimo futuro. Se lo intendiamo seriamente, dobbiamo cercare di limitare e fermare le influenze esterne e imporre sanzioni alla Serbia per i suoi continui tentativi di manipolazione dei paesi vicini, oltre ad imporre ulteriori sanzioni alla Russia, che vanno al di là di quelle per la guerra in Ucraina.

Purtroppo, pare che Russia e Serbia capiscano solo le maniere forti. Hanno già dimostrato di non avere alcuna paura, né alcun timore, delle possibili misure europee. Loro sembrano convinti di non avere assolutamente niente da perdere. Quelli che stanno perdendo, invece, nell’equilibrio fra stati, siamo noi. L’UE rischia di perdere una regione, quella dei Balcani, sempre di più in balìa di queste forze negative. I Balcani costituiscono un macchia bianca sulla mappa dell’Europa, perché non fanno ancora parte dell’UE e sono delle democrazie fragili. Quindi, un intervento determinato e forte nei Balcani, da parte della Russia, potrebbe velocemente destabilizzare la stessa Unione europea.

Non ci si può cullare dietro il pensiero che non ne siamo ancora coinvolti. In realtà, le influenze esterne nefaste si fanno già notare in Montenegro impedendo ai suoi cittadini di esercitare le loro libertà. Gli accademici in Montenegro non sono liberi di esprimesti, ma sottoposti a controlli. Nemmeno la stampa può essere considerata; la “disinformazione” viene gestita dalla Russia e dalla Serbia.
E’ quindi arrivata l’ora di essere più coraggiosi e riconoscere quali sono i veri problemi del Montenegro. E’ arrivata l’ora per l’Unione europea e gli Stati Uniti, di diventare più attivi, e non rimanere passivi o al massimo reattivi.

I Balcani sono il nostro specchio, da un certo punto di vista. Ci ritroviamo qualche comportamento nostro, ci ritroviamo qualche scelta politica nostra, di anni fa. Noi poi da quelle scelte siamo usciti, spesso anche grazie al supporto di qualche partner straniero. Ora è tempo di essere noi coloro che aiutano, impedendo a Serbia e a Russia di appropriarsi di tutta la regione, andando contro agli interessi dei cittadini di Montenegro, Bosnia ed Erzegovina, e Kosovo. A differenza della Russia, con il suo interesse alla destbiizzazione, solo l’UE assieme agli USA possono offrire un’opzione democratica e costruttiva per i Balcani.

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Nata a Trento, laureata in Scienze Politiche all’Universitá di Innsbruck, ho due master in Studi Europei (Freie Universität Berlin e College of Europe Natolin) con una specializzazione in Storia europea e una tesi di laurea sui crimini di guerra ed elaborazione del passato in Germania e in Bosnia ed Erzegovina. Sono appassionata dei Balcani e della Bosnia ed Erzegovina in particolare, dove ho vissuto sei mesi e anche imparato il bosniaco.