Ho accolto con piacere l’invito dal direttore di questo quotidiano a esprimere pubblicamente le mie riflessioni sulla recente vittoria dell’Inter sul Milan, quella ottenuta nella semifinale Champions di martedì sera. La quarta vittoria di quest’anno che qualifica i neroazzurri per la finale di Istanbul. Oddio, un dubbio che ci fosse sotto qualcosa mi è venuto: visto che ricorre il decennale del celebre “stai sereno”, rivolto dal citato direttore a un altro protagonista della politica italiana di fede marcatamente milanista, non è che intendesse suggermi un bis? Ma mi ha rassicurato in proposito. Dovevo scrivere un pezzo equilibrato, non uno sfottò dei cugini rossoneri. Ho quindi accettato.

Del resto, lo ha detto Galliani domenica sera a Che Tempo che Fa: comunque vada occorre essere contenti che sia una squadra milanese (e italiana) a raggiungere la finale della Champions. Quindi niente prese in giro. Per esempio, eviterò attentamente di rivolgermi ai milanisti con frasi tipo “Belli Ciao”, anche per non essere chiamato in giudizio per violazione del copyright dal quel politico milanista che, giorni fa, così si è rivolto proprio al conduttore (sampdoriano) di Che Tempo Che Fa.

Certo, il contesto non era calcistico: non credo che, con quel “belli ciao”, il politico milanista intendesse riferirsi all’ormai matematica (ahimè) uscita della Sampdoria dalla serie A. Ma meglio comunque evitare espressioni di quel tipo, poco eleganti in qualunque contesto. E poi anch’io sono contento che sia una squadra milanese a battersi per il titolo di campione d’Europa. Il fatto che sia l’Inter invece del Milan è per me, da vero sportivo, del tutto irrilevante. O quasi.

Quasi perché, in fondo, a me non è andato ancora giù il fatto che l’anno scorso abbiamo praticamente regalato al Milan uno scudetto quasi vinto per effetto di una sconfitta in un derby dominato dall’Inter per 75 minuti (da lì è iniziato tutto anche se Radu poi ci ha messo del suo). No perché, sapete, la notte della vittoria dello scudetto milanista è stata particolarmente dura per gli interisti che, come me, abitano in zona Duomo (le vibrazioni di “chi non salta interista è” mi hanno fatto cadere dal soffitto non poco intonaco, cose da denuncia per danni).

E poi, diciamolo, quelle sette coppe con le grandi orecchie che stanno nella stanza dei trofei del Milan a noi interisti, che ne abbiamo tre, ci hanno sempre dato parecchio fastidio. Certo, meglio della Juve, che ne ha solo un paio, ma i gobbi non sanno più dove mettere gli scudetti (meno male che un gesto di giustizia sportiva misericordiosa gliene ha tolti due).

Per cui, lo ammetto: il fatto che tra le due milanesi sia stata l’Inter ad andare a Istanbul mi rende un pochino più contento. A Istanbul … già Stadio Ataturk… mi ricorda qualcosa che risale a quasi vent’anni fa. C’era di mezzo il Liverpool. Perdeva tre a zero alla fine del primo tempo. Nel secondo l’altra squadra fu colta da sei minuti di straordinaria follia. Ma perché rivangare queste storie? Neppure mi ricordo quale fosse l’altra squadra.

Insomma, andiamo a Istanbul con animo tranquillo. Comunque vada è importante avere una squadra italiana in finale, qualunque siano i colori delle sue strisce. E non dimentichiamoci delle altre partite prima della finale. C’è un campionato in cui è necessario avere una squadra milanese tra le prime quattro. Una sola, però, per mantenere un equilibrio territoriale, come richiesto anche dal Pnrr. Quindi o noi o loro (mannaggia, ci sono ricaduto). E per l’Inter c’è una finale di Coppa Italia da vincere. A proposito, per che squadra tifa il direttore di questo quotidiano?

Carlo Cottarelli

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