Sanità malata
Lo sciopero dei medici e la povertà sanitaria delle famiglie italiane: curarsi costa sempre di più

Ieri il mondo delle professioni sanitarie – dai grandi chirurghi agli infermieri, dai grandi laboratori analisi ai portantini – ha incrociato le braccia e sospeso il lavoro, rimandando anche gli interventi urgenti. Uno sciopero preannunciato da tempo, quello del personale medico e sanitario, rispetto al quale il governo non ha preso alcuna iniziativa. Tra le sigle in piazza, quella dei giovani medici che al Riformista esplicita la sua posizione. «Se il Governo volesse intervenire per gli specializzandi e i giovani medici non sarebbe neanche una questione di fondi, ma serve un piano nazionale di assunzioni nei reparti di ospedali non universitari pubblici. Così si andrebbero a ridurre le liste d’attesa», ci dice Giammaria Liuzzi, responsabile Anaao-Assomed giovani. Ripartire con il personale necessario, rafforzare le risorse in prima linea è la richiesta urgente dei medici che hanno scioperato: ne beneficerebbe l’efficienza di tutto il sistema sanitario. E invece, i dati che inchiodano la sanità pubblica italiana ai livelli più bassi della sua storia sono impietosi.
La sanità è la grande malata del sistema-Paese. I dati mostrano non solo come i livelli di assistenza siano andati deteriorandosi nell’ultimo anno, ma come – in compensazione – sia cresciuto esponenzialmente l’indebitamento delle famiglie italiane per sostenere le cure presso strutture private. Nell’anno in corso, 427.177 persone si sono trovate in condizioni di povertà sanitaria. Hanno dovuto, cioè, chiedere aiuto ad una delle 1.892 realtà assistenziali convenzionate con Banco Farmaceutico per ricevere gratuitamente farmaci e cure. Rispetto alle 386.253 persone del 2022, c’è stato un aumento del 10,6%. È quanto emerge dall’11/mo Rapporto “Donare per curare – Povertà Sanitaria e Donazione Farmaci“, realizzato da Opsan – Osservatorio sulla Povertà Sanitaria (organo di ricerca di Banco Farmaceutico).
I dati sono stati presentati in un convegno promosso da Banco Farmaceutico e Aifa. Intanto, la spesa farmaceutica delle famiglie aumenta, ma la quota a carico del Servizio Sanitario Nazionale (Ssn) diminuisce. Nel 2022 (ultimi dati disponibili), la spesa farmaceutica totale è stata pari a 22,46 miliardi di euro, 2,3 miliardi in più (+6,5%) rispetto al 2021 (quando la spesa era di 20,09 miliardi). Tuttavia, solo 12,5 miliardi di euro (il 55,9%) sono a carico del Ssn (erano 11,87 nel 2021, pari al 56,3%). Restano 9,9 miliardi (44,1%) pagati dalle famiglie (erano 9,21 nel 2021, pari al 43,7%). Significa che, rispetto all’anno precedente, le famiglie hanno pagato di tasca propria 704 milioni di euro in più (+7,6%). In sei anni (2017-2022), la spesa farmaceutica a carico delle famiglie è cresciuta di 1,84 miliardi di euro (+22,8%). A sostenere di tasca propria l’aumento sono tutte le famiglie, anche quelle povere, che devono pagare interamente il costo dei farmaci da banco a cui si aggiunge (salvo esenzioni) il costo dei ticket.
«Quest’anno – ha dichiarato Sergio Daniotti, presidente della Fondazione Banco Farmaceutico Ets – ci preme sottolineare che tante persone in condizioni di povertà non riescono ad accedere alle cure non solo perché non hanno risorse economiche, ma anche perché, spesso, non hanno neppure il medico di base, non conoscono i propri diritti in materia di salute, o non hanno una rete di relazioni e di amicizie che li aiuti a districarsi tra l’offerta dei servizi sanitari ». A compromettere lo stato di salute di chi è economicamente vulnerabile, contribuisce la rinuncia a effettuare visite specialistiche, che è cinque volte superiore al resto della popolazione. La difficoltà economica delle famiglie a far quadrare mensilmente i conti è racchiusa in pochi, ma eloquenti, numeri: 1.348.473 famiglie, il 5,17% del totale, spendono mensilmente oltre il 20% dei propri consumi “non essenziali” per pagare cure mediche per uno o più dei suoi membri (quelle che l’Oms definisce «spese mediche catastrofiche»), e 378.629 sostengono spese mediche che li portano a finire sotto la soglia di povertà relativa.
Numeri che rimarcano come le spese mediche siano sempre più a carico delle famiglie: il 74,8% mette mensilmente mano al portafoglio per spese di assistenza medica, farmaci, visite, etc. «Vale la pena ricordare che il Servizio sanitario nazionale si basa su tre principi cardine: universalità (l’estensione delle prestazioni sanitarie a tutta la popolazione); uguaglianza (i cittadini devono accedere alle prestazioni del Ssn senza nessuna distinzione di condizioni individuali, sociali ed economiche); equità (a tutti i cittadini deve essere garantita parità di accesso in rapporto à uguali bisogni di salute)», ricorda il professor Maruotti, docente di statistica presso Lumsa che per primo ha elaborato i dati dell’indebitamento sanitario delle famiglie italiane. Dal suo studio appare evidente come questi principi fondamentali siano messi a dura prova, con le famiglie che sono di fatto costrette a pagare di tasca propria per cure mediche che, altrimenti, sarebbero rinviate di mesi e che, invece, si possono avere rapidamente. Pagando, appunto.
Le opposizioni fanno sentire la loro voce. Roberto Fico, M5S, e Marina Sereni per il Pd fanno appello al governo perché ascolti la loro voce, aumenti i fondi, programmi assunzioni straordinarie e cancelli la norma sulle pensioni. La senatrice di Iv, Raffaella Paita, rincara: «Da eroi a mucche da mungere per fare cassa, l’esecutivo Meloni ha umiliato il personale sanitario, dal quale oggi arriva un grido di dolore che non può restare inascoltato».
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