Il ritorno sulla terra è amaro e difficile. Giorgia Meloni ieri mattina ha dovuto lasciare le meravigliose sorti progressive della riforma istituzionale – con cui non si fa la spesa – e quelle oniriche del soccorso albanese nel contrasto ai migranti clandestini e ha dovuto fronteggiare l’assemblea della Cna, gli artigiani, “cuore e scheletro del made in Italy”. “Senza di voi non esisterebbe”, ha detto la premier strappando uno dei pochi applausi del suo intervento.

Per il resto il confronto con le risorse della legge di bilancio e, ancora peggio, con le nuove regole fiscali europee – ovvero quali parametri dovranno usare i ministri europei per fare i bilanci nazionali – è una partita piena di incognite e di serio imbarazzo per l’Italia. Le notizie che rimbalzano da Bruxelles raccontano di un’Italia isolata in Europa, fuori dall’asse Parigi-Madrid-Berlino che sembra aver chiuso le regole del nuovo Patto di stabilità a cui Roma potrebbe mettere il veto.

Così come dal Senato, dove la legge di bilancio concluderà martedì le audizioni tecniche che Banca d’Italia, Corte dei conti, Cnel e Istat, rimbalzano i dietrofront che lo stesso governo ha ipotizzato sul fronte delle pensioni dei dipendenti pubblici, medici compresi. Clima difficile. Anche per questo, osservano gli osservatori più severi, ieri mattina la premier ha partecipato ma solo da remoto all’assemblea della Cna. Meglio evitare domande e confronti diretti.

Di patto di Stabilità si riparlerà entro la fine di novembre. L’accordo tra i 27 è di chiudere entro la fine dell’anno per evitare il ritorno delle vecchie regole dal primo di gennaio.  In realtà l’Italia avrebbe ottenuto tre benefici: il piano di rientro dal deficit in sette anni e non quattro; gli investimenti per Difesa, prestiti del Pnrr e cofinanziamenti avranno “un trattamento agevolato nel calcolo del deficit” anche se non sarà un vero e proprio scomputo come aveva chiesto l’Italia; la riduzione del debito, pari all’1%  ogni anno, sarà elastica, spalmata su quattro anni, ma la Germania ha ottenuto “una clausola di salvaguardia” che fissa il deficit sotto il 2% nei casi più difficili. Una rigidità di cui Roma non vuol sentire parlare. E che la mette nei fatti da sola nell’angolo in Europa.

Non è chiaro se Giorgetti abbia bluffato o altro. Di sicuro a breve ci sono tre scadenze importanti: il 21 novembre la Commissione Ue dirà la sua sulla manovra italiana; negli stessi giorni è atteso il verdetto sul Pnrr per cui palazzo Chigi ha chiesto importanti modifiche; entro fine anno deve essere firmato il Mes, manca solo l’Italia e i 27 sono molto nervosi.  “La mancata ratifica del Mes – ragiona Nicola Danti, eurodeputato di Italia Viva e vicepresidente di Renew europe – sta diventando insostenibile e il viatico per il giudizio europeo sulla legge di bilancio (atteso per il 21 novembre), e sulla revisione del Pnrr, si presenta molto impervio”. Se dovessimo tornare alle vecchie regole, scenario ipotizzato da Giorgetti, “noi dovremo tornare in 20 anni al 60% del debito sul pil. Una cura da cavallo che non possiamo permetterci” avverte Ivan Scalfarotto.

Governo sotto pressione anche per la manovra. Ieri pomeriggio, in Commissione al Senato, sono stati auditi i medici e le associazioni delle professioni sanitarie. Il nodo riguarda il taglio delle pensioni. L’articolo 33 prevede un taglio che nel 2024 impatta sulle pensioni di 31.500 lavoratori tra cui 3800 medici. Tutte categorie pronte allo sciopero tra il 19 novembre e il 5 dicembre.

Il governo sembra aver fatto marcia indietro. Cancellare questa norma costerebbe 11,5 milioni solo nel 2024. Oltre due miliardi la cancellazione totale della norma. “Con la misura patrimoniale sulle pensioni dei medici, nei fatti, si dà il via alla fuga, in un solo mese e mezzo di 2.793 dirigenti medici e 4.000 nel 2024- attacca l’ex ministro della Salute Beatrice Lorenzi – “per non parlare degli infermieri: circa 300 euro in meno su una pensione media di 1.400 euro. Il governo sta dando il colpo di grazia alla Sanità”.
Un atto di accusa durissimo. Cui la premier ha risposto in serata con una nuova puntata social degli “Appunti di Giorgia” dedicata alle riforme costituzionali, all’accordo con l’Albania e, appunto, alla Sanità. “Solo propaganda contro il governo, sulla Sanità abbiamo mantenuto gli impegni” ha detto Meloni. Un videoclip contro i numeri e le denunce di medici e infermieri.

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Giornalista originaria di Firenze laureata in letteratura italiana con 110 e lode. Vent'anni a Repubblica, nove a L'Unità.