La storia
Mamma incontra la figlia morta grazie alla Realtà Virtuale: in un documentario il commuovente abbraccio

Il termine ‘virtuale’ deriva dal latino virtus che, oltre ad indicare forza e virilità, in realtà possiede in sé il concetto di potenzialità. La forza è dunque intesa come possibilità di poter essere qualunque cosa, sotto ogni forma e aspetto. Questa spiegazione permetterebbe di capire ancor di più il concetto di Realtà Virtuale. In quest’ottica la realtà virtuale non rappresenterebbe altro che lo slancio vitale della realtà in qualcosa di possibile. Queste idee potrebbero sembrare aleatorie, ma c’è chi ha reso concreta e tangibile questa teoria attraverso un documentario commuovente ed emozionale. I met you, tradotto Ti ho incontrata, è un documentario prodotto in Corea del Sud dalla Munhwa Broadcasting Corporation che racconta l’incontro tra una madre e la figlia morta. Il video è stato pubblicato online, riuscendo ad entrare nell’emotività delle persone e abbattendo le barriere che talvolta vengono poste tra il reale e l’altrove.
LA STORIA – Jang Ji-sung ha perso la sua bambina di sette anni, Nayeon, nel 2016 a causa di un male incurabile. Da allora la donna, come ogni persona che subisce una grande perdita, non si è mai rassegnata all’idea di poterla salutare un’ultima volta. Per esaudire il suo desiderio la MBC ha fatto realizzare una simulazione che sfrutta il visore di realtà virtuale HTC Vive Pro e i suoi guanti dotati di feedback aptico, una tecnologia che permette di replicare le sensazioni tattili generate dalle interazioni con l’ambiente circostante con un certo grado di accuratezza. La figlia, animata in 3D, è apparsa come un modello ricreato sulle immagini di Nayeon con i movimenti replicati catturando in digitale il moto di un bambino, come si fa al cinema e nei videogame. Lo sviluppo del modello virtuale della piccola Nayeon è durato 8 mesi affinché si riuscisse a ricostruirne fedelmente l’aspetto e la voce. Mentre una giovane attrice le ha prestato le movenze, registrate attraverso la tecnica del motion capture.
Sembra la descrizione di una puntata della serie tv Black Mirror, eppure è successo davvero. In particolare nella puntata Be there back, Torna da me, era stato ricostruito fedelmente attraverso la voce, le movenze e l’aspetto fisico il corpo del fidanzato morto della protagonista. Nel documentario I met you è accaduta una cosa simile, la madre ha potuto interagire con la figlia attraverso un incontro digitalizzato. Alle riprese erano presenti anche il padre e i fratellini di Nayeon. Jang ha trascorso una giornata intera con il sensore che le permetteva di rivedere e abbracciare sua figlia, in una realtà virtuale creata apposta per lei. Hanno giocato insieme, sorriso, corso, parlato e perfino spento le candeline sulla torta di compleanno della piccola Nayeon. Fino a quando la bambina ha regalato un fiore bianco nelle mani della madre e si è messa a dormire. Nel documentario si vede Jang Ji-sung piangere di commozione e di gioia: “Ho vissuto un momento felice, il sognoche ho sempre voluto vivere” ha dichiarato la mamma. Al quotidiano locale Aju Business Daily ha affermato che vivere l’esperienza è stato come “essere davvero in paradiso”, aiutandola in parte a superare il dolore della perdita. La sua scelta di apparire nel documentario, ha poi aggiunto, spera che aiuterà a tenere viva la memoria di Nayeon nelle persone, e a dare conforto a chi come lei si è trovata ad affrontare la perdita di una persona cara.
I met you segna un grande balzo avanti della tecnologia che invece di essere teorizzata soltanto attraverso una serie tv, è riuscita a penetrare nella realtà ricreando una simulazione del reale in un mondo virtualizzato e potenziato. La realtà diventa dunque possibilità. I corpi di mamma Jang e della figlia Nayeon superano per un attimo le barriere del reale vivendo un’esperienza che, per quanto controversa possa apparire, rappresenta un aiuto per il superamento di una perdita. La morte è un limite invalicabile, ma la realtà virtuale ci può venire in soccorso insegnandoci a fare i conti con le proprie emozioni senza rinunciare all’illusione della corporalità e della concretezza che si fonde con il mondo immaginario e possibile.
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