Dai dazi alle regole, passando per media e reputazione, chi fa impresa deve imparare a muoversi nell’“extramercato” con metodo e visione strategica. Al centro di questo cambio di passo, la figura del lobbista: non più semplice mediatore esterno, ma stratega integrato nelle dinamiche aziendali e decisionali. Lo racconta Giacomo Lev Mannheimer nel suo ultimo libro, I mercanti nel palazzo (il Mulino), in presentazione oggi alle 18:30 a Roma, presso Binario F.

Iniziamo con l’argomento principe delle ultime settimane: i dazi. Per ora il pericolo sembra scampato, ma come possono le imprese italiane prepararsi in anticipo e trasformare queste incertezze (dazi sì, dazi no) in leve strategiche, anziché subirle passivamente? Nel libro parla di “sanzionismo”…
«Di Trump si può dire di tutto, ma come promotore involontario del mio libro è stato ineccepibile! Scherzi a parte, i dazi dimostrano che il contesto politico non è più neutro: ignorarlo è un errore strategico. Trump impose i primi dazi già nel 2018 e non è che Biden abbia più di tanto invertito la rotta durante la sua presidenza: le imprese dovevano e potevano prepararsi. Troppo spesso invece si continua a pensare che il mercato sia “libero” e indipendente dalla politica. Volenti o nolenti, non è così. Per affrontare un mondo sempre più frammentato e veloce, le aziende devono anticipare il cambiamento e lavorare con istituzioni e stakeholder molto prima del momento delle decisioni, o sarà sempre troppo tardi. E devono farlo in prima persona, con lo stesso rigore e metodo che mettono ogni giorno nel marketing o nelle vendite».

Il mercato da solo non basta più. Attorno alle imprese si muove un “extramercato” fatto di regole, politica, media, reputazione. Se dovesse spiegare a un giovane imprenditore perché oggi non si può più ignorare questo spazio, quale sarebbe la sua “regola d’oro” per sopravvivere – e magari prosperare – nell’extramercato?
«L’innovazione rompe equilibri e per questo è, prima di tutto, un fatto politico. Gli imprenditori passano già molto tempo fra avvocati, notai e commercialisti, e vedono spesso i public affairs come un’ulteriore complicazione. Ma ogni nuova impresa scardina interessi consolidati e prima o poi ci si scontra, se non previene il problema. Presidiare questo spazio è come assicurare la propria idea: serve a proteggerla, renderla comprensibile e difenderla da chi ha interesse a piegarla ai propri scopi. Oggi non basta avere ragione: serve che gli altri lo capiscano. Per questo i public affairs sono uno strumento di sopravvivenza, non un lusso per grandi aziende. Se oggi questo non avviene in automatico è solo perché manca ancora la consapevolezza del valore dei public affairs».

Descrive una evoluzione chiara del lobbista, non più un ambasciatore esterno, ma un facilitatore interno, capace di “aiutare le altre funzioni dell’azienda a essere coinvolte nell’extramercato se e quando serve, al momento giusto e nel modo giusto”. È un cambio di passo profondo: quanto è difficile, oggi, per le imprese integrare davvero i public affairs nella strategia?
«Integrare i public affairs nelle strategie aziendali non è semplice, ma spesso siamo noi stessi professionisti del settore a renderlo ancora più complicato di quello che sarebbe. Se vogliamo contare, dobbiamo imparare a lavorare e a farci misurare come le altre funzioni aziendali, con obiettivi chiari e risultati tangibili. Il marketing ha fatto questa rivoluzione anni fa, e oggi è un ambito chiaro con un valore riconosciuto in aziende di qualunque dimensione. Ora tocca a noi: abbiamo la responsabilità di fornire ai nostri management e clienti gli strumenti per capire e gestire al meglio il nostro lavoro. Così facendo, i public affairs smetteranno di essere una funzione isolata e diventeranno parte della strategia».

Se sei un’impresa e non ti occupi di politica, sarà la politica a occuparsi di te. Così inizia quasi “brutalmente” il suo libro… basta distrarsi un attimo e l’azienda si ritrova travolta da leggi, regolamenti e scelte politiche. Quali “rimedi” pratici suggerisce per schivare il colpo e rimanere un passo avanti?
«L’unico rimedio è costruire una narrativa solida prima che siano altri a farlo per te. Le decisioni politiche raramente cadono dal cielo: seguono narrazioni, spinte, percezioni. Far emergere l’importanza, la missione e il ruolo ‘politico’ della propria azienda o del proprio settore nei confronti dei decisori di oggi e di chi li influenza dovrebbe essere una priorità prima che emerga una narrativa diversa, come invece accade spesso. Investire in prevenzione significa avere il coraggio di farsi capire prima che il problema diventi visibile. Non esisterà mai una controprova che dimostri che era necessario, ma quando l’uragano arriverà, averlo fatto farà tutta la differenza».

Oggi il “mercante nel palazzo” deve saper portare idee, non solo richieste. Se dovesse dargli un nuovo mestiere simbolico, quale sarebbe? L’architetto? O magari un equilibrista?
«L’architetto è un’analogia efficace: unisce competenze tecniche, creatività, capacità di ascolto e doti di improvvisazione. Ma quella che sento più calzante è quella del traduttore: imprese e politica parlano due linguaggi diversi, con tempi e logiche diverse. Oggi sempre di più gli incentivi alla base delle rispettive strutture decisionali spingono entrambe verso l’esecuzione immediata e gli slogan, la ricetta perfetta per incidenti e incomprensioni. A noi il compito di stare tra i due fuochi e aiutare il dialogo, un compito non semplice ma essenziale. E cosa c’è di più bello delle cose difficili, ma essenziali?».

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Laureata in Lettere Moderne all'Università degli Studi di Napoli Federico II con una tesi in Linguistica generale, dal 2021 collabora con la Fondazione Ottimisti&Razionali, in qualità di Flow Strategist, occupandosi anche di organizzazione di eventi, ufficio stampa e scrittura di articoli su energia, digitale, comunicazione. Nel 2023 ha svolto attività di ufficio stampa e segreteria per un candidato presidente alle elezioni regionali in Lazio. Attualmente è Public Affairs & Communication Consultant per Reframe e redattrice de il Riformista.