Al primo vero, importante, banco di prova, la maggioranza di destra-centro del governo Meloni rischia di restare impelagata in scontri e malumori. È la situazione incandescente che gravita attorno alla prossima legge di bilancio che, come annunciato sabato dalla premier, verrà portata lunedì in Consiglio dei ministri.

Eppure per l’esecutivo, come racconta in un retroscena il Corriere della Sera, vi sarebbero almeno quattro “false partenze” sulla prima manovra, tra provvedimenti di bandiera prima fatti filtrare ai quotidiani e poi ritirati.

L’ultimo in ordine di tempo è l’azzeramento dell’Iva, dal 4 allo zero per cento, sui beni di prima necessità come pasta, pane, fino al latte. Una misura fortemente voluta da Forza Italia che nell’atto di scrittura della legge di bilancio non risulta. Colpa dei costi per le casse dello Stato, circa mezzo miliardo di euro: troppi, è il pensiero che fanno al Mef guidato da Giancarlo Giorgetti, se rapportati allo scarso risparmio che ne deriverebbe per le famiglie.

Anche perché, è il ragionamento che arriva dal Ministero, se si dovesse azzerare l’imposta, altre misure a sostegno delle famiglie dovrebbero venire meno.

Poi c’è l’altro “elefante nella stanza”. È il nodo pensioni, altro cavallo di battaglia di Forza Italia ma anche della Lega, che da sempre si intesta la battaglia contro la legge Fornero. Il Carroccio punta a Quota 103, ovvero 62 anni d’età e 41 di contributi, mentre il partito di Berlusconi spinge per aumentare le pensioni minime: dal Ministero dell’Economia il messaggio è stato chiaro, solo una delle due strade è percorribili viste le risorse economiche in campo.

Terzo punto ormai scomparso dalla manovra è quello, fortemente criticato, dello scudo fiscale per il rientro dei capitali all’estero. Nella legge di bilancio non ci sarà traccia della “volountary disclosure”, sanatoria che avrebbe permesso un colpo di spugna anche sui processi.

Ultima questione, che questa volta tira in ballo direttamente la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, è la “flat tax incrementale”, un’aliquota ridotta per i redditi supplementari delle imprese, da introdurre con quella “coperta economica” che avrebbe impedito un netto taglio del cuneo fiscale sul lavoro.

Ebbene, il provvedimento è sparito dall’agenda, ma il taglio del cuneo fiscale che poteva dunque essere finanziato con quelle coperture è rimasto ‘debole’: l’ultima ipotesi prevede un taglio del 3% per redditi sotto i 20mila euro.

Redazione

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