Crisi totale con Parigi. Siamo arrivati a un passo dal ritiro dell’ambasciatore francese. Schiaffo anche da Berlino che sta con Macron e difende il ruolo essenziale delle Ong in mare. C’era proprio bisogno di prendere cenciate in faccia anche da Pedro Sanchéz? Che rimpiange i tempi di Mario Draghi e sottrae la Spagna al fronte del sud Europa invocato in modo maldestro dal governo italiano lasciando Giorgia Meloni sola con i piccoletti di Malta, Grecia e Cipro (che, tutti insieme, producono i due terzi del reddito della Lombardia). Madrid dice no a Roma e si siede accanto a Parigi. Il governo tedesco definisce le Ong fondamentali, decide di finanziarle, riconosce il loro ruolo che è quello di svolgere in mare una supplenza che salva migliaia di persone dall’annegamento. E il governo Meloni cosa fa? La guerra alle Ong e, di conseguenza, a Berlino. Ce ne era bisogno? Adesso poi che anche Bruxelles esplicita come non possa esserci differenza di trattamento tra nave di ong e qualsiasi altra imbarcazione?

La presidente del Consiglio dovrebbe spiegare qual è il senso dell’averci portato a strattoni sul tavolo internazionale accanto a Polonia ed Ungheria, in aperto ed evitabilissimo conflitto con Parigi, Berlino, Spagna e Portogallo. Lasciare a Salvini spazio per la riedizione del Conte Uno, portare la sceneggiata su mille naufraghi fino alla rottura con Parigi senza capire che è necessario un passo indietro, senza cercare i toni concilianti della frenata in corsa. Prima dello schianto. Con Parigi siamo tornati ai toni gelidi del tempo dei gilet gialli, e lo conferma Emmanuel Macron andato dritto da Mattarella (nemmeno preso da lui in considerazione un passaggio da Palazzo Chigi), per ribadire in colloquio telefonico”la grande importanza delle relazioni tra la Francia e l’Italia”. Mattarella e Macron – informa un comunicato della presidenza francese – “hanno affermato la grande importanza delle relazioni tra la Francia e l’Italia ed hanno sottolineato la necessità di mettere insieme le condizioni per una piena cooperazione in tutti i settori, tanto a livello bilaterale che in seno all’Unione europea”.

Macron ha subíto la accelerazione alla crisi sui naufraghi della Ocean Viking provocato da una mossa di qualcuno all’interno del suo governo, presumibilmente dal ministero degli interni, che ha fatto uscire la notizia della decisione di accogliere in un porto francese (Marsiglia era stata la prima indicazione), la nave in cerca di un porto sicuro negato dall’Italia. Il tono scioccamente rivendicativo di un comunicato di palazzo Chigi qualche ora dopo, scritto per rincorrere l’esultanza sui social di Salvini, ha fatto esplodere il conflitto. Ma Macron era già nei guai. Senza maggioranza in Parlamento, si trova addosso l’estrema destra di Marine Le Pen determinata a cogliere la possibilità insperata di mettere in difficoltà la maggioranza. Ora è la capogruppo del Rassemblement national, al comando di un pacchetto di ben 89 deputati, a sfidare Macron: «Dalle urne potremmo uscire più potenti di oggi e magari in grado di avere un primo ministro», ha detto al Journal du Dimanche.

Questa ostinata volontà di rompere con i francesi sui porti chiusi e il ritorno al salvinismo del Papeete costa alla Meloni l’ennesimo strappo da Forza Italia. Cercato e trovato. Anche stavolta, come quasi una volta al giorno ormai da tre settimane. Sui migranti la differenza di linea tra Meloni e Forza Italia sua alleata di governo è chiara. Berlusconi ha detto in una cena privata arrivata alle orecchie del Corriere della sera: «quelle povere persone» imbarcate dalle navi delle Ong andavano «salvate tutte», ignorando questi sbarchi selettivi decisi dal Viminale prima che esplodesse il caos diplomatico con la Francia. Totale differenza di vedute con Forza Italia anche sulle altre poche questioni messe sul piatto dal governo finora. L’innalzamento del tetto al contante? Per Forza Italia «Non è una priorità». Il decreto anti-rave? «Va cambiato». Le modifiche al Superbonus per l’edilizia? «Presentiamo un emendamento». E stanno insieme al governo da nemmeno un mese.

La linea del muro invalicabile ai migranti dovrebbe essere rivendicata nelle norme sul regolamento delle attività delle Ong allo studio di Palazzo Chigi. L’idea sarebbe obbligare le navi di Ong in richiesta di attracco a dimostrare di aver soccorso imbarcazioni a rischio naufragio. La Meloni non molla il suo distinguo tra naufrago e migrante, con relativo arbitrio sul diritto alla sopravvivenza dell’uno o dell’altro. Chi non rispetterà questa regola e violerà il divieto di approdo subirà una sanzione amministrativa che potrà prevedere anche il sequestro della nave utilizzata per l’attività di ricerca e salvataggio in mare. Dall’incontro tra ministri degli esteri dei Paesi Ue a Bruxelles, presente Tajani, non è venuta fuori la smentita dell’intenzione di Parigi di chiedere sulla crisi per i naufraghi un intervento della Commissione Ue. La Francia vuol arrivare a un clima di sanzionabilità politica dell’Italia.

Intende arrivarci anche per questioni sue interne e per questo usa uno strumento vile come i respingimenti a Ventimiglia, ma intende comunque arrivarci prima della prossima riunione dei ministri Ue il 15 dicembre. Un mese di tempo ha Giorgia Meloni per fare indietro tutta o lasciare sull’immigrazione e sul conflitto con la Francia il timone a Salvini. Se siamo davvero isolati in Europa o no, se stiamo per esser retrocessi allo status di lontani cugini dei padroni di casa da tenere d’occhio, lo sapremo a breve dalle notizie europee riguardanti il Patto di stabilitá e i suoi strascichi. Se c’era bisogno di litigare con Macron proprio adesso spiegateci almeno perché.