Sulla pelle dei migranti la politica mostra tutti i suoi limiti. La guerra ideologica, la speculazione elettorale, il circo mediatico che ruota intorno a chi rischia la vita per solcare il Mediterraneo, affida a un mare di parole quel che i dati metterebbero a nudo senza infingimenti. La fonte ufficiale è il Ministero dell’Interno. Secondo il conteggio bollinato dal Viminale sono 89926 i migranti approdati via mare nel nostro Paese nel corso del 2022, dal primo gennaio al dieci novembre. Negli ultimi dieci giorni, con tutti i ministeri del nuovo governo in piena funzione, sono stati 4543 ad arrivare sulle nostre coste. Approdi che tengono conto di chi arriva con il suo barchino, con i barconi stracarichi, chi viene recuperato dalla guardia costiera italiana nelle missioni S.A.R. e chi viene recuperato a bordo delle navi delle Ong internazionali.

A fronte di 4543, per circa 500 si sono accesi i riflettori mediatici, concentrando il focus sulle tre Ong che hanno effettuato operazioni di recupero e salvataggio in acque internazionali. Nel 2020, con il governo Conte 2 sorretto da Pd e M5s i migranti sbarcati erano stati 30.780, ovvero un terzo degli attuali. Nel 2021, con il governo Draghi, questa cifra era arrivata a 57.458. In dieci anni, dal 2011 al 2021, sono arrivati dal Mediterraneo 800mila migranti, con una media di 80mila all’anno. Un volume del tutto gestibile, se si pensa che quindici anni fa la popolazione straniera residente aumentava al ritmo di 300mila persone all’anno. Il 32° dossier Idos del 2022, presentato la settimana scorsa sulla base dei dati del ministero dell’Interno, ribadisce ancora una volta che l’Italia non è più un Paese di immigrazione. E non lo è ormai da diversi anni.

Nel corso del 2021 nell’Ue – dove i 3,5 milioni di rifugiati e richiedenti asilo incidono per appena lo 0,8% sulla popolazione totale – sono state presentate complessivamente 632.655 domande di asilo (di cui 537.630 per la prima volta), con un aumento del 33,8% rispetto al 2020, ma nello stesso tempo con un calo del 9,5% rispetto al 2019, cioè prima che la mobilità umana venisse stravolta dalla pandemia. La vulnerabilità estrema che caratterizza questi flussi è testimoniata anche dall’ampio numero di domande che hanno riguardato minorenni: 183.720, quasi 1 ogni 3 (il 29,0% del totale). Di queste, 23.335 concernono minori stranieri non accompagnati. Solo il 38,5% delle 524.470 domande d’asilo esaminate, nello stesso anno, dagli Stati dell’Unione ha ricevuto, in primo grado, una risposta positiva, ma il tasso cambia a seconda dei vari Paesi membri (dall’8,6% della Slovenia all’84,6% dell’Irlanda) e delle nazionalità dei richiedenti. Alle decisioni di primo grado si aggiungono le 207.820 definitive, ottenute a seguito di ricorso, di cui quelle positive sono state a loro volta il 34,8%. Ne risulta che complessivamente nel 2021 i Paesi Ue hanno concesso protezione a circa 274.145 richiedenti.

Colpisce sia l’elevato numero di richieste di trasferimento della domanda allo Stato di primo ingresso, in base al Regolamento di Dublino (126mila, secondo i dati provvisori di Eurostat, pari a 1 ogni 5 richieste), sia, in ottica di lungo periodo, l’elevata quota di richiedenti che avevano già fatto istanza di protezione in passato: il 61,7% dei 510.696 set biometrici archiviati presso la banca dati Eurodac riguarda richiedenti asilo che negli ultimi 10 anni avevano già presentato una domanda. A sua volta il 2022, oltre ai quasi 4 milioni di ucraini beneficiari di protezione temporanea registrati tra marzo e agosto, ha conosciuto, nei primi 5 mesi, una consistente ripresa dei flussi, con 300mila richieste di asilo presentate (l’85% in più rispetto allo stesso periodo del 2021). In assenza di informazioni ufficiali sulle modalità di ingresso dei richiedenti asilo in Italia, tornano utili i dati del Sistema di accoglienza e integrazione (Sai) riferiti alle persone che vi sono accolte, i quali attestano la prevalenza degli arrivi via mare (68,6% nel 2021), seguiti da quelli via terra (11,5%, soprattutto dalla Slovenia) e via aerea (7,3%, esclusi i rinviati in Italia da altri Stati Ue ai sensi del Regolamento Dublino e i casi di resettlement).

Secondo i dati Eurostat più aggiornati, nel 2021 in Italia hanno fatto per la prima volta richiesta di protezione internazionale oltre 42 mila persone, il quarto numero più alto tra i 27 Paesi dell’Ue, dietro a Germania, Francia e Spagna. Nei dieci anni tra il 2012 e il 2021, il dato italiano sale a circa 592 mila richiedenti asilo, al terzo posto, dietro a Germania e Francia. Le cifre parlano chiaro: in Germania nel 2021 ci sono stati 148.200 ingressi di extracomunitari; in Francia, 103.800. La Spagna ne ha accolti 62.100 (a fronte di una popolazione di trenta milioni in meno dell’Italia) e quindi noi, quarti con 43.900 arrivi. Quinta in classifica è la piccola Austria, con 36.700 migranti accolti. Una differenza di settemila migranti tra Roma e Vienna, a dispetto della notevole differenza tra i due Paesi. È proprio nel considerare l’accoglienza in rapporto alla dimensione demografica degli Stati Ue che la classifica cambia, impietosamente. Soprattutto se guardiamo ai dati dei richiedenti asilo. Nel 2021, l’Italia era quindicesima su 27 Paesi membri, con una persona che ha fatto per la prima volta richiesta di protezione ogni 1.308 abitanti.

Il nostro Paese ricopre la stessa posizione se si guardano i dati relativi ai dieci anni tra il 2012 e 2021, con un richiedente asilo ogni 100 abitanti. In entrambi i casi, gli altri tre grandi Paesi Ue – Germania, Francia e Spagna – erano davanti a noi in classifica. L’Italia si incaponisce in una guerra ideologica senza capo né coda, finendo vittima di una demagogia razziale, una Caporetto morale innervata sull’amplificazione di dati clamorosamente poco consistenti. L’ultimo allarme, per capirci, ha riguardato un approdo a Lampedusa di 28 persone provenienti da Costa d’Avorio, Burkina Faso, Guinea, Camerun e Nigeria. Migranti che dal centro Africa si trovano, per arrivare nel Mediterraneo, ad essere detenuti per mesi nei centri libici. Dai quali si esce turbati, fisicamente provati e psicologicamente distrutti, come non possono che diagnosticare i medici coinvolti negli esami a bordo delle navi attraccate in questi giorni. Per rispondere con misure finanziarie adeguate al flusso migratorio, la Commissione Europea ha attivato strumenti diversi, a partire dal “Fondo asilo migrazione e integrazione 2014-2020” (Fami)”, istituito con Regolamento UE n. 516/2014 con l’obiettivo di promuovere una gestione integrata dei flussi migratori sostenendo tutti gli aspetti del fenomeno: asilo, integrazione e rimpatrio. Ma la materia è oggetto di un prisma di finanziamenti e dotazioni diverse.

La Direzione Degenerale Re.Gio. (“Politiche Regionali”) della Commissione Europea è l’hub da cui vengono assegnate, secondo il fabbisogno, le risorse necessarie ai diversi Stati membri, in ragione del numero di migranti accolti. All’interno di questa vi è la gestione del Fondo di Solidarietà Europeo, nato per rispondere alle comunità naturale e in realtà diventato un fondo-omnibus. Che interessa sempre di più l’emergenza migranti. La dotazione originaria prevista per l’Italia era pari ad € 310.355.777,00. Attualmente le risorse complessive, riferite all’ultima versione approvata del Piano Nazionale, ammontano a € 399.075.470,00 di quota comunitaria, cui si aggiunge una pari somma di risorse nazionali. Giorgia Meloni rispondendo a Parigi che sul caso della Ocean Viking (diretta verso le coste francesi), ha invitato l’Italia a rispettare gli accordi europei in tema di accoglienza, ha dichiarato che “Il governo italiano rispetta tutte le convenzioni internazionali”, aggiungendo poi che le persone presenti sulla nave della ONG Sos Mediterranée non possono definirsi “naufraghi ma MIGRANTI”.

Il ministro Piantedosi protesta: “La reazione che la Francia sta avendo di fronte alla richiesta di dare accoglienza a 234 Migranti – quando l’Italia ne ha accolti 90mila solo quest’anno – è totalmente incomprensibile di fronte ai continui richiami alla solidarietà dovuta a queste persone. Ma dimostra anche quanto la postura delle altre nazioni di fronte all’immigrazione illegale sia ferma e determinata. Quello che non capiamo è in ragione di cosa l’Italia dovrebbe accettare di buon grado qualcosa che gli altri non sono disposti ad accettare”. Lo dice il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi. Che evidentemente non conosce i veri numeri dell’accoglienza altrui.

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.