“Help us, help us”. Aiuteteci. Lo gridano in coro, nel mezzo del pomeriggio a pochi metri dalla banchina del porto di Catania, due gruppi di naufraghi seduti sopracoperta sulla Geo Barents, la nave di Medici senza frontiere ferma in porto. Tre di loro si sono buttati in acqua, hanno nuotato fino ad una boa e ora sono seduti sul molo circondati da polizia e ambulanze. Uno solo dei tre accetta di tornare a bordo, gli altri due si aggrappano alla banchina e non si muovono fino a sera. La polizia teme che agli occhi dei profughi lasciati a guardare quel lungo mercanteggiare, e quelle sagome sconosciute lì a terra, possa servire d’ispirazione a una attesa rivolta tra gli esclusi. Per urgenza di cure mediche sono state fatte scendere 375 persone. Tutti minori, donne incinte e malati. Ne restano 215. Tra loro 11 stanno rifiutando il cibo in segno di protesta.

Le “precarie condizioni sanitarie” dei singoli naufraghi, requisito necessario per poter toccare terra, sono state verificate dall’Ufficio di sanità marittima, aerea e di frontieraUsmaf. Non c’era uno psichiatra, non c’era uno psicologo, non c’era personale formato per la mediazione. A bordo ci sono i sopravvissuti al naufragio nel quale molti altri loro compagni di viaggio sono morti affogati: c’è chi ha visto affogare i figli prima di essere ripescato, chi il padre, chi la moglie. Gran parte di loro viene, presumibilmente, vista la rotta, dai campi di tortura libici che esistono e funzionano come barriera all’entrata verso l’Europa grazie a accordi dall’Italia sottoscritti e con fondi europei lautamente finanziati. Il 59enne capitano dell’altra barca dalla quale sono stati fatti scendere a Catania i casi urgenti, la “Humanity1, tedesca, Joachim Ebeling, si rifiuta di uscire dal porto dopo che i naufraghi a bordo erano stati selezionati e solo alcuni autorizzati a sbarcare. “Sarebbe criminale” ha detto. Ha raccontato di aver “ricevuto un avvertimento”: se non rispetta le norme del decreto rischia una multa fino a 50mila euro. Ma ancora non ha ricevuto nessuna multa. I legali della ong stanno depositando ricorso al Tar.

«Tutte le persone che abbiamo salvato dal mare hanno ora bisogno di essere portate a terra. Fare una selezione è ridicolo», ha detto il capitano. Sono due, attualmente, i ricorsi annunciati dai legali della Humanity 1 per sbloccare la situazione. Del primo si occuperà il Tar del Lazio: chiede sia dichiarata l’illegittimità del decreto interministeriale sul cosiddetto «sbarco selettivo». Secondo gli avvocati l’operazione di soccorso deve concludersi con la discesa a terra di tutti i naufraghi soccorsi, come stabilito dal tratto di Amburgo del 1979. «Non esistono ragioni di sicurezza per trattenere alcuni sulla nave». Una prima risposta del tribunale amministrativo potrebbe arrivare nel giro di pochi giorni. Il secondo ricorso riguarda il tribunale civile di Catania: si chiede che tutti i migranti possano sbarcare per completare la richiesta di asilo.

In emergenza sta anche la Rise Above, nave della ong tedesca Mission Lifeline battente bandiera tedesca che si trova nelle acque territoriali italiane davanti ad Acireale. «Abbiamo 89 migranti a bordo, questa notte abbiamo dovuto effettuare due evacuazioni mediche, che si vanno a sommare alle due già effettuate domenica di persone collassate a bordo. Abbiamo cibo a sufficienza ma soprattutto è critico il livello del carburante sufficiente solo fino a domani», dice da bordo uno dei soccorritori. Hanno già trasmesso la richiesta di fare lo sbarco in Italia, il burocratico Pos, il place of safety. A bordo ha bambini che viaggiano da soli e alcuni neonati. Si è avvicinata a terra, col permesso delle autorità portuali, per sfuggire a una burrasca con onde previste di sei metri. In serata è giunta la voce che ci sarebbe un via libera per fare sbarcare tutti gli 89 naufraghi a Reggio Calabria.

Appena al di fuori delle acque territoriali italiane, restano in attesa altre due navi ong. Sos Mediterranée è tornata a denunciare la situazione grave a bordo della Ocean Viking: «Per il momento la Ocean Viking rimane al largo delle coste italiane in acque internazionali, in attesa di indicazioni, e di una soluzione che non violi così drammaticamente i diritti dei naufraghi. Da soli però non possiamo resistere ancora molto, stiamo finendo tutti i generi di prima necessità: cibo, acqua, medicine». Intanto continuano i naufragi. Cinquecento persone sono state salvate in un’operazione di ricerca e soccorso gestita dall’Italia al largo della Sicilia. Oltre 250 sono stati portati dalle motovedette ad Augusta e stanno già sbarcando mentre altri 220 circa, soprattutto donne e minori, saranno trasferiti a Pozzallo.

La volontà del governo Meloni di sbanderiare tetragone volontà di sbarramento agli sbarchi di naufraghi potrà anche restare vigorosa, ma inevitabilmente poi passi indietro dovrà farli. Perché le leggi impediscono di respingere a occhi chiusi i naufraghi, potenziali aventi diritto all’asilo per ragioni umanitarie. Ieri l’ex presidente della Corte Costituzionale Giovanni Maria Flick ha dichiarato che a suo parere il decreto Piantedosi “è contrario alla legge del mare, alle convenzioni internazionali e alla nostra Costituzione”.