Ci si chiede cosa abbia voluto comunicare Meloni con la sua visita alla mostra su Tolkien (Galleria Nazionale d’Arte Moderna – Roma 16 novembre 11 febbraio 2024). Un gesto ovviamente politico di chi, come lei, non ha tempo da dedicare ad altro che non sia la politica.

Si è trattato del solito, ciclico, tentativo di rianimare la povertà culturale della destra, la cui componente borghese più “imparata” da sempre inserisce arbitrariamente Tolkien nel Pantheon dei suoi testimonial?

Oppure il richiamo allo straordinario fabbricante di Miti segnala la sua voglia di un orizzonte politico nuovo, quello di un conservatorismo illuminato, sicuramente non razzista, ma policulturale e polilinguistico come quello di Tolkien, costruttore di una rete fantastica di unione tra le differenze etniche, da far convivere integrate e non separate da ideologie nazionaliste e suprematiste?

Tolkien si definiva un anarchico fortemente pervaso dai principi dell’umanesimo cristiano, dichiaratamente avverso ad ogni forma di dittatura di destra e di sinistra. Tutta la sua opera è contraria al mito del superuomo e della forza esercitata come strumento di affermazione dei singoli e degli stati, avversa alla conquista del potere come esercizio di governo sulla massa debole.

Lontano, dunque, da certa sinistra, ma ancor più dall’ideologia e dalla cultura di destra prosperata crescendo e tollerando miti diametralmente opposti a quelli di Tolkien. Basta leggerlo.

Nella saga degli Hobbit e dell’Anello, la più nota, racconta la storia di un “mezz’uomo”, Frodo Baggins, un Hobbit fisicamente e culturalmente diverso dalla specie umana prevalente, che un destino casuale trasforma, suo malgrado,  in combattente contro un potere dittatoriale mostruoso e più forte di lui.

Per farlo non radunerà un esercito potente, ma partirà con tre suoi pari, dei quali uno solo non scriteriato, l’umile Sam, e vincerà con una Compagnia multietnica, diremmo oggi, di nove elementi storicamente avversari tra loro. Due uomini, un Nano, un Elfo e uno stregone saggio, un Maiar piovuto dal cielo, con poteri soprannaturali ma non sempre onnipotente.

Frodo vincerà, portando a termine la sua missione arrivato al limite della resa e della rinuncia, solo per il gesto coraggioso di Sam, un antieroe spaventato, un servizievole subalterno mosso solo dal suo amore fraterno per Frodo, più che dal mito della salvezza del mondo.

Niente di destra in Tolkien

Non c’è nulla in questa storia che richiami un solo archetipo dell’ideologia e della mitologia di destra. Gli eroi sono “mostriciattoli”, la forza per sconfiggere il male viene dall’unione di diversi per storia, cultura e forma fisica, il coraggio, finale e determinante, non nasce dalla predestinazione dell’uomo forte, ma dal più grande affetto tra due amici. Il contrario del cameratismo machista.

Bene, dunque, se il gesto di Meloni non servirà a consolidare l’equivoco della destra tradizionale su Tolkien.

Bene se allargando questa fessura culturale la leader della destra si esprimerà, con atti e fatti politicamente concreti e coerenti, per indicare la via di una destra conservatrice ma pienamente democratica e non attratta dalle democrature. Non solo come condanna sbrigativa del passato, ma come cambiamento antropologico culturale dei suoi fondamenti ideologici. Per farlo dovrà arrivare al cuore del suo popolo, non alla sua pancia in mille comizi retorici. Se è questo che vuole, sarà in grado di farlo?

La sinistra ci provò con la svolta della Bolognina e con il programma PD del Lingotto. Il fallimento dovuto alla reazione conservatrice interna e al seguente arretramento politico e culturale, doloroso e umiliante, è sotto gli occhi di tutti. Ci provò, a differenza della destra, trentaquattro anni fa di questi giorni, prima di andare al governo. Poi ebbe la sua prova d’appello col governo dei mille giorni di Renzi, che fece cadere essa stessa.

La destra ci provò a Fiuggi con Fini, estromesso/si prima dal governo, dove era minoritario, poi dalla politica.

Ora, forse, la destra di Meloni ci prova da forza principale di governo? Avrà, fosse mai, il coraggio e la capacità per farlo? Ne servono di più che per fare una legge di bilancio faticosa e franosa come quella che ha presentato. Di certo farsi officiare da Sangiuliano da un tocco più ardito all’impresa.

Meloni ha invitato Shlein ad Atreju. Cambi nome alla sua iniziativa annuale e la chiami Frodo, sfidando l’ambivalenza tra il sostantivo e il verbo. Esprimerebbe meglio la sua ambiguità politica tra l’essere donna boa o traghetto, e andrebbe bene qualunque sia il suo esito politico concreto.

Umberto Mosso

Autore